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La solidarietà di GiULiA ad Askanews

Per non far calare il silenzio sulle crisi nei media [di Natalia Lombardo]

La solidarietà di GiULiA ad Askanews
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3 Febbraio 2018 - 14.28


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Il mondo dell’informazione si sta assottigliando pericolosamente e sta perdendo la centralità che ha sempre avuto nella comunicazione, politica e non, e nel racconto della realtà. Un mondo sempre più precario nel quale le donne, già abituate a moltiplicarsi nelle varie funzioni non supportate da un welfare adeguato, sono più colpite sia nell’occupazione che nella retribuzione, come dimostrano le denunce delle giornaliste della Bbc. Tra licenziamenti, chiusure di testate, cassa integrazione, la platea dei mezzi di informazione si restringe e si impoverisce, oltre alla perdita di centinaia di posti di lavoro. Anche perché si sta affermando la convinzione che si possa fare informazione anche senza verifiche, che la correttezza sia un optional nonostante il dilagare delle fakenews, e che quindi la mediazione giornalistica sia superflua (sempre più politici ne fanno a meno, con le conseguenze che si vedono). Le prime ad essere escluse dal sistema dei media, ovviamente, sono le donne.
E’ per questi motivi che GiULiA ha partecipato al sit-in che le colleghe e i colleghi dell’agenzia Askanews hanno organizzato venerdì mattina davanti a Palazzo Montecitorio, insieme alla Federazione nazionale della stampa, all’Ordine dei Giornalisti, all’Associazione Stampa Romana e al cdr dell’ex Unità. Un atto di solidarietà verso le giornaliste e i giornalisti dell’agenzia di stampa, ma anche un segnale per tutto il settore.
La vertenza dell’Askanews è emblematica, perché per una azienda (l’editore Luigi Abete) che non ha un bilancio in passivo, i lavoratori non hanno ricevuto lo stipendio e rischiano di restare fuori al bando di gara sui servizi giornalistici per i Dipartimento Editoria della Presidenza del Consiglio (bando che il governo ha voluto fosse europeo). Sono a rischio, quindi, 130 posti di lavoro. Come sempre la lotta paga, e dopo un giorno di sciopero e una settimana di stato di agitazione, l’azienda ha comunicato che verserà lo stipendio di gennaio, ma i problemi restano. Così come si prolunga il silenzio del governo e del ministro con delega all’editoria, Luca Lotti, rispetto alla richiesta d’incontro fatta dai lavoratori.
Proprio il silenzio è un fattore pericoloso. Una dopo l’altra le testate, anche storiche come l’Unità, chiudono, scompaiono dalle edicole e dal web. Dopo una fase di protesta ed espressioni di solidarietà (tante o no, dipende), cade un sipario su tutte queste vicende, sia sul destino delle lavoratrici e dei lavoratori finiti in cassa integrazione, se va bene, che sulla diminuzione di un mezzo di informazione. Basti guardare le rassegne stampa, dove si chiudono caselle e tacciono voci, delle quali ci si dimentica presto. Una mannaia che può cadere su chiunque, forse anche sui grandi giornali o le tv che, a parte i prepensionamenti, pensano di essere al sicuro.
La necessità di un’informazione corretta e precisa riguarda ancora di più le donne, come fa presente anche il manifesto fondativo di GiULiA, perché si possano scalfire i luoghi comuni nella rappresentazione o quegli indirizzi che portano a colpevolizzare le donne che hanno subito violenza, per esempio, o a vittimizzare l’aggressore.
Non solo il linguaggio, ma anche la difesa del posto di lavoro, la dignità delle giornaliste e una parità di trattamento e retribuzione, sono dei temi sui quali GiULiA si sta impegnando e ha intenzione di farlo sempre di più.

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