Sfruttate fino allo sfinimento, vittime di violenza e troppo spesso addirittura violentate, stuprate da quegli stessi “padroni”, in cambio di un lavoro e di un posto letto nei casolari delle campagne trasformati in ghetti per i nuovi schiavi: sono le donne le vittime più infelici di un fenomeno inumano e intollerabile. Schiave tra gli schiavi.
Ma le vittime del caporalato non sono solo le donne – e gli uomini – che arrivano da Paesi lontani: l’inchiesta per la morte di Paola Clemente, uccisa dallo sfinimento mentre due estati fa lavorava all’acinellatura dell’uva, ha rivelato che nel foggiano era una agenzia interinale a reclutare le schiave italiane, e ora i responsabili sono a processo per lo sfruttamento di 600 donne pugliesi.
Per fermare il caporalato, per favorire nuove regole nell’agricoltura, per aiutare chi è o è stato vittima, il giorno di Pasquetta è stata organizzata una marcia proprio nella Capitanata, la terra dove è morta Paola Clemente, dove quest’inverno sono arsi vivi tre migranti in un alloggio di fortuna per un incendio doloso.
La marcia è stata fortemente voluta da un gruppo di scrittori e giornalisti che si occupano di mafie e di migranti e che hanno coinvolto decine e decine di associazioni, reti del volontariato, sindacati, ma anche amministrazioni comunali, medici, magistrati, semplici cittadini di tutta Italia: partirà da borgo Mezzanone, in provincia di Foggia, per arrivare fino al cosiddetto “ghetto dei bulgari”, dove diversi lavoratori stranieri hanno perduto la vita per le condizioni di lavoro intollerabili che vengono loro imposte.