A 25 anni da Pechino, il documento politico delle donne italiane

A che punto siamo? Associazioni femminili e femministe lo raccontano in un position paper, per non disperdere un patrimonio di idee e di analisi. Pubblichiamo la parte relativa ai media, alla quale ha contribuito anche GiULiA.

A 25 anni da Pechino, il documento politico delle donne italiane
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9 Luglio 2020 - 23.45


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Un lavoro complicato e complesso, decine di associazioni femminili e femministe a confrontare analisi, punti di vista, bilanci e idee. Il “riassunto” sono le 30 pagine o poco più di “Il cambiamento che vogliamo”: un position paper sulla situazione femminile in Italia a 25 anni dalla svolta di Pechino.

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Pubblichiamo il video della conferenza stampa che si è tenuta il 9 luglio, in cui vengono ripercorsi i temi del documento, e la parte relativa ai media, alla redazione della quale ha contribuito anche GiULiA, insieme a CPO Fnsi, CPO Usigrai, Donne in quota, Donne per diritti, la linguista Cecilia Robustelli, Nadia Somma di Di.Re, con il contributo di altre donne esperte di media e linguaggio.

Rappresentazione delle donne, discriminazione e stereotipi di genere nei media

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Impegno comune di chi fa comunicazione e informazione deve essere eliminare ogni radice culturale fonte di disparità, stereotipi e pregiudizi che, direttamente o indirettamente, producono una asimmetria di genere nel godimento dei diritti. Tenere conto degli elementi culturali è indispensabile, il diritto di cro-

naca non può trasformarsi in un abuso e l’informazione non deve trasformarsi in sensazionalismo.

Il Manifesto di Venezia elaborato da CPO Fnsi, Cpo USIGRAI, giornaliste GIULia e Sindacato giornalisti del Veneto, presentato il 25 novembre 2017 e sottoscritto da numerosi giornalisti e giornaliste (sono ormai più di mille e tra loro anche direttori, direttrici), va esattamente in questa direzione: partendo dalle indicazioni per una narrazione corretta della violenza contro le donne e dei femminicidi, contiene chiare indicazioni per contrastare gli stereotipi e preservare la dignità delle donne. Perché il Manifesto di Venezia dispieghi la propria forza e produca cambiamento, deve essere attivato un osservatorio che monitori la narrazione in tutti i media. Solo in questo modo potranno emergere le cattive e le buone pratiche.

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Si deve inoltre insistere affinché tutti i professionisti e le professioniste della comunicazione pubblica e privata (giornalisti e giornaliste, autori e autrici, conduttori e conduttrici ecc.) siano adeguatamente formati e formate su come veicolare una corretta, rispettosa e multiforme immagine delle donne e, ancor più importante, su tutto ciò che riguarda la violenza maschile contro le donne. I temi legati al Manifesto di Venezia devono diventare materia di insegnamento nelle scuole di giornalismo. Anche la Rai, che ha inserito il Manifesto di Venezia nel contratto giornalistico, deve promuovere adeguata formazione azien- dale sui principi che lo ispirano, rivolta a tutte le/i dipendenti e soprattutto a chi ricopre ruoli apicali. In- fine, sono necessari strumenti su base normativa che monitorino e regolino l’operato delle emittenti private nazionali e regionali.

La necessità di potenziare il Manifesto di Venezia tramite un osservatorio e la necessità di vigilare sul rispetto del Contratto MISE-Rai sono proposte condivise da tutte coloro che hanno contribuito a questa sezione del documento.

 

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Linguaggio di genere

L’uso del “linguaggio di genere”, e quindi di un uso della lingua italiana rispettoso del percorso sociale e culturale compiuto dalle donne, rappresenta un obiettivo socioculturale e politico ancora disatteso

dal linguaggio dei media, delle istituzioni e della comunicazione quotidiana. Ne è un indizio inequivocabile sul piano grammaticale il diffuso rifiuto a usare il genere femminile per i termini che indicano professioni e ruoli istituzionali di prestigio ricoperti da donne e, sul piano del contenuto, una rappresentazione della donna lontana da quella della realtà attuale, legata a modelli sociali superati e limitanti per quanto riguarda la sfera personale, lavorativa e professionali, che continuano la tradizione patriarcale. Sono questi i comportamenti linguistici da scardinare attraverso l’adozione del linguaggio di genere sul piano individuale, negli ambienti lavorativi e professionali, in ambito educativo, mediatico e istituzionale, anche mediante opportune iniziative formative.

