Un algoritmo per combattere la violenza maschile sulle donne

L'idea di Lorella Muzi: unire le capacità intuitive della rete (utilizzate finora solo a scopi commerciali) per individuare il disagio delle donne e aiutare i soggetti a rischio. [Di Barbara Bonomi Romagnoli]

Un algoritmo per combattere la violenza maschile sulle donne
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Barbara Bonomi Romagnoli Modifica articolo

28 Novembre 2019 - 00.46


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I dati Istat sono già rimbalzati ovunque e parlano chiaro. Vale la pena di ripeterne alcuni a scanso di equivoci: il 31,5 % delle 16-70enni (6 milioni 788mila donne) ha subito nel corso della sua vita una qualche forma di violenza, dalle discriminazioni alle molestie, fino ai femminicidi passando per altre possibili violenze economiche e sociali, ma solo il 12.3% di loro sceglie di denunciare. Perché hanno paura e si sentono profondamente sole ma anche perché non sempre sanno come muoversi, da dove iniziare a cercare aiuto e una via di uscita. Fra i tanti progetti che, per fortuna, si sono attivati negli ultimi anni per dare risposte concrete c’è anche “Il vocabolario della violenza. Il web attivo, strumento per la prevenzione e il contrasto dei femminicidi”, ideato da Lorella Muzi e in fase di realizzazione con il contributo di Casa Internazionale delle Donne di Roma, l’associazione CO2 e con i docenti Fiorenza Deriu e Roberto Navigli dei Dipartimenti di Scienze Statistiche e di Informatica della Sapienza Università di Roma.

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L’idea di partenza è quella di estendere l’utilizzo di strumenti tipici del digital marketing e communication, finora principalmente sfruttati per fini commerciali, per potenziare la capacità del web di essere uno strumento attivo nella lotta alla violenza contro le donne. Sono previste diverse fasi: la prima, quella portata a termine, riguarda l’analisi di un corpus testuale, trattato con sofisticate tecniche di analisi automatica e semiautomatica, per individuare i diversi mondi semantici della violenza e, successivamente, estraendo un vocabolario – multilingue – specifico della violenza si può arrivare a capire quali potrebbero essere le parole digitate sulla tastiera dalle donne. 
Poi saranno codificati una serie di comportamenti di consultazione e navigazione sul web da associare al vocabolario testuale al fine di individuare modelli di navigazione che possano essere quelli di una donna potenzialmente vittima o comunque interessata al tema della violenza.
La terza fase consisterà nella redazione di un set di istruzioni per la costruzione di un algoritmo WPVV basato su tecniche lessico-semantiche di elaborazione del linguaggio naturale che possa aiutare a intercettare il target di riferimento e infine è prevista la realizzazione di una piattaforma web completa di tutte le funzionalità di interazione e contatto diretto tra le donne in stato di necessità e operatrici che possano indirizzarle nel migliore dei modi.Un lavoro complesso dunque, che mira soprattutto alla prevenzione e a realizzare le strumentazioni adeguate per dare sensibilità alla Rete e renderla in grado di raggiungere con una “pubblicità progresso” chi può aver bisogno, in modo anonimo e sicuro.
E a fare da testimonial del progetto c’è Fiorella Mannoia che ha dato voce al video di presentazione.  

Lorella Muzi, da dove è nata l’idea di inventare un algoritmo per combattere la violenza maschile sulle donne?
Mi occupo di comunicazione web dal 1999 e sono al contempo una frequentatrice assidua della rete e utilizzatrice di ogni strumentazione messa a disposizione. Troppe volte nelle narrazioni giornalistiche dei femminicidi, mi è capitato di leggere “la donna aveva iniziato a pubblicare in rete il suo disagio nella coppia” o cose simili ed è per questo che la mia logica, un po’ per professione ma anche per i miei valori di femminista cresciuta per l’appunto nella Casa Internazionale delle Donne, mi ha portato ad immaginare questo progetto. Unire le capacità intuitive della rete, utilizzate finora solo a scopi commerciali, ad un modo scientifico per renderla anche sensibile, capace di comprendere paure e sentimenti. Ho condiviso la mia idea con la professoressa Deriu del Dipartimento di Scienze Statistiche, anche lei inoltre da sempre impegnata in questioni di genere ed insieme abbiamo elaborato ogni fase del progetto, coinvolgendo anche il dipartimento di Informatica con il professore Roberto Navigli. 

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Qual è il margine di errore? considerando che internet è luogo di anonimato feroce, se ci si finge donna che ha subito violenza che succede?
Per quanto riguarda il margine di errore il Professor Navigli, responsabile informatico del progetto e colui che coordinerà la fase di sviluppo delle mappe concettuali e dell’algoritmo, prevede di poter aspirare ad un 80-85% di correttezza nell’individuazione del target (donne vittime di violenza perpetrata o potenziale o alla ricerca di informazioni in merito). Per quanto riguarda invece possibili fake nell’approccio alla piattaforma, sarà compito e abilità delle operatrici del web counseling di individuare possibili troll. 

Il progetto come spesso accade è appeso ai fondi, quali azioni pensate di mettere in atto per recuperare tutte le risorse necessarie?
Sì il progetto è appeso ai fondi e mi sento di credere che ce la faremo a farlo finanziare. È troppo importante la prevenzione e il progetto è nella sua “semplice logica” assolutamente innovativo. Già i risultati scientifici ottenuti in questa fase iniziale hanno un valore davvero importante e speriamo ci consentano di trovare i fondi proseguire lo sviluppo delle fasi successive, fino allo sviluppo della piattaforma e alla formazione delle operatrice di web counseling.

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