Illustrando il report dei primi sei mesi dell’anno, relativo al monitoraggio degli atti intimidatori subiti dai professionisti dell’informazione in Italia, Delfini ha sottolineato che i dati confermano la tendenza all’aumento del fenomeno: nel 2021 sono stati registrati 110 episodi (+11% rispetto ai 99 dell’analogo periodo dell’anno precedente) di cui 18 riconducibili a contesti di criminalità organizzata (16%), 36 a contesti politico/sociali (33%) e 56 riferibili ad altre fattispecie (51%). Anche il prefetto Vittorio Rizzi, vice capo della Polizia di Stato e presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori (Oscad) nel suo intervento ha evidenziato che il trend è in crescita e ha ricordato che e “costantemente all’attenzione del ministro dell’Interno Lamorgese” ribadendo la necessità che il cronista denunci sempre gli atti intimidatori alle Forze di polizia, al fine di individuare i cosiddetti “leoni da tastiera”, ridefiniti per l’occasione come “iene da tastiera”, che sulla rete si nascondono spesso dietro u profili troll.
«Tutte le intimidazioni e le discriminazioni, comprese quelle online, sono considerate dall’Oscad di pari dignità perché la sofferenza della vittima non è diversa sia che si tratti di una violenza misogina, o di altra natura» ha aggiunto Rizzi, che già in passato con riferimento allo schema della ‘Piramide dell’odio’ (elaborata dall’Anti-Defamation League), aveva sottolineato come i “fenomeni di intolleranza ‘a bassa intensità’, se non adeguatamente contrastati, rischino di degenerare in episodi via via sempre più gravi con una escalation di violenza, sino ad arrivare a veri e propri hate crimes”.
Concetto espresso a nome di GIULiA anche dalla sottoscritta (invitata in quanto cronista vittima di aggressioni online e di altre minacce, per le quali sono sottoposta a sorveglianza radio controllata) citando il rapporto di Unesco inserito nel libro #staizittagiornalista, di Silvia Garambois e Paola Rizzi, che ha rilevato che il 20% delle minacce via web (oltre il 73% quelle denunciate dalle giornaliste che hanno risposto al sondaggio) si è trasformato in atti fisici o azioni aggressive offline.
Ho tenuto a sottolineare, durante il mio intervento, quanto sia necessario imprimere una maggiore pressione sui provider e sui colossi del web come Google, Facebook e Twitter affinché garantiscano maggiore efficacia dei processi di controllo e di tutela in caso di attacchi social e tempestività nel bloccare le attività denigratorie segnalate. Inoltre abbiamo sollecitato come GIULiA, quale primo atto concreto da parte del nostro Paese, la ratifica del Digital service act, approvato dal Parlamento europeo e in attesa di essere adottato dai vari paesi membri. Solo così, la conclusione che ho voluto lasciare ai partecipanti al seminario, si potrà combattere in modo concreto la battaglia contro l’odio in rete.
Tra gli altri relatori del seminario, che ha visto la partecipazione di un’altra collega della nostra associazione, Asmae Dachan, Nello Scavo di Avvenire, Antonio Sanfrancesco di Famiglia Cristiana e Michele Albanese, giornalista – da quattro anni sotto scorta – de Il Quotidiano del Sud.