Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 19 al 24 settembre)

Una settimana di notizie sui media: come e quando si parla di donne? GiULiA prosegue con il suo osservatorio su giornali e web in ottica di genere

Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 19 al 24 settembre)
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Barbara Consarino Modifica articolo

26 Settembre 2022 - 00.43


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Il Corriere della sera, La Repubblica, La Stampa, Domani, Il Giornale, Il Manifesto, Il Messaggero, Il Fatto quotidiano, Avvenire, Il Sole24ore, La Verità, Il Qn, La Gazzetta dello Sport, Tuttosport e uno sguardo al web

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Settimana dal 19 settembre al 24 settembre
Firme in prima pagina: 793
uomini, 231 donne
Editoriali e commenti:165 uomini e 26 donne
Interviste:  209 uomini e 59 donne

La settimana si è aperta con gli imponenti funerali di Elisabetta II, ultimo atto del lungo addio alla regina morta l’8 settembre e si è chiusa con le minacce di Putin all’Occidente e il richiamo alle armi di 300mila riservisti e le rivolte nelle città russe e nelle piazze iraniane: motivi diversi, ma radici lontane. Noi, invece, abbiamo votato, dopo una strana campagna elettorale, combattuta forse per la prima volta intensamente sui social di fronte a un Paese stanco e soprattutto preoccupato per la sua stessa sopravvivenza economica. 

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Le firme delle donne sono sempre poco presenti nelle prime pagine, eccezion fatta per le colleghe che hanno lavorato sulla Royal family. Da loro tanti pezzi di colore, ma quando si tratta di affrontare argomenti più seri, come il futuro della monarchia inglese, ecco che tornano in campo gli uomini. In generale, comunque, c’è stato un equilibrio nei servizi su Elisabetta II, una giusta copertura sulla carta stampata, che contrasta non poco con certe esagerazioni televisive. Sulla sovrana, sul suo ruolo in questi 70 anni, sulla sua eredità sono stati versati fiumi d’inchiostro e non è il caso di aggiungere altro. Da ricordare le parole della neo regina consorte Camilla Shand che ha ricordato come Elisabetta si sia trovata giovanissima e sola in un mondo di uomini. Da leggere sulla 27esima ora del Corriere della sera la bella riflessione di Marina Calloni sul lungo regno di Elisabetta, passato attraverso diversi stadi di “reginità” fino ad arrivare a una felice sintesi fra ragion di stato e sentimento.   

Donne in rivolta

Mentre 4 miliardi di persone assistevano in televisione alle esequie della regina, si svolgeva nel Kurdistan iraniano una cerimonia infinitamente più modesta per seppellire Mahsa Amini, 22 anni, morta in ospedale dopo essere stata fermata a Teheran dalla “polizia morale” iraniana, accusata di non aver indossato correttamente il velo. Picchiata a morte in carcere dicono i suoi familiari, mentre la polizia ha avanzato confuse spiegazioni. Con tutta probabilità questa vicenda non sarebbe emersa senza il coraggio di un’altra ragazza, la giornalista iraniana Nilufar Hamedi, che ha dato la notizia, pubblicando la foto di Mahsa (intubata in ospedale, dove è rimasta per due giorni in coma) e che per questo, lo si è appreso venerdì 23 settembre, è stata a sua volta arrestata. Ma  gli iraniani stavolta si sono ribellati, a partire dalle donne che hanno bruciato i veli nelle piazze e si sono tagliate i capelli pubblicamente in segno di lutto. Il bilancio per ora è di una cinquantina di persone morte negli scontri, alcuni sono bambini e giovani donne e di oltre 700 arresti. Indignata la scrittrice Azar Nafisi, iraniana riparata egli Usa, autrice di un famoso libro Leggere Lolita a Teheran Intervistata da Caterina Soffici  sulla Stampa, attacca il regime che ha fatto tornare indietro le donne di cent’anni: «Alle donne in Iran è stata confiscata la libertà, nella loro storia hanno ottenuto il diritto di voto prima di alcuni cantoni della Svizzera, solo dopo è arrivato Khomeini a dire che il diritto di voto per le donne è prostituzione… il velo e i matrimoni combinati non fanno parte della nostra cultura». Il presidente iraniano Raisi giura pubblicamente che sarà fatta luce sulla morte di Mahsa Amini ma si stupisce per il clamore. Ma come, la polizia non ammazza persone anche in Occidente? Il giorno prima a New York aveva collezionato un’altra figuraccia con l’anchorwoman della Cnn Christiane Amanpour: pretendeva che la giornalista mettesse il velo per intervistarlo, lei si è rifiutata e lui se ne è andato. Ha fatto il giro del mondo la foto della sedia vuota. I giornali, fatta salva qualche eccezione, stanno lavorando molto su quella che non sembra essere una rivolta estemporanea. La Stampa in particolare sta dedicando parecchie energie e ha portato in una sua prima pagina, anche lo scritto di una ragazza giovanissima che sta partecipando alle proteste.

