Rao, rivoluzione culturale. A scuola e in famiglia

Contro la violenza sulle donne, dopo Vendola intervista a Roberto Rao, capogruppo Udc in Commissione Giustizia alla Camera e in Vigilanza Rai. Di [Solen De Luca]

Rao, rivoluzione culturale. A scuola e in famiglia
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20 Novembre 2012 - 14.39


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LE INIZIATIVE DI GIULIA. Dopo l”intervista a Nichi Vendola, governatore della Puglia e candidato alle primarie del Pd, ecco l”intervento di Roberto Rao, giornalista, capogruppo Udc sia in commissione di Vigilanza Rai che in Commissione Giustizia alla Camera, e portavoce del leader Udc, Pierferdinando Casini. Questa a Rao è la seconda di una serie di interviste ai nostri uomini politici in vista del 25 novembre, giornata contro la violenza maschile sulle donne – femminicidio.

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di Solen De Luca In occasione della giornata del 25 novembre sulla violenza maschile contro le donne (femminicidio) anche la Camera dei deputati si sta mobilitando ospitando una tavola rotonda sulla violenza contro le giornaliste (in collaborazione con l’Associazione Stampa Romana e Ossigeno). Inoltre, l’onorevole Bongiorno sta lavorando ad una proposta di legge sul femminicidio. Secondo lei, il nostro è o no un paese per donne?

Il nostro Paese sarebbe migliore se permettesse alle donne di influenzarlo di più. Naturalmente molte di esse possono vivere tranquille, conciliando le loro esigenze di madri e di lavoratrici. E, infatti, abbiamo tanti esempi di donne che ricoprono ruoli di grande prestigio e responsabilità in strutture pubbliche e private. Ma un corretto sistema di tutele non trova riscontro spesso nella quotidianità dei rapporti di lavoro e nel sommerso di tante situazioni al limite della legalità. Questo rende insicure molte donne che lavorano, soprattutto nel momento in cui decidono di mettere al mondo un figlio e questa insicurezza si riflette sulla famiglia e sul lavoro stesso. Un investimento sulle sicurezza e sulla serenità delle donne è quindi un investimento sullo sviluppo, sulla crescita e sull’equilibrio sociale del Paese. Ecco perché si devono ancora fare importanti passi avanti per raggiungere una vera ed effettiva parità di ruoli e di opportunità tra i due sessi e per tutelare le donne dentro e fuori le mura domestiche.

Non solo donne uccise. C”è tutto un lungo capitolo che riguarda stupri, molestie sui luoghi di lavoro, violenze domestiche che si protraggono nel tempo e che fa pensare ad una cultura ancora difficile da smantellare. Ma è veramente un problema di cultura o ci sono altre ragioni che fanno sì che questo fenomeno stia dilagando in modo così importante?

È un problema di retaggi che un Paese civile e democratico come l’Italia avrebbe già dovuto sconfiggere da tempo. Ed è un problema culturale di modelli femminili propagandati in tante forme e spesso lontanissimi dalla realtà quotidiana, che tendono a sottovalutare l’universo femminile e a rappresentare invece la donna come un oggetto di cui si può rivendicare il possesso. E quello che più mi preoccupa è l’effetto che questi stereotipi hanno soprattutto sui più giovani. Ecco, su questo tema scuola e famiglia devono impegnarsi in una vera e propria rivoluzione culturale.

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Onorevole, quanto pesa su questo la responsabilità dei mezzi di informazione (stampa, tv, pubblicità) – soprattutto quelli che dovrebbero essere del servizio pubblico – che propongono un modello di donna quasi esclusivamente corrispondente ad un canone di donna-oggetto, sessualmente disponibile e soprattutto non pensante?

Sono assolutamente convinto che pesi molto e per questo mi hanno confortato e rassicurato gli interventi sul tema della nuova presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, una donna da cui ci aspettiamo segnali chiari per imprimere un nuovo corso all’azione dell’azienda. La televisione di servizio pubblico dovrebbe essere in prima fila nel proporre un’immagine della donna e del ruolo femminile nella società che sia effettivamente corrispondente alla realtà dei giorni nostri. Invece, nonostante anche il Contratto di servizio di cui sono stato relatore in Commissione di Vigilanza, ricevendo contributi importanti da molte associazioni, imponga obblighi precisi, la Rai continua troppo spesso a consegnare alle sue telespettatrici e ai suoi telespettatori, compresi giovani e giovanissimi, un paradigma superato e spesso perfino offensivo. Purtroppo non c’è solo la Rai a sbagliare, ma se il servizio pubblico iniziasse a dare il buon esempio, sarebbe già un primo passo importante.