 

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Hate speech – discorsi d’odio

Per quanto riguarda i media e la rappresentazione della donna sugli stessi, particolare attenzione deve essere prestata alle parole d’odio, forma di violenza con numeri in crescita esponenziale nei confronti delle donne come dimostrato dalla mappatura di VOX diritti. Molestie, hate speech, body shaming sono forme di discriminazione in quanto colpiscono le donne in modo sproporzionato, minando le loro possibilità di esprimersi anche in contesti lavorativi e nello sport (la campagna “odiare non è uno

sport” ha evidenziato un aumento preoccupante delle parole d’odio con bersaglio le atlete).

Vittimizzazione secondaria sui media

L’informazione televisiva, cartacea, radiofonica e online troppo spesso propone ancora un racconto che vittimizza le donne una seconda volta, presentandole come colpevoli o complici di quanto hanno subito. Malgrado intorno al Manifesto di Venezia sia in corso dal 2017 un massiccio intervento formativo, con la diffusione di una maggiore sensibilità sul tema del linguaggio di genere e del racconto della violenza contro le donne, ancora troppo frequenti sono i casi in cui le notizie vengono presentate giustificando l’autore di reato, imputando i crimini all’inesistente “delitto passionale”, gelosia, “raptus”, malattie, problemi economici, volontà da parte della donna di separarsi al fine di sottrarre i/le figli/e invece che per proteggerli dalle violenze, confondendo così violenza e conflitto di coppia. Una narrazione

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che provoca una seconda sofferenza alle sopravvissute e ai familiari di chi è stata uccisa.

Nel caso in cui la notizia riguardi persone minorenni, sebbene esista un codice deontologico di regolamentazione adottato dall’Ordine dei giornalisti per tutelarne la privacy – la Carta di Treviso – vengono spesso riportati i dati della persona minorenne o elementi che fanno risalire alla sua identità. Le bambine e le ragazze sopravvissute a pedofilia o a induzione alla prostituzione vengono descritte come “baby squillo” o “baby prostitute”.

Serve un piano focalizzato sul contrasto di queste forme di vittimizzazione secondaria. È necessario rafforzare la formazione di tutti i/le professionisti/e della comunicazione sulla violenza maschile contro le donne, istituire un tavolo istituzionale di consultazione sui media che includa Dipartimento Pari Opportunità, organismi di categoria, associazioni femministe e società civile, oltre ad un osservatorio di monitoraggio e individuazione di nuove strategie. Si deve mantenere una costante vigilanza sul contratto di servizio pubblico della Rai, promuovendo codici di autoregolamentazione per le TV private, per i quotidiani, per le testate di news online e le riviste e soprattutto con costante e capillare attività di formazione.

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COORDINAMENTO GENERALE DEL DOCUMENTO:

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Alice Degl’Innocenti D.i.Re e vice presidente Centro antiviolenza Vivere Donna Onlus, Carpi

Marcella Pirrone avvocata, D.i.Re e Presidente Wave Women Against Violence Europe


CURATRICI REDAZIONE

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Elena Biaggioni avvocata, D.i.Re e Associazione Coordinamento Donne onlus, Trento

Claudia Pividori esperta di diritti umani, D.i.Re e Centro Veneto Progetti Donna, Padova

REDAZIONE

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Rossana Scaricabarozzi, Isabella Orfano, Grazia Moschetti, Action Aid Italia

Maria Grazia Panunzi Presidente – Serena Fiorletta, responsabile comunicazione, AIDOS – Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo

Tina Marinari Ufficio Campagne Amnesty International – Sezione Italiana

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Oria Gargano già esperta per l’Italia presso Observatory on Violence Against Women di EWL (2008-2016), Presidente BeFree – Cooperativa Sociale contro tratta, violenze e discriminazioni, Roma

Silvana Cappuccio CGIL Area delle politiche europee e internazionali

Debora Angeli, responsabile per i diritti ed empowerment delle donne ed equità di genere COSPE – Together for Change

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Elisa Ercoli Presidente – Teresa Manente avvocata – Rossella Benedetti avvocata – Ilaria Boiano avvocata –

Rosalba Taddeini psicologa – Marta Cigna, Differenza Donna Ong

Anna Pramstrahler D.i.Re e Casa delle donne per non subire violenza Onlus, Bologna

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Daniela Colombo economista dello sviluppo, Effe Rivista Femminista, D.i.Re

