Agli Stati generali della Rai GiULiA denuncia il gap di genere nel servizio pubblico

Alessandra Mancuso, giornalista Rai e già presidente di GiULiA, è intervenuta a nome di GiULiA agli Stati generali della Rai convocati dalla presidente della commissione di vigilanza Barbara Floridia. Di seguito la trascrizione.

Agli Stati generali della Rai GiULiA denuncia il gap di genere nel servizio pubblico
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Alessandra Mancuso Modifica articolo

7 Novembre 2024 - 14.41


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GiULiA Giornaliste è un’associazione con circa 400 iscritte, creata nel 2011 per cambiare il racconto delle donne nell’informazione e la cultura delle redazioni.

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Nel Manifesto fondativo scrivevamo: «Il servizio pubblico non può più mancare al dovere di una informazione corretta, completa, rispettosa delle persone, che racconti il Paese e non solo i Palazzi, che dia voce a chi voce non ha e che non sia solo megafono dei potenti». Chiedevamo la riforma della Rai, veicolo di un’immagine della donna intollerabile.
L’idea, la visione, che ci muoveva parlando di servizio pubblico, era che alla Rai fosse data una missione chiara: quella di fare dell’Italia un paese per donne, dunque un Paese per tutti. Con una forte ispirazione europea.
Sì, chiedevamo anche la riforma della governance e un Cda con presenza di genere, ma soprattutto una nuova missione. La Rai che aveva unito il Paese, insegnato una lingua, costruito il racconto dell’Italia democratica, avrebbe potuto rinnovare la sua missione costruendo l’Italia del rispetto, per tutte e per tutti. Un’idea che crediamo ancora valida e inedita se assunta con coraggio e convinzione.

Tredici anni dopo, molto si è fatto, ma questa nuova e necessaria missione del servizio pubblico, non è ancora entrata nel “core business”, editoriale, culturale e produttivo dell’azienda. Almeno a giudicare dalla discrepanza esistente tra la policy adottata con la presidenza Soldi, in attuazione del contratto di servizio, e ciò che va in onda.
E anche nel contratto di Servizio, comunque, si deve arrivare all’articolo 10 per leggere che «la piena ed effettiva parità di genere è una delle priorità del sistema paese». Un paragrafo ineccepibile, ma come si concretizzano gli obiettivi dati alla Rai?
Due esempi: «Aumentare il numero di trasmissioni che aderiscono al progetto 50:50», riferito ai panel paritari: basterebbe rendere pubblico l’elenco dei programmi virtuosi e richiamare quelli che continuano a proporre manels….
O ancora, sempre all’art 10, Il Monitoraggio con resoconto annuale sulla parità di genere nella programmazione complessiva: quello relativo al 2023, da tempo concluso, è desaparecido. Non si trova nel sito non è stato presentato in pubblico. Indicatori di una sottovalutazione.

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C’è ancora troppa spettacolarizzazione nel racconto della violenza contro le donne, la cronaca nera invade i palinsesti, l’infotainment è pieno di triti stereotipi.

Nel frattempo, l’ecosistema dei media è molto cambiato, le sfide si sono moltiplicate – l’Intelligenza Artificiale generativa su tutte – e sono intervenute rilevanti novità come EMFA, il Media Freedom Act. La sua applicazione ci riguarda. Non a caso all’art 5, per le nomine degli amministratori, si chiedono criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori.
Una riforma della governance che liberi la Rai da pressioni e ingerenze politiche; pluralismo non solo politico ma anche sociale e culturale; risorse congrue che ne garantiscano l’autonomia; una rinnovata missione che aiuti a costruire un’Italia e una società duale e inclusiva. Restano queste, ancora, le nostre priorità per il servizio pubblico

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