Sono passati 34 anni da quando Alma Sabatini pubblicò le Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, per conto della cpo dell’allora Presidenza del Consiglio: linee guida per eliminare gli stereotipi di genere dal linguaggio, destinate alle scuole e all’editoria scolastica. Era il 1986 e tanto per capirci in quell’anno l’Italia si connetteva per la prima volta ad internet, Sindona moriva avvelenato e trenta poveri cristi pure ma bevendo vino all’etanolo, inoltre iniziava il maxiprocesso antimafia di Palermo e Berlusconi cominciava la sua marcia comprandosi il Milan. Oltre confine avevamo il disastro di Cernobyl, un tot di attentati, l’assassinio di Olaf Palmer in Svezia e l’ingresso nella Cee di Spagna e Portogallo.
Alma Sabatini morirà due anni dopo la pubblicazione delle Raccomandazioni in un incidente stradale e non vedrà l’esito delle sue ricerche. Non le abbiamo viste appieno neanche noi, aggiungiamo con amarezza, pur essendoci battute in questo scorcio di secolo per dimostrare l’ovvio, ossia che la lingua non essendo neutra non è neutrale e dunque è di parte, soprattutto quando forza il femminile ad entrare nei panni stretti di un lessico al maschile. Una resistenza che non riguarda soltanto il linguaggio, per carità, ma tutte forme in cui si esprimono gli stereotipi sulle (= contro le) donne, come dimostra il fatto che, trent’anni dopo la pubblicazione di Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti (1973), il tema sia stato riproposto paro paro (e col consenso della stessa Gianini Belotti che l’ha definito “passaggio di testimone”) nel 2007 da Loredana Lipperini in Ancora dalla parte delle bambine…
Anche noi giornaliste abbiamo portato avanti questa battaglia per il riequilibrio linguistico: nei servizi su giornali e schermi e pure nelle nostre istituzioni, vedi Cpo e Giulia, con convegni e pubblicazioni. Un grande sostegno autorevole era venuto a questa battaglia anche dall’Accademia della Crusca sin dai tempi della presidenza di Francesco Sabatini, neanche lontanamente parente di Alma, ma prestigioso quasi quanto l’istituzione che ha governato.
Ma tutto questo tempo è passato invano? Domanda neanche tanto provocatoria. Il punto sull’attualità della battaglia di Alma Sabatini e sui (pochi) cambiamenti nel frattempo ottenuti è stato fatto da un gruppo di accademiche -e pure qualche accademico- entro un convegno. E proprio in questi giorni sta vedendo la luce, coi tempi da tartaruga delle pubblicazioni accademiche, il libro che ne raccoglie i contributi sotto il titolo Il sessismo nella lingua italiana – Trent’anni dopo Alma Sabatini (Blonk editore), a cura di Anna Lisa Somma e Gabriele Maestri. Qualche esempio.
Fabiana Fusco, ordinaria di linguistica all’università di Udine spiega il genere femminile nella lingua italiana sotto l’esplicito titolo L’abitudine fa la sindaca e l’avvocata. Roberta Mori, avvocata ma soprattutto politica emiliana (del cui cursus honorum non si è fatta mancare nulla, da sindaca a consigliera provinciale e poi regionale, ma anche amica di Giulia e delle nostre battaglie), racconta con giusto orgoglio i passi avanti nel linguaggio in una regione ricca di iniziative per le donne, come, una per tutte, il Centro documentazione di Modena. Ci riguarda poi da vicino l’analisi di Federica Formato dell’Università di Brighton sui “marcatori linguistici di sessismo nei media italiani”, che ha preso ad esempio l’uso di ministra e ministro in tre quotidiani nazionali.
Infine, ultimo esempio ma certo non meno importante, anzi, quello delle linguiste Stefania Cavagnoli e Francesca Dragotto dell’università di Roma Tor Vergata che, ironizzando sul “ritorno al futuro”, cercano nei dizionari d’italiano, attraverso analisi lessicografiche e sociolinguistiche, l’influenza delle Raccomandazioni di Alma Sabatini. Influenza “delle” che potremmo anche definire come resistenza “alle”. Ricordiamo in finale che le professoresse Cavagnoli e Dragotto avevano anche dato un contributo importante, con scritti e suggerimenti, al nostro terzo libretto Stereotipi, Donne nei media (Ledizioni per GiULiA, febbraio 2019).