Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (4 ottobre-9 ottobre) | Giulia
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Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (4 ottobre-9 ottobre)

Una settimana di notizie sui nostri media: come e quanto si parla di donne? E quante sono le donne a scrivere del mondo. GiULiA prosegue con il suo "osservatorio" sui giornali, in ottica di genere [di Barbara Consarino]

Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (4 ottobre-9 ottobre)
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11 Ottobre 2021 - 11.57


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Settimana dal 4 al 9 ottobre 2021: Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Il Messaggero, L’Avvenire, Domani, il Fatto quotidiano, Il Sole 24 ore, Il
Manifesto

Firme in prima pagina: uomini 432, 127 donne
Editoriali, commenti e analisi: uomini 68, donne 33
Interviste: uomini 104, donne 28.

In primo piano i risultati delle elezioni amministrative. I muri anti immigrati chiesti da 12 paesi europei, il commiato di Angela Merkel in una Europa dove si riaffacciano con prepotenza i sovranismi.
Per uno strano fenomeno che ha interessato buona parte dei giornali esaminati, firme e commenti femminili sono scomparsi per ben due giorni, lunedì e martedì, dalle prime pagine. Solo a risultati elettorali del primo turno acquisiti, ci si è accorti che il tema dell’assenza delle sindache c’era, eccome. E così sono tornati i commenti e qualche
intervista. Sempre con molta parsimonia, comunque.

La foto Abbiamo scelto la prima pagina del Sole 24 ore dell’8 ottobre con la notizia delle quote rosa al 40 per cento delle ricercatrici, nell’ambito dei bandi per i fondi del Pnrr. Maliziosamente abbiamo pensato che per raggiungere la quota basterebbe mettere in regola le migliaia di donne e ragazze di valore che lavorano nell’ambito scientifico con contratti precari. Poi abbiamo ammirato l’incastro con la foto di abiti da sposa sopra il titolo sul nuovo boom dell’industria dei matrimoni…

Le interviste Sempre ricercatissima Giorgia Meloni, un paio di interviste a Mara Carfagna sui fondi Pnrr e il Sud, la ricomparsa di Emma Marcegaglia, già al vertice di Confindustria e oggi impegnata nel B20, la componente industriale del G20, quest’anno a trazione italiana. Fra i buoni propositi di questo consesso la riduzione del gap di genere nel mondo del lavoro, dal 26 per cento di adesso al 19 per cento nel 2025 e la
riduzione delle emissioni per affrontare adeguatamente il cambiamento climatico. Vedremo. Intanto Marcegaglia su Avvenire si dice contraria allo smart working di genere che serve a rinchiudere le donne in un ghetto. L’imprenditrice sottolinea che con un tasso di occupazione femminile al 70 per cento come in Svezia il Pil dei Paesi Ocse aumenterebbe di 6mila miliardi di dollari.

Nelle cronache ha avuto ampio spazio il 6 ottobre il caso della carabiniera Martina Pigliapoco che in 4 ore di dialogo paziente, sospesa su un ponte tibetano in Cadore, ha convinto una donna a non suicidarsi. Tanti giornali l’hanno intervistata, spicca Antonella Mariani su Avvenire che ne mette in risalto professionalità e cuore.

Cattive notizie Nessuna donna guiderà nei prossimi 5 anni le grandi città e poche saranno anche nelle realtà più piccole. ”Le donne restano fuori dal comune” titola Repubblica sul commento di Chiara Saraceno: «Non è solo o principalmente colpa degli elettori che non le scelgono. Sono i partiti che pervicacemente pensano che se c’è una chance di vittoria va candidato un uomo. Le donne si candidano, e neppure sempre, quando si tratta di candidature simboliche, date per perse in partenza, come è
successo in Calabria con la coalizione di centrosinistra». Eppure lo spazio
ci sarebbe pure per le donne, come dimostra l’affermazione di Emily Clancy a Bologna, nella lista civica “Coraggiosa”, sostenuta da Elly Schlein, vicegovernatrice dell’Emilia Romagna, o la riconferma a pieni voti di Stefania Proietti ad Assisi. Due parole anche sul trattamento riservato dai giornali alle due sindache uscenti di Roma e Torino, Virginia Raggi e Chiara Appendino. Ironie, paternalismi e derisione si sommano nei
commenti scritti in punta di penna. Appendino, in attesa di un figlio, è descritta da Stefano Zurlo del Giornale come una sfinge «con un piede già nella nursery» e peggio va alla Raggi della quale non si ricordano gli errori politici, ma i difetti caratteriali, la testardaggine, la diffidenza e via elencando.