E cosa pensa dell”uso massivo di un linguaggio stereotipato e sessista in cui le donne non trovano mai rappresentanza, sia che facciano le ministre o le operaie?

Credo che questo problema sia strettamente collegato al precedente: è difficile pensare di sconfiggere luoghi comuni ben radicati in alcuni settori se a partire dalla politica, dagli organi di informazione, dalle aziende culturali del Paese, dalla scuola e dalla famiglia non collaboriamo tutti per raggiungere un obiettivo di civiltà, che poi altro non sarebbe che rappresentare la realtà in cui vivono ogni giorno nonne, madri, sorelle, mogli, figlie, compagne e amiche.

Di sicuro, esiste un”emergenza culturale da affrontare. Ma nell’immediato, lei ha qualche idea come cittadino e come uomo su cosa sarebbe utile fare per proteggere le donne e ripararle dal rischio della quotidiana violenza di genere?

Ci sono idee con effetti immediati e altre di più lungo periodo: un ruolo importante nella diffusione di una nuova cultura dovrebbe averlo il mondo della scuola e tutte le aziende e gli uffici, a cominciare da quelli pubblici, dovrebbero approvare dei codici di comportamento che tutelino le donne e puniscano, anche con limitazioni alla possibilità di fare carriera, non solo chi commette atti di violenza, di mobbing o di stalking, ma anche chi assume semplicemente comportamenti discriminatori o comunque sessisti.

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E come politico, anche alla luce della proposta di legge che sta scrivendo l’onorevole Bongiorno sul femminicidio, crede che inasprire le pene contro gli offender potrebbe migliorare la situazione?

Sicuramente avrebbe degli effetti positivi, come molte proposte della mia presidente di Commissione (Giustizia), Giulia Bongiorno. Sono però convinto che si debba intervenire anche a monte, sulla cultura e sulla mentalità di tanti uomini che spesso per ignoranza assumono comportamenti inaccettabili.

E” solo una questione di cattiva cultura o il femminicidio è anche da legare a un problema di risorse economiche? Nel senso che se ci fossero più risorse si potrebbe pensare ad azioni più incisive per contrastare questo fenomeno crescente nel nostro Paese?

Le risorse economiche, purtroppo, sono sempre necessarie e la crisi economica che stiamo attraversando ce lo dimostra ogni giorno di più. Servono risorse economiche sia per garantire una maggiore sicurezza delle nostre strade che per attuare politiche culturali specifiche. Ma proprio la crisi ci ha insegnato a metterci in moto con pochissimo e anche in questo caso dovremo fare il possibile per attuare buone pratiche senza perdere altro tempo.

In Italia non esiste un Osservatorio che raccolga dati sul femminicidio. Ritiene necessario invece che si adotti un sistema organico di raccolta, sistematizzazione e diffusione dei dati? Questo consentirebbe alle cittadine e ai cittadini di formarsi una corretta visione del fenomeno, e alle istituzioni di mettere in moto meccanismi di indagine e di denuncia, con azioni di prevenzione e controllo. Chi se ne dovrebbe incaricare secondo lei e con quali garanzie?

Sicuramente sì. Credo che un Osservatorio che funzioni bene e raccolga tutti i dati su questo triste fenomeno, senza trascurare nessun ambito e nessun punto di vista, potrebbe svolgere un lavoro davvero molto utile. Dobbiamo dunque pensare a una prossima istituzione presso il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio o con la creazione di un Garante ad hoc come si è giustamente fatto per l’infanzia. Nel frattempo, la Rai ha battuto un colpo e su indicazione della Commissione di Vigilanza ha istituito un monitoraggio sulla rappresentazione della donna nella programmazione dell’azienda. È un primo passo, ma non fermiamoci qui.

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