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Christiane Amanpour e la sedia vuota/CNN

Un po’ più difficile orientarsi in quello che sta accadendo in Russia, dove, dopo l’annuncio di Putin che ha richiamato dalla riserva 300 mila uomini da spedire sulle linee di guerra, molte persone stanno o hanno lasciato il Paese piuttosto che arruolarsi. Pure qui c’è la mano femminile nelle proteste ed è una mano molto ferma, malgrado il regime stia usando la forza, arrestando centinaia di persone e obbligandole ad arruolarsi. Raffaella Chiodo Kapinsky su Avvenire del 22 settembre in un’ampia analisi sulle reazioni del popolo russo sottolinea come la storica associazione delle Madri dei Soldati conosca bene, dai tempi dell’Afghanistan, lo stillicidio delle madri che chiedono notizie dei loro figli o che reclamano un corpo da piangere. E anche questa è una delle spine nel fianco di Putin. Sulle rivolte scrive anche Gianni Vernetti sulla Repubblica del 23 settembre: «Le piazze di Mosca e Teheran chiedono la fine di regimi anacronistici che esportano instabilità dall’Ucraina al Medio Oriente, ma rivolgono anche un messaggio fortissimo all’Occidente, spazzando via troppi anni di appeasment, realpolitik e relativismo culturale…i  giovani e le donne nelle piazze di Teheran e Mosca dimostrano come la libera scelta possa far cadere i tiranni e pretendono una nuova stagione di globalizzazione dei diritti».

E a proposito di diritti ci sarebbe un altro funerale da celebrare, ma non si può perché il corpo della vittima non è mai stato ritrovato: è quello d di Saman Abbas, 18 anni, pakistana, scomparsa da Novellara, Reggio Emilia, nell’aprile del 2021, uccisa dai parenti e con la complicità dei genitori: troppo ribelle, non voleva il velo, aveva rifiutato un matrimonio combinato dai suoi e si era addirittura innamorata di un altro ragazzo col quale aveva scambiato un bacio pubblicato sui social. Il padre ha raccontato in una intercettazione di aver dovuto uccidere per “onore”. Ora è latitante insieme alla moglie in Pakistan, il processo italiano inizierà a febbraio del 2023 e chissà se darà un po’ di giustizia a questa ragazza. 

Al voto

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La più fotografata, la più intervistata è stata lei, Giorgia Meloni, candidata premier in pectore, ha dominato le pagine dei quotidiani e il web soprattutto nell’ultimo scorcio di campagna elettorale, certamente è la donna più popolare del momento. A riprova, nei tanti servizi che abbiamo visto in queste settimane, ne spiccano due comparsi sulla Stampa e sulla Repubblica, rispettivamente a firma di Francesca Mannocchi e Paolo Berizzi, che si sono recati presso alcuni centri che forniscono assistenza e pacchi viveri a persone in difficoltà: molte di queste persone, spesso donne, hanno detto chiaramente che la voteranno, un po’ perché si fidano di lei, considerata “nuova”, un po’ perché vogliono provare, tanto peggio di così…  

Per il resto, malgrado i programmi dei partiti fossero pieni zeppi di tematiche di genere, queste non sono certamente emerse: le candidate erano il 44 per cento, ma secondo i dati Agcom la loro visibilità sui telegiornali delle varie reti non ha superato il 10 per cento. Con i nostri numeri sulle presenze femminili nella carta stampata, forse andiamo anche sotto questa percentuale. Abbiamo visto rarissime interviste e Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna, passate da Forza Italia ad Azione, molto spesso con tagli bassi. E niente più, a parte polemiche sull’aborto con il centrodestra che giura di non voler cambiare la legge 194, anche se ci dicono altro le cronache dalle regioni dove è al governo. 
Certo un’eccezione esiste e si chiama Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia Romagna e candidata come indipendente nel proporzionale del Pd a Bologna. Elly piace molto all’inglese Guardian che la definisce astro nascente della sinistra italiana. Lei certamente non si è risparmiata in campagna elettorale. ”Sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre ma non per questo sono meno donna”, ha detto capovolgendo il mantra di Giorgia Meloni durante un comizio che ha infiammato la piazza di Bologna dove Schlein è popolarissima e non da ora. 

In una campagna così strana non poteva mancare qualche scandalo: prima le ombre russe sui partiti italiani troppo legati a Mosca, prontamente smentiti nel giro di un paio di giorni, poi uno scandalo sessuale che si può chiamare così solo perché scoppiato sotto elezioni. Il sasso nello stagno lo ha lanciato Fanpage riprendendo la testimonianza anonima di una donna che diceva di essere stata molestata pesantemente da un senatore, anche lui anonimo. Nel giro di poche ore, però, escono i nomi, quello di Matteo Richetti di Azione e di Ludovica Rogati, attrice e presidente di una associazione contro la violenza sulle donne. Si scopre che lui l’ha denunciata diversi mesi prima e che lei ha un precedente, sia pure prescritto, per calunnia. I giornali se ne occupano per qualche giorno, ma non tutti. L’investimento più forte lo fa Domani dedicando alla vicenda diverse pagine, Il Fatto la ignora, Repubblica intervista Rogati e poi tira le somme, Il Giornale pubblica un commento di Valeria Braghieri che si domanda che senso abbia tutta questa vicenda… 

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Qualcosa di buono

Silvana Sciarra è la nuova presidente della Corte Costituzionale. Giuslavorista, allieva di Gino Giugni, padre dello Statuto dei lavoratori, Sciarra, 74 anni, è la seconda donna, dopo Marta Cartabia, a presiedere la Consulta, sostituisce Giuliano Amato e resterà in carica fino all’11 novembre 2023, quando scadrà il suo mandato di giudice costituzionale.  La notizia è stata data in modo vario. Al Qn (Resto del Carlino, Nazione e Giorno) l’hanno liquidata con una breve, così come al Manifesto. Ampio spazio sugli altri quotidiani e ovviamente c’è chi non l’ha presa bene: «Nomine spericolate, guiderà la Consulta una fan dei figli dei gay», titola La Verità, mentre Il Giornale, nell’incipit del pezzo di Felice Manti, ci informa che sciarra, in dialetto siciliano significa, litigio, ostilità e che comunque è stata bocciata la candidata di Mattarella, altra giudice costituzionale, Daria de Petris, sconfitta per un solo voto. Piuttosto dura la replica del Quirinale che definisce il titolo «decisamente visionario ed è appena il caso di chiarire che il Presidente della Repubblica non ha mai avuto e non ha candidati per alcuna sede istituzionale e non è mai intervenuto e non interviene riguardo alle scelte e alle decisioni interne degli altri organi costituzionali».

Ad Astra

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Samantha Cristoforetti sarà la nuova comandante della Stazione Spaziale Internazionale, prima donna europea a ricoprire tale incarico. La cerimonia di passaggio di una simbolica chiave tra il vecchio comandante, il russo Olev Artemyev e l’astronauta italiana, avverrà in orbita il 28 settembre e la diretta dalla navicella spaziale si potrà seguire su Esa Web TV, la televisione dell’agenzia spaziale europea.

In aria 

«Il Boeing delle donne», titola La Stampa di giovedì 22 con una bella pagina firmata da Elisabetta Fagnola: per la prima volta nella storia dell’aviazione civile italiana un gigante dei cieli si avvarrà di un equipaggio tutto al femminile con la comandante Paola Gini e la prima ufficiale Viviana Allais. La tratta è la Milano – Seul, 11 ore di viaggio. Ancora poche le donne pilota in Italia, normale vederle ai comandi negli Usa e in Russia. 

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Chiesa

Su Domani del 22 settembre un servizio sulla richiesta al Papa delle conferenze episcopali di Germania, Belgio e Austria al Papa: vogliono riforme su sacerdozio femminile,  celibato dei preti e riconoscimento delle coppie omosessuali. Se ne sta parlando in un Sinodo diviso in varie fasi che culminerà in quello mondiale del 2023. Affrontare questi temi, si dice, è l’ultimo treno che la Chiesa può prendere per evitare l’irrilevanza in Europa.

Sport

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Anche questa settimana, così come era avvenuto in precedenza, le donne non sono state ritenute degne di grande attenzione per quanto riguarda le loro performance sportive e questo lo si riscontra sia sui giornali generalisti ma anche, purtroppo, su quelli sportivi. Bisogna ogni volta utilizzare la lente di ingrandimento per focalizzare qualcosa che riguardi il rapporto fra donne e sport. Questa settimana in realtà qualcosa c’è stato: l’attenzione carica di molte (troppe?) attese per l’inizio dei campionati mondiali di volley femminile che comunque all’esordio hanno battuto il Camerun. Speriamo che, come è successo prima dell’estate per quanto riguarda il calcio, le ragazze non sentano l’eccessivo carico di entusiasmo che sta accompagnando l’inizio della competizione. I pezzi che hanno accompagnato il poco interesse per lo sport al femminile (ci riferiamo soprattutto alla straordinaria Sofia Raffaeli nella ginnastica ritmica) non sono andati oltre il racconto delle gare, senza il necessario interesse per la donna che c’è dietro l’atleta. E pensare – lo ripetiamo ancora una volta – che molto spesso sono proprie le donne che tengono alto il tricolore…

Sofia Raffaelli plurimedagliata

Anche il nostro è un lavoro di squadra come nel volley e perciò grazie a Caterina Caparello, Gegia Celotti, Laura Fasano, Paola Rizzi, Luisella Seveso, Maria Luisa Villa.

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