Caro Landini, ti scrivo…
Già, ma perché io giornalista dovrei scrivere a Landini? Che c’entro con lui?
C’entro, c’entro. Il segretario generale della Cgil c’entra sempre con chi ama il popolo italiano, i lavoratori italiani. Io ho poi un motivo in più. Quando guardo un segretario di quel sindacato mi dico: è l’erede di Di Vittorio. E mi commuovo, perché sono abbastanza vecchia da aver conosciuto, e direttamente, il fondatore. Quello da cui la gente del mio paese andava a consigliarsi per ogni cosa: mi hanno detto che mio figlio si deve operare, quando viene Peppino gli vado a chiedere se davvero si deve fare. Peppino che aveva insegnato loro a non togliersi il cappello a ogni piè sospinto, Peppino, uno di noi che sa più di noi.
Quando Maurizio Landini si è manifestato come leader di livello nazionale e ha cominciato ad apparire da tutti gli schermi, il mio sguardo si è posato su lui con il sottaciuto impulso di un confronto: mi è piaciuto tanto. Ho detto: forse con lui la Cgil ce la farà. Ha un piglio che non mi inganna, quello è capace di ricucire la tela strappata del sindacato unitario. Lui non si farà confinare in una cultura minoritaria. Forse con quello lì magari rinasce un modo di sentirsi popolo e non plebe.
E ora, Landini, ti prego non deluderci: come fai a pensare che il corpo di una donna possa essere affittato? Non è da te: dimmi con il tuo bel vocione e il tuo simpatico accento emiliano che non ci pensi neppure a una roba così; dimmi che sei stato preso in contropiede. Dimmi che non ci troveremo un giorno a dire a un bambino che ce ne dovesse chiedere conto: allora piccolo, vediamo tu provieni da una provetta dove sono stati infilati un seme maschile preso da una banca e un ovulo femminile preso da un’altra banca e poi, avvenuto tra i due l’incontro, tu sei stato depositato nell’utero di una donna che ti ha ospitato e protetto e nutrito per 9 mesi e tu lì ti sei sentito come un papa, ti cullava il ritmo del suo core, ti rasserenava la sua voce, ma quando sei uscito, zac! ti abbiamo tolto alla tua protettrice e ti abbiamo messo in altre mani.
LANDINI, come possiamo fare questo a un bambino!
Proprio tu sai meglio di chiunque altro in Italia quello che gli abbiamo fatto: lo abbiamo reso merce, prodotto come una merce con una sorta di catena di montaggio dei pezzi.
Vorrei un nuovo Charlot che sapesse raccontare questa catena di montaggio della vita umana e quello che abbiamo fatto a questo piccino.
Landini, dì di no a tutto ciò e schierati con noi.