Choisir, le 14 migliori leggi europee per le donne

Austria per i matrimoni, Spagna per i divorzi, Belgio per le unioni civili, Svezia per i congedi di paternità. E poi Estonia, Lituania... Italia? Non pervenuta. [Mariella Magazù]

Choisir, le 14 migliori leggi europee per le donne
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18 Gennaio 2012 - 23.11


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Una qualità della vita con migliori condizioni per le donne è possibile.
In molti paesi europei per legge, questa, non è un’utopia ma la realtà. In Italia invece ancora si è all’anno zero. Peggio sta la Grecia dove lo stupro è reato se la penetrazione avviene con un oggetto. Ora le donne dell’Idv chiedono l’adozione della clausola anche da noi.

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Basta scorrere le quattordici migliori leggi a livello europeo raccolte dall’associazione Choisir le cause des femmes (scegliere la causa delle donne), per scoprire come nessuna norma sia made in Italy. Per Letizia Ciancio coordinatrice per il Lazio delle donne Idv “In Italia c’è ancora una concezione troppo familistica del ruolo della donna e per questo anche il welfare declinato al femminile non esiste. Nel nostro Paese -aggiunge- l’immagine come il ruolo delle donne sono ancora troppo stereotipati a partire dalla rappresentazione che ne danno i media, dall’informazione alla pubblicità”.
Per Letizia Ciancio in Italia le donne vengono divise genericamente in categorie: “Quelle chioccia che stanno a casa e badano alla prole, quelle oggetto e quelle in carriera, frigida e anaffettiva”. Insomma una semplificazione all’italiana che evidentemente non tiene conto di un dato preciso in tempo di crisi. Nelle stime sulla crescita fatte da Bankitalia nel 2011, il Pil italiano su questo punto fermo all’1%, crescerebbe fino al 7% se solo si raggiungessero i parametri definiti da Lisbona: ossia il 60% di donne occupate, che è praticamente la media europea.

Il dato sull’occupazione femminile italiana ha percentuali da psicodramma: 46.1% (rapporto ISTAT 2011 su dati del 2010), con ampio divario tra Nord (57%) e Sud (31%). L’associazione Choisir fondata negli anni ’70 da due femministe storiche d’Oltralpe Simone de Beauvoir e Gisele Halimi e dal premio Nobel Jacques Monod, ha esaminato punto per punto le legislazioni in vigore nei 27 Stati membri dell’Unione e tra queste ha scelto, appunto, quelle ritenute le migliori per la quotidiana esistenza delle cittadine europee. Quattordici leggi in tutto. Un bouquet di prescrizioni giuridiche che regolamentano la vita della donne in cinque ambiti chiave e peculiari per il genere femminile: PROCREZIZONE, LAVORO, FAMIGLIA/MATERNITA’, RAPPRESENTANZA POLITICA E VIOLENZA.

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Obiettivo di Choisir è estenderle alle ben 200 milioni di donne europee -tante siamo-, a prescindere dal Paese di residenza. Insomma una legislazione di genere unica a livello comunitario. Ad esempio nel caso delle leggi sulla famiglia, Choisir ha scelto l’Austria per la legislazione più avanzata sul matrimonio, la Spagna per quella sul divorzio, il Belgio per le unioni civili, la Svezia per i congedi di paternità e maternità e l’Estonia per la potestà genitoriale; per quanto riguarda invece la violenza sulle donne, scelta ancora caduta sulla Spagna per la cosiddetta “Ley contra la violenza de genero”, approvata nel corso del primo mandato dell’ex governo socialista di Luìs Zapatero e molto avanzata sul fronte delle violenze coniugali o comunque all’interno della coppia.

Per le norme che riconoscono e puniscono lo stupro come reato anche nel solo caso dell’aggressione sessuale, ma pure per il codice del lavoro e il regime pensionistico basato sulla logica della solidarietà, esistente già dal dopoguerra, Choisir ha puntato sulla Francia. La legislazione lituana è stata invece selezionata per gli articoli sulla prostituzione e sul mobbing, quella olandese per la contraccezione, la danese per il finanziamento riconosciuto dallo Stato ai centri per la pianificazione familiare e ai progetti per l’educazione sessuale nelle scuole.

Nel frattempo sulle iniziative avviate da Choisir e raccolte in una pubblicazione del maggio 2008, in Italia, è stato già attivato un osservatorio: lo ha fatto la Casa Internazionale delle donne di Roma. E ora anche l’Idv (unico partito al momento, ndr) ha scelto di fare propri i temi sul miglioramento e il potenziamento delle politiche di genere.

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Per questo sono stati tradotti e pubblicati anche nel nostro Paese con il contributo dell’Eldr (European Liberal Democrats Refor Party) i testi delle 14 leggi ed è stata contestualmente avviata da Nord a Sud una petizione con l’obiettivo di raccogliere 200 mila firme -a fronte del milione di adesioni a livello europeo- finalizzato a chiedere a tutti i partiti e alle istituzioni nazionali, di fare propria la “Clausola dell’Europa più favorita”.

La tappa romana è stata l’undicesima in ordine di tempo dopo quelle di Milano, Palermo e altri comuni. Nella sede della Provincia, oltre al portavoce nazionale del partito Leoluca Orlando e il capo delegazione del partito di Di Pietro a Bruxelles, Nicolò Rinaldi che ha parlato di questo turismo forzato degli italiani, uomini e donne, “per la fecondazione assistita, per sposarsi se omossessuali o lesbiche o per morire”, c’era anche Sara Vatteroni. Lei assessore della Provincia di Massa Carrara con delega ai Trasporti, Bilancio e Turismo è anche la responsabile nazionale dell’Idv per la Clausola europea.

Nella Capitale è arrivata in compagnia di Agata, la sua terza figlia, di appena sei mesi che ancora allatta. “Con molte difficoltà riesco a organizzarmi anche grazie all’aiuto di mio marito”. Ma lei che nella redazione del nuovo piano per la mobilità nella sua città sta predisponendo orari e fermate degli autobus partendo dalle esigenze delle donne, madri e lavoratrici aggiunge: “Certo che la nostra vita sarebbe semplificata e agevolata se anche nel nostro Paese ci fosse la cultura per le politiche di genere a partire dagli asili nido aziendali, la conciliazione fosse una realtà, le ricadute sarebbero positive anche per la qualità di vita degli uomini”. Ma in un Paese in cui soltanto il mese scorso è stata abolita la pensione di reversibilità per gli uxoricidi -come riferito da Giuliana Carlino segretaria della Commissione lavoro e previdenza del Senato- siamo davvero ancora all’anno zero.

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