L’importanza dell’inquadratura. C’è anche questo nelle Linee Guida per la rappresentazione mediatica delle donne in politica. Dieci raccomandazioni (6 cose da fare, 4 da non fare) che sono uno dei traguardi di un progetto partito oltre un anno fa in vista delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno. “Rewriting the story”, questo il titolo: perché l’obiettivo è, proprio, riscrivere la storia, cambiare il racconto delle donne in politica. Un progetto articolato del sindacato internazionale dei giornalisti (Ifj), che ha coinvolto i sindacati di dieci paesi, Italia (con Fnsi), Grecia, Cipro, Portogallo, Francia, Spagna, Belgio, Croazia, Germania e Malta, sviluppato con l’Università di Padova e con Copeam (Consorzio dei broadcast pubblici dei paesi del Mediterraneo), finanziato dall’Unione europea, impegnando centinaia di giornaliste e giornalisti.
Obiettivo: incoraggiare giornaliste e giornalisti a produrre una copertura imparziale e non sessista dei candidati, donne e uomini. «Il modo in cui alcuni media rappresentano le donne impegnate in politica sembra riguardare più il loro genere che le politiche che sostengono – sottolinea Pamela Morinière, responsabile pari opportunità di Ifj – Troppi servizi si concentrano su questione che nulla hanno a che fare con l’impegno politico, soprattutto aspetto fisico, stato di famiglia, orientamento sessuale, comportamento emotivo. Questo approccio narrativo può suscitare, negli elettori, l’impressione che le donne non siano adatte alla politica. La realtà, però, è ben diversa». E “Rewrting the story” aiuta a cambiare narrazione e percezione, contrastando così lo squilibrio di rappresentazione delle politiche nei media. La prima parte ha previsto seminari di formazione per giornaliste e giornalisti dei dieci paesi coinvolti che, a loro volta, hanno condiviso analisi, riflessioni e il molto materiale elaborato in corsi per colleghe e colleghi, tre in Italia, uno a Roma e due a Milano, coordinati da Mimma Caligaris (Gender Council Ifj e Cpo Fnsi) e Alessandra Mancuso (Cpo Fnsi), con la messa in comune dei documenti su una piattaforma open, accessibile a tutti (AGEMI), che ha una sezione rivolta alle studentesse e agli studenti universitari anch’essi coinvolti nel progetto.
Il risultato è una ricca elaborazione che cambia il nostro modo di guardare alle storie che raccontiamo e che i nostri media propongono. Con l’aiuto di docenti universitarie, le professoresse Claudia Padovani (che da anni è nel team del Global Media Monitoring Project) e Lucia Vazquez, la comunicazione politica sulle donne è stata esaminata sotto la lente degli stereotipi e dei pregiudizi, nelle parole e nelle immagini. Un fenomeno, e una forte criticità, internazionali, in Italia, in Europa, ma anche in altri continenti.
Un progetto innovatore, perché offre uno sguardo nuovo in un campo del tutto trascurato, che incide in maniera potente sul vulnus della ‘sottorappresentanza’, e quindi della sottorappresentazione, politica delle donne nelle istituzioni e negli ambiti decisionali. Negli anni sono state cambiate le leggi, ed è stato utile. Adesso, però, è fondamentale cambiare la storia, il racconto, il modo in cui l’informazione le rappresenta.
Perché quando si parla di donne in politica troppo di frequente passa un messaggio stereotipato: le politiche vengono sempre “viste”, innanzitutto, come donne. Prima che come politiche. Così non accade invece con i politici E questo costituisce una penalizzazione, con ripercussioni sull’aura di autorevolezza e competenza che i media trasmettono ai cittadini elettori. Il quesito, nei cittadini e nelle cittadine è: «Saranno davvero capaci, queste donne che mi chiedono il voto, che mi governano?»
E allora, NO a foto, immagini, notizie titoli, che focalizzano l’attenzione su aspetti che nulla hanno a che fare con la politica come l’outfit, la vita familiare e lo stato coniugale. Sono i contenuti che contano, i programmi, le idee, e non il vestito, l’acconciatura, i figli, se l’interlocutrice sorride o se è imbronciata. Permane ancora una disparità di trattamento. Degli uomini politici, i media mainstream raramente scrivono divagando su particolari che li espongono a giudizi sotto una diversa ottica da quella dell’impegno nelle istituzioni. Quando mai si descrive il completo che indossano? La camicia, la cravatta? E’ il refrain “l’orlo, il marito, i capelli” che spesso si trova, invece, nelle storie che leggiamo o ascoltiamo sulle politiche.
Questo è proprio uno dei punti centrali delle Linee Guida: la regola della REVERSIBILITA’, da applicare sempre, non solo in politica. Ovvero: cambiando il soggetto da donna a uomo, la narrazione funziona comunque?
Le raccomandazioni, condivise in ambito europeo, contengono un comune denominatore e indicano soprattutto un percorso su cui bisognerà continuare a lavorare. Fare caso alle inquadrature, per esempio, significa prediligere i campi stretti alla ripresa a mezzo busto o a figura intera: «Siate consapevoli del rapporto tra viso e corpo nell’INQUADRATURA: l’inclusione di una maggiore quantità di corpo femminile – si legge – può rafforzare gli stereotipi della donna come elemento di decoro o oggetto sessuale, mentre se ci si focalizza sul viso (più comune per gli uomini) può portare a una maggiore percezione di competenza, autorità.»
Centrale è anche l’uso del linguaggio declinato in modo corretto secondo appartenenza di genere (e grammatica italiana) come nei paesi anglosassoni l’uso del pronome ‘she’,, mentre per i politici che si identificano come transgender, si raccomanda di chiedere loro come preferiscono che ci si rivolga.
Le linee guida sono uno strumento prezioso nella quotidianità narrativa. Questa la versione in italiano, sul sito www.ifj.org è pubblicata anche quella, più ampia, in inglese, francese e spagnolo.