Stefania Figliuzzi avvocata, D.i.Re e Presidente Centro antiviolenza Attivamente coinvolte Onlus, Catanzaro

Paola Sdao referente del Gruppo Ricerca e Rilevazione Dati D.i.Re e attivista del Centro contro la violenza alle donne R. Lanzino, Cosenza

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Ersilia Raffaelli Presidente – Federica Lucchesi avvocata, D.i.Re e Casa delle Donne – Centro antiviolenza

L’Una per l’Altra, Viareggio

Alessandra Campani operatrice e formatrice, D.i.Re e Associazione Nondasola, Reggio Emilia

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Nadia Somma giornalista e attivista, D.i.Re e Centro antiviolenza Demetra donne in aiuto, Lugo di Romagna Silvia Menecali sociologa attivista femminista, esperta in violenza di genere ed abuso domestico, D.i.Re e Wave – Women Against Violence Europe

Titti Carrano avvocata, D.i.Re

Donatella Martini Presidente Associazione DonneinQuota

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Patricia Tough Donne in Nero, Bologna

Luisa Betti Dakli Journalist and Human Rights Expert – Lucrezia Cairo Social Media Manager, DonnexDiritti Association, Romina Amicolo avvocata – Barbara Pinelli antropologa, Escapes Laboratorio di studi critici sulle migrazioni forzate, Centro di ricerca e coordinamento

Luisa Bosisio Fazzi LEDHA FISH Lombardia

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Donata Pagetti Vivanti Presidente FISH Toscana – Silvia Cutrera FISH Federazione Italiana Superamento Handicap

Mimma Caligaris giornalista sportiva e scrittrice, Presidente della Commissione Pari Opportunità della Fede- razione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) e vicesegretaria generale dell’Unione Stampa Sportiva Italiana (USSI)

Giovanna Fava avvocata, Presidente Forum – Associazione Donne Giuriste

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Siusi Casaccia avvocate, Forum Associazione Donne Giuriste ed esperta per l’Italia nell’Observatory on Vio- lence Against Women and Girls di EWL, Brussels

Maria (Milli) Virgilio avvocata, Presidente – Maria Grazia Giammarinaro giudice, Referente Speciale ONU sulla tratta degli esseri umani, Vicepresidente – Maria Teresa Semeraro avvocata – Stefania Scarponi docente uni- versitaria, GIUdiT Associazione Giuriste d’Italia

Silvia Garambois giornalista, Presidente GiULia – Giornaliste Unite Libere Autonome

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Laura Cima attivista ecofemminista e fondatrice – Eliana Rasera ecofemminista e socia fondatrice, IF – Inizia- tiva Femminista, partito europeo di donne

Giovanna Badalassi esperta di economia e politica di genere, blog Ladynomics Stefania Pizzonia e Maria Merelli ricercatrici, LeNove – Studi e ricerche sociali Giulia Sudano Associazione Orlando

Federica Gaspari psicologa sociale, Coop. Soc. Parsec Arl

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Sara Marini SCoSSE Aps

Laura Onofri giurista e Presidente – Stefania Graziani sociologa – Enrica Guglielmotti medica, Associazione Italiana Donne Medico (AIDM) – Gabriella Tanturri medica, master in medicina di genere, consigliera nazionale società scientifica Associazione Italiana Donne Medico (AIDM) – Gabriella Congiu volontaria Centro antivio- lenza, attivista – Cinzia Ballesio ex insegnante, attivista, SenonOraQuando? Torino

Monica Pietrangeli giornalista, Presidente CPO Unione Sindacale Giornalisti Rai (USIGRai)

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Claudia Padovani Università di Padova e progetto AGEMI Advancing Gender Equality in Media Industries

Cecilia Robustelli docente di Linguistica italiana, Università di Modena e Reggio Emilia

Marina Della Rocca antropologa, Bolzano

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Silvia Filippi dottoranda di ricerca sulla tratta di esseri umani, Trento

Cristina Gamberi esperta in studi di genere, Università di Bologna, Associazione Il Progetto Alice

Letizia Lambertini ricercatrice e formatrice su prevenzione della violenza di genere e empowerment delle donne in contesti migratori, lavora per organismi di T.O. istituzionale nel territorio regione Emilia Romagna Marina Toschi ginecologa igienista responsabile consultori nella ASL1 Umbria, fondatrice della Rete Italiana

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Contraccezione e Aborto Pro Choice

 

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