Le Italiane, gambe di lepre e ventre di formica

La storica Perry Wilson: In tutti i decenni coperti dalla ricerca vi sono state donne che hanno fatto sforzi immani per garantire le innovazioni necessarie. [Claudia Stamerra]

Le Italiane, gambe di lepre e ventre di formica
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17 Gennaio 2012 - 19.09


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Rileggere “dal di fuori“ la biografia dell´Italia del Novecento osservando il percorso compiuto dalle donne nel difficile cammino verso l´emancipazione potrebbe sembrare un´operazione dalla portata piú che storiografica, alchemica.

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Eppure Perry Willson, storica e docente dell´Universitá di Dundee, in Scozia, nonché curatrice, tra l´altro, della voce “Italy´´ nell´“Encyclopaedia of Women in World History´´ pubblicato dalla prestigiosa Oxford University Press, ha ricostruito con rigore filologico e ordine accademico i momenti di crisi, di opportunitá e di svolta che hanno dato corpo e anima alla relazione delle donne d´Italia con il loro paese.

“Italiane – Biografia del Novecento“ (Laterza 2011), accolto a Roma qualche giorno fa dalla fondazione Nilde Iotti nella sala del Refettorio della biblioteca della Camera dei Deputati, appare come un´attenta rilettura, con l´occhio distaccato ma non freddo dell´outsider appassionato, di un passato al femminile che copre l´arco di decenni ed é drasticamente connesso allo sviluppo politico e sociale del territorio.

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Se é vero che l´analisi di Willson é un´indagine che “rende giustizia a quello che la ricerca storica ha realizzato nel nostro paese, cogliendo un sentire che oggi piú che mai si vuole riapproriare della propria identitá e del senso di patria e di nazione´´, come ha annotato Livia Turco, onorevole e chairwoman della fondazione Iotti mettendo in luce l´attualitá del tema, certamente questa apre interrogativi stimolanti non solo sul “come eravamo“ ma anche sul presente e sul futuro del ruolo del femminile in un paese dove l´emancipazione delle donne ha varcato soglie private e pubbliche in modo piú che sofferto.

“Facendo un confronto per esempio con la Gran Bretagna´´, spiega infatti Willson, “il cambiamento per le donne italiane é stato molto piú veloce. Ma nulla é arrivato in modo automatico, grazie alla modernizzazione. Lo sforzo e le lotte sono stati notevoli, in tutti i decenni coperti dalla ricerca vi sono state donne che hanno fatto sforzi immani per garantire le innovazioni necessarie´´.

Il percorso é naturalmente passato per l´antico mondo rurale. “Una donna da sposare é quella che ha gambe di lepre, ventre di formica, schiena d´asino“, recitava un vecchio adagio contadino che secondo l´autrice di “Italiane´´ sintetizza il ruolo della donna lavoratrice nel mondo agrario del passato, dando vita a una chimera che rappresenta il carico di lavoro a cui l´altra metá del cielo italiano, colonna portante dell´universo agrario produttivo, é in qualche modo destinata dalla nascita.

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La riflessione si snoda su sentieri impervi e pietrosi per chi é oggi abituato a percorrere strade se non asfaltate, almeno non battute per la prima volta, passa per istituti giuridici in cui si ritrovano incardinate le donne di ogni ceto fino al secondo cinquantennio del vicinissimo secolo scorso. Come la potestá maritale, che scomparirá solo nel 1975 con il nuovo codice civile, quello che finalmente introduce l´accordo tra i coniugi. Oppure come gli obblighi “aziendali´´ per le lavoratrici, tra cui quello iniziale al nubilato, appannaggio delle prime impiegate presso alcune aziende e, sempre per queste ultime, il dovere di indossare, durante l´orario di lavoro, una livrea forzosamente imposta, il grembiule.

Il percorso attraversa le due guerre mondiali, con la necessitá pratica per le donne di entrare in gioco in prima persona nella vita produttiva e pubblica, sostituendo gli uomini assenti in molti ruoli. Si dipana attraverso il fascismo, la partecipazione attiva alla resistenza, il femminismo, le rivendicazioni movimentiste degli anni settanta, lo sviluppo del diritto del lavoro. “Il decennio degli anni Settanta é sempre stato evidenziato come un punto molto alto della lotta per l´emancipazione´´, spiega ancora Perry Willson, “ma se si guarda indietro, anche gli anni ´50 e ´60 sono stati momenti chiave per il progresso. Le prime parlamentari, senatrici e deputate, la mobilitazione esterna al parlamento. Ho creduto importante valorizzare i momenti che la storia non puó dimenticare´´.

Quei momenti sono nodi di un albero i cui rami tenderebbero al cielo, ma che a tutt´oggi ancora non vi sono arrivati. L´Italia resta, infatti, il paese delle profonde differenziazioni retributive tra i due sessi, del tasso medio di occupazione femminile di circa il venti per cento in meno rispetto a quello maschile e con un ulteriore decremento di diversi punti percentuale nel Mezzogiorno, della scarsitá endemica di servizi pubblici per l´infanzia e a sostegno delle lavoratrici madri. E´ l´isola del welfare state che non c´é e delle donne titolari di contratti atipici in misura maggiore degli uomini, del deficit di leadership femminile nello scenario politico italiano.

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Se la risposta sull´esito della battaglia conclusiva delle italiane per l´emancipazione – é realistico ritenere – é scritta nel libro del futuro, ha osservato lo storico e giornalista Paolo Mieli che a tutt´oggi “non v´é menzione in Italia di una donna che abbia corso per la carica di presidente del Consiglio´´.

Un dato significativo nella sua valenza fortemente disomogenea e anacronistica se posto a paragone con il resto del continente Europa, dove sono ben tre le prime ministre in carica: la tedesca Angela Merkel, la danese Thorning-Schmidt, l´islandese Johanna Sigurdardottir. E´ancora lunga la strada da percorrere, ma Perry Willson non nasconde un certo ottimismo: “Non credo ci sia limite al futuro delle donne in tutti i campi. Guardando indietro, l´esperienza storica dimostra che progressi sono stati immensi. Le italiane non si devono fermare. Non ora“.

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