Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 9 al 14 settembre 2024)

Una settimana di notizie sui nostri media: come e quanto si parla di donne? E quante sono le donne a scrivere del mondo. GiULiA prosegue con il suo osservatorio sui giornali in ottica di genere.

Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 9 al 14 settembre 2024)
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Paola Rizzi Modifica articolo

15 Settembre 2024 - 11.31


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Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Il Messaggero, Avvenire, Domani, Il Fatto quotidiano, Il Sole 24 ore, Il Manifesto, Libero, QN, La Gazzetta dello Sport, Tuttosport, Corriere dello Sport

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Dall’9 al 14 settembre 2024
Firme in prima pagina: 836 uomini, 252 donne
Editoriali e commenti in prima pagina: 141 uomini e 23
 donne
Interviste:   238
  uomini e 88 donne

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I numeri, innanzitutto. Contando le firme sui principali giornali monitorati in questa rassegna di settembre dobbiamo segnalare il calo delle voci femminili chiamate ad analizzare i fatti: sono solo il 16% degli editorialisti e commentatori sulle prime pagine. Un record negativo in una settimana che, come vedremo, di record negativi per le donne ne ha visti tanti. Accanto però all’emergenza di un protagonismo politico femminile sempre più marcato: Giorgia Meloni, Ursula Von der Leyen, Elly Schlein, Kamala Harris, Christine Lagarde dominano le cronache. Ma procediamo con ordine.

Gattara

E’ la parola della settimana, dopo il “debate” tra Harris e Trump che ha visto prevalere la prima sul secondo, ridicolizzato dal mondo intero per il suo allarme sugli immigrati che mangiano cani e gatti. Gattara senza figli era stata liquidata la Harris dal candidato vice di Trump J.D.Vance  e gattara senza figli si è firmata la cantante Taylor Swift su instagram, postando il suo sostegno alla Harris e Walz per il loro impegno sul diritto all’aborto e i diritti Lgbtq, con una foto con il gatto che è stata ripresa da tutti i giornali e che riprendiamo anche noi. L’ormai proverbiale effetto Taylor Swift potrebbe portare al voto 406.000 astensionisti. Da segnalare la reazione volgare di Elon Musk che su X si è offerto di darle un figlio e di proteggere il suo gatto. Anche il Papa ha detto la sua sulla contesa, interpellato nel viaggio di ritorno dall’estremo oriente: per lui Trump ed Harris pari sono,  entrambi sono contro la vita, Trump quella dei migranti, Harris quella dei bambini abortiti e bisogna scegliere il male minore. Pur tra vari distinguo dei commentatori, Harris per ora si aggiudica la partita e in un solo giorno ha ricevuto 47 milioni di donazioni.

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La questione delle donne che non fanno figli, con gatti o senza, ha dominato anche il nostro dibattito interno. «Natalità, prosegue il trend negativo A fine anno attese solo 374mila nascite» titolava il Sole 24 ore il 10 settembre riportando i dati Istat, che segnano così un ulteriore calo dopo il record storico negativo del 2023 di 379mila.  Un’emergenza sulla tenuta del sistema che allarma tutti, compreso il governo che ipotizza sgravi fiscali per le famiglie con figli. Sui giornali il dibattito è acceso. Il demografo Alessandro Rosina sul Messaggero dice: bene la spinta “economica “ ma non basta, servono asili nido e più congedi parentali. Bisogna mettere in condizione gli under 30 di avere figli senza impoverirsi, quindi servono lavoro stabile e mutui accessibili.  Concetto ribadito dallo stesso anche in un corposo dossier sul Corriere del 14 settembre: il tema è uscire dalla precarizzazione che disincentiva i progetti di vita a lungo termine. Ma basta?  Chloé Taviani, demografa all’Insee, l’Istat francese, intervistata dal Messaggero spiega che anche in Francia, dove le politiche familiari sono virtuose , si registra lo stesso un calo delle nascite del 6,6 per cento nel 2023 rispetto al 2022, che già aveva il dato più basso dal dopoguerra . «Il modello francese frena il calo ma il quoziente familiare da solo non basta. Non siamo ancora in grado di spiegare il perché. Anche i più facoltosi sono sempre meno propensi a diventare genitori. Il peso degