Senatore Pillon, ci rivediamo in piazza a settembre

La discussione in Commissione riprende dopo l’estate. Manifestazioni da Roma a Milano, a Torino, a Cagliari, a Livorno… Il racconto di Natalia Lombardo e Stefanella Campana

Senatore Pillon, ci rivediamo in piazza a settembre
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23 Luglio 2019 - 22.50


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“Quest’anno l’autunno caldo comincia prima”: ha ragione la nostra “Giulia” Luisa Betti, che ha commentato così la notizia del nuovo “congelamento” del disegno di legge 753, “affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità”: a settembre si torna in piazza, c’è un “nuovo” ddl Pillon in discussione alla Commissione Giustizia al Senato.
È stato sventato il tentativo, neppure tanto velato, di chiudere rapidamente i lavori in Commissione e arrivare in Aula per approvare il testo già il 7 agosto: nella calura agostana, quando l’Italia è in ferie e distratta, e i senatori non vedono l’ora di chiudere i lavori e andare in vacanza. 
Tutto rimandato, tutto da riscrivere.
Ma il 23 luglio (così come i giorni di Verona di fine marzo) restano come un punto fermo soprattutto per la grande mobilitazione sociale e civile. Da piazza Montecitorio al sagrato del Duomo di Milano, da Torino a Cagliari, a Livorno, alle tante iniziative in tante città, donne e uomini si sono ritrovati per ripetere #noPillon. 
Ecco il racconto dalle diverse città:
 
ROMA
Rimandato a settembre. L’esame del disegno di legge Pillon sull’affido condiviso, una vera mina su donne e bambini, è stato fermato in commissione Giustizia al Senato, ma riprenderà alla ripresa dei lavori parlamentari, quando sarà “accolto” da una “grande mobilitazione delle donne per la difesa dei diritti e contro il sessismo dilagante”, è la proposta lanciata da Susanna Camusso e ripresa dalle varie associazioni. 
Per il momento è un punto segnato dalle donne, dentro e fuori il Parlamento: al Senato con la battaglia delle opposizioni, Pd e Leu principalmente, che in commissione sono riuscite a bloccarlo quando la Lega avrebbe voluto votare alle otto di sera; in piazza e in rete con la mobilitazione delle donne. Davanti a Montecitorio un sit in di “Non una di meno” alle 15 e alle 16,30 un’affollatissima conferenza stampa alla sala Nassirya del Senato, organizzata da Di.Re, la rete delle associazioni di donne contro la violenza e per i diritti, moderata da Anna Scalfati, coordinatrice di Giulia Lazio. Una sala zeppa di donne, esponenti sindacali e molte parlamentari del Pd, tra cui Valeria Fedeli, Giuditta Pini, Marianna Madia, Alessia Morani, e di Leu: Laura Boldrini e Loredana De Petris e altre. 
Perché il ddl Pillon, che intacca nel profondo il diritto di famiglia e colpisce in particolar modo le donne e i bambini, non è affatto archiviato, come aveva assicurato il sottosegretario con delega alle Pari Opportunità, il grillino Vincenzo Spadafora. E proprio nella conferenza stampa è stata sollecitata l’urgenza di “stanare” i Cinque Stelle, che con molte voci si sono detti contrari ma che ancora mantengono le firme al progetto di legge, con il rischio che passi in aula. Tra l’altro c’è gran confusione sul testo base: l’M5s lo considera “superato” ma non lo ritira, come hanno chiesto Pd e Leu, anzi è stato confermato relatore (anche dai grillini) Simone Pillon, leghista vicino ai Movimenti per la Vita e condannato a risarcire l’Arcigay per diffamazione. Il senatore, invece, con il suo baldanzoso cravattino ha assicurato che “il testo c’è”. Sì, scritto a casa loro e non in Parlamento, ironizza Vittoria Cola, “scritto a Verona”, afferma la dem Monica Cirinnà, elaborato con i movimenti oscurantisti e teocon. Pillon fa finta di niente, “farò presto e bene”.
Ed è per questo che l’allerta non va abbassato. È preoccupata la dem Valeria Valente, che vede una brutta aria e che considera “non emendabile” il testo, ma solo da buttare. Tanto più che Lega e M5S strumentalizzano il caso di Bibbiano e poi vogliono imporre il dl Pillon che proprio sulla Pas (la sindrome di alienazione parentale, teoria che in Italia non esiste fra le leggi, elaborata dallo psichiatra americano teorico della pedofilia, Alan Gardner). Una mostruosità che favorisce il genitore maltrattante, perché le donne hanno “una nuova paura”, non denunciano per timore che vengano loro sottratti i figli, perché “nei tribunali si applica la Pas con un altro nome”, denunciano le associazioni anti violenza. “Si vogliono imbavagliare le donne in uscita dalla violenza”, insiste Elisa Ercoli di Differenza Donna. E il “mandante” del ddl Pillon è da cercare “nell’associazione Padri Separati” e nei mediatori familiari di cui la legge propone l’istituzione, (e il senatore ha un suo ruolo) aumentando le spese per chi si separa.
Non solo donne, l’ex presidente del Senato, Pietro Grasso, è intervenuto proprio per chiedere che “vengano coinvolti di più gli uomini” e racconta che in commissione, nell’esame sul Codice Rosso “negavano che ci fosse una violenza di genere”. “Sui diritti non si tratta”, afferma Maria Elena Boschi, che si appella anche alla stampa, per arginare l’ondata di sessismo e di insulti che la vede, tra l’altro, come vittima: “Se un pezzo dell’informazione divide e indugia nel far trapelare machismo, lo avalla. Criticateci sulle idee, non accettiamo un insulto perché donne. Ne sa qualcosa Laura Boldrini (che ha fatto la spola tra il sit in e il Senato insieme a Camusso). Conclude Lucia Annibali, che vede il pericolo per i diritti nell’insieme di leggi, dalla legittima difesa al decreto sicurezza al Pillon. E teme che “potrebbe essere il governo a presentare una proposta del genere contro le donne”.
L’allerta deve restare alta, quindi. Anna Scalfati avverte: Mobilitarci a settembre? Anche ad agosto…!”. (Natalia Lombardo)
 
MILANO
A Milano, come annunciato, di fronte al sagrato del Duomo è andato in scena un matrimonio sarcastico, celebrato con rito-Pillon (il finto celebrante con la maschera del senatore sul viso),  ovvero “indissolubile” perché ormai impossibile la separazione.
In consiglio comunale a Palazzo Marino è stato inoltre approvato un ordine del giorno per chiedere alla giunta e al sindaco di attivarsi presso il Parlamento affinché il disegno di legge venga definitivamente ritirato. “E’ un attacco alle donne, ai minori e alle famiglie. Cancella anni di battaglie delle donne per la conquista dei diritti. Un disegno di legge che viola i diritti dei minori e delle donne e non tutela i padri separati che vivono la genitorialità con responsabilità. Questo disegno di legge aumenta la conflittualità e impone il padre-padrone. È un vero tentativo di restaurazione che riporta il Paese a 50 anni fa, quando il padre-padrone esercitava un potere autoritario sulle categorie più deboli della famiglia: donne e bambini», dichiara Simonetta D’Amico, consigliera del Pd, una delle due firmatarie dell’ordine del giorno.”
 
 
TORINO
“Vogliamo che il Comune esprima pubblicamente la contrarietà della città al ddl Pillon chiedendone il ritiro, così come votato allo scorso novembre dal Consiglio comunale”, si leggeva nel comunicato firmato dal Comitato torinese  “No ddl Pillon” (formato da molte associazioni di donne e del movimento femminista, centri antiviolenza, sindacati, Lgbt,  Ordini professionali  di avvocati e medici, rappresentanti di Dire e società civile, politiche) per chiamare a manifestare oggi nel tardo pomeriggio davanti al Municipio. E nonostante il caldo opprimente sono arrivate  tante donne e anche molti uomini, come già avevano affollato assemblee e manifestazioni in piazza nei mesi scorsi. 
 Una scelta non casuale quella di manifestare davanti al Palazzo di città perché la giunta guidata dalla pentastellata Appendino si era espressa con un no deciso al ddl Pillon, così pure una mozione firmata dall’opposizione, la prima città in Italia. Alla protesta di oggi si è unito anche l’assessore comunale pentastellato ai Diritti e alle Pari Opportunità  Marco Giusta che nel suo intervento ha ribadito l’impegno preso dalla giunta nel novembre scorso contro il ddl Pillon, di un rappresentante del governo gialloverde. Un dissenso che mostra il difficile rapporto su diversi aspetti tra i due partiti alleati.
 Per il Comitato torinese l’attenzione continuerà ad essere alta finchè il ddl non sarà ritirato, perché, intanto, sia chiaro a chi ha provato a mettere in atto un colpo di mano in un’estate afosa, “I diritti non vanno in vacanza”.  (Stefanella Campana)
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