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Mai più senza «50 e 50». Ma solo a parole. Le donne di Puglia hanno avviato da una settimana circa la raccolta di firme – ne servono 15mila – per la proposta di legge di iniziativa popolare che imponga nelle elezioni regionali la doppia preferenza, di un uomo e una donna.
Sarebbe la prima legge di questo tipo in Italia, che si ispira a quella campana dove, il ”tetto” delle donne nelle liste è del 30%, ma è stato sufficiente per far eleggere il doppio delle consigliere rispetto alla passata presidenza.
Ma, se in Puglia a parole i partiti sono per l”equa rappresentanza, nei fatti stanno organizzando un vero e proprio colpo di mano per arginarne gli effetti, temendo, i consiglieri uomini in carica, di non riuscire ad essere eletti.
Trasversale il comitato promotore della legge (cui aderisce anche Giulia), trasversale il boicottaggio.
Così nell”ultima riunione dei capigruppo presieduta dal presidente del consiglio regionale Onofrio Introna, l”appello è stato quello di accorciare i tempi, anche se ufficialmente nessuno lo conferma. L”obiettivo sarebbe duplice: o presentare in commissione Affari istituzionali una proposta di legge alternativa a quella del Comitato che, come in Campania, preveda un ”tetto” del 30% di donne elette, oppure che si imponga il voto segreto per l”approvazione della legge di iniziativa popolare per dare spazio ai «no».
Un vero e proprio killeraggio, quindi, perché come dice Magda Terrevoli, portavoce del Comitato promotore della legge, «non muoiono dalla gioia che questa legge venga approvata». A quel punto non è chiaro se le donne che all”interno del Comitato rappresentano i partiti, in realtà non rappresentino solo se stesse. O se li rappresentino ma solo se la legge non va in porto.
Il presidente Vendola ancora ieri sera si è detto favorevole alla parità di genere. E la raccolta firme procede celermente: è già a quota 5.000 in una sola settimana, mentre sarebbe pronto l”incarico per un consulente giuridico regionale che elabori la proposta di legge alternativa che batta sul tempo quella popolare, ma che è probabile si presenti dopo il pronunciamento, atteso a breve, della Consulta su chi debba fissare – il governo o le regioni- il numero dei consiglieri regionali.
La Puglia infatti quanto a numero di consiglieri vive una situazione a metà del guado: il Consiglio regionale ha abbassato il numero da 70 a 60 e uno degli ultimi decreti di Tremonti li ha ulteriormente ridotti a 50, rimandando poi ad un successivo atto, mai emanato, la fissazione delle multe qualora non venisse abbassato il numero. Il decreto è stato poi impugnato di fronte alla Consulta da alcune regioni (ma non dalla Puglia) eccependo la lesione dell”autonomia regionale.
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