Buone notizie Quest’anno il Nobel per la Pace va a due giornalisti, Maria Ressa e Dmitri Muratov. Lei è filippina, il regime di Rodrigo Duterte ha tentato in ogni modo di fermare il suo sito di informazione Rappler, è stata arrestata e processata varie volte, ma soprattutto attaccata sui social in modo violento e sessista. Sua, appunto, un’analisi del ruolo perverso che può avere la rete. Lo raccontano bene Marta Ottaviani su
Avvenire e Anna Zafesova sulla Stampa. La storia di Muratov, russo, è strettamente legata a quella di Anna Politkovskaja, giornalista della Novaja Gazeta, uccisa il 7 ottobre 2006 con alcuni colpi di pistola nell’ascensore della sua casa, a Mosca. Ignoto il mandante dell’omicidio,il caso rischia di andare in prescrizione se non verranno riaperte le indagini, come chiedono la famiglia della giornalista uccisa e i suoi colleghi. Muratov è stato fra i fondatori della Novaja Gazeta, oggi ne è il direttore. Se quest’anno almeno una donna è stata insignita dell’onorificenza, AlleyOop (l’altra metà del Sole 24 ore, sempre pieno di notizie utili) fa un’interessante classifica a questo proposito, dai primi del ’900 a oggi. Premi Nobel per la Pace 17, 90 agli uomini; Letteratura 16 donne e 102
uomini; Medicina 12 donne e 212 uomini; Chimica 7 donne e 180 uomini; Economia 2 donne e 84 uomini; Fisica 4 donne e 214 uomini.

Lavoro Come sempre è un argomento centrale, soprattutto ora che stanno per essere attribuite le risorse del Pnrr, ma non si può non partire dagli infortuni sul lavoro, una vera emergenza nazionale: dall’inizio dell’anno a fine agosto sono morte più di 3 persone al giorno, in totale i decessi sono stati 772. Sono gli ultimi dati forniti dall’Inail. Le denunce di infortunio sono state 349.449 oltre 27mila in più rispetto allo stesso periodo del 2020. Il ritmo è elevatissimo, solo fra il 29 settembre e il 2 ottobre hanno perso la vita 8 persone e l’elenco continua, ogni giorno. Però si manifesta contro il green pass e si assalta la sede romana della Cgil e pure l’astanteria di un ospedale romano, in nome di una presunta dittatura sanitaria.

Morire per niente In questo clima di aumentata sensibilità verso la strage quotidiana, un po’ tutti i giornali si sono occupati della chiusura indagini sulla morte di Luana D’Orazio, l’operaia di 22 anni, stritolata da un macchinario in una industria tessile di Prato il 3 maggio scorso. Il commento che più colpisce è quello di Giorgio Meletti su Domani di giovedì 7 ottobre. Scrive, infatti:  «…il dettaglio più inquietante risulta proprio dalla perizia tecnica. La manomissione della macchina che ha corrisposto all’esposizione dell’operaia a un pericolo mortale, avrebbe comportato un aumento della produzione della macchina dell’8 per cento. Però i tecnici incaricati dalla magistratura non sono riusciti a capire come questo aumento di produzione si potesse tradurre in un vantaggio
economico per il titolare dell’azienda, visto che quel macchinario era destinato alla fabbricazione di oggetti di campionatura, un’attività per la quale, intuitivamente, i volumi di produzione non risultano decisivi». In parole povere Luana D’Orazio è morta per la sciatteria dei suoi datori di lavoro e non per chissà quale profitto. Per niente, appunto.

In tema di tutele sul lavoro, invece, le Nazioni Unite hanno inviato per la prima volta in Italia una delegazione di esperti presieduta da una figura indipendente, Syria Deva, docente di Diritto. L’inchiesta si è svolta in Lombardia, Toscana, Lazio, Campania Basilicata e Puglia. I risultati preliminari vedono lo sconcerto degli esperti per le condizioni di lavoro, specie nel settore agroalimentare. Ma lo studio ha preso in esame anche il logistico e il tessile: «Si tratta di situazioni intollerabili ovunque, a maggior ragione in un Paese del G7» Da Prato alla Val d’Agri, un disastro. Il gruppo di lavoro, scrivono Roberto Rotunno e Roberta Zunini sul Fatto quotidiano di venerdì 8 ottobre, si è detto anche impressionato dalle mancanti misure di sicurezza durante l’uso di pesticidi e prodotti chimici. «Inoltre, – si legge nel rapporto-, qualsiasi forma di molestia sessuale o di violenza di genere sul lavoro deve essere trattata come questione attinente alla salute e alla sicurezza sul lavoro e in tale contesto dovrebbe essere adottato un approccio di tolleranza zero».

Leggi e Giustizia Martina Rossi è morta cadendo dal balcone di un albergo per sfuggire a uno stupro. La Cassazione, dopo dieci anni di processi, chiude il caso della studentessa genovese precipitata dal sesto piano di un albergo a Palma di Maiorca nel 2011, mentre era in vacanza con le amiche. Non fu un incidente e neppure un suicidio. La verità cercata dai genitori di Martina, Franca Murialdo e Bruno Rossi, in questi lunghissimi anni, è finalmente emersa. Condannati a 3 anni di reclusione ciascuno Luca Vanneschi e Alessandro Alberoni, accusati della tentata violenza sessuale. L’imputazione di morte come conseguenza di un altro reato si è prescritta nel corso del tempo.

Revenge porn Una ulteriore tutela dei minorenni dalla diffusione delle immagini senza il loro consenso e dalla violenza attraverso la Rete, riguarda anche i minori di 14 anni e va a riempire i vuoti di tutela che la legge del 2019 ha lasciato aperti.

Robert Pitman, giudice federale di Austin nel Texas ha deciso di bloccare l’applicazione della nuova e estremamente restrittiva legge sull’aborto nello stato Usa che vieta l’interruzione volontaria di gravidanza dopo sei settimane di gestazione nella maggior parte dei casi, compresi stupri e incesti. Se ne riparlerà quando sarà stabilita la costituzionalità o meno di questa legge entrata in vigore ai primi di settembre e subito contestata non solo dalle associazioni delle donne, ma pure dal Dipartimento di
giustizia degli Stati Uniti che aveva chiesto l’intervento di un giudice federale. Il Texas farà ricorso.

Assenze Nei giorni scorso è caduto l’anniversario della morte di Rossana Rossanda, il Manifesto le rende omaggio pubblicando una intervista inedita sulla sua esperienza nella Resistenza. Sul quotidiano dello stesso giorno addio ad Annalisa Diaz, 86 anni, femminista e fondatrice della Libreria delle donne a Cagliari. Se ne è andata purtroppo in questi giorni anche Rossana Banti, una delle “ragazzine terribili” della Resistenza nella Capitale, da lei girata in lungo e in largo portando copie clandestine dell’Unità, poi farà da collegamento tra gli Alleati e la Resistenza. La liceale col cappottino rosso era super ricercata dagli occupanti nazisti a Roma, ma non la presero mai. Angelo Melone su Repubblica di mercoledì ne racconta la bella storia. Che si concluse con la rituale domanda: «Lo rifarebbe? “Certo, subito”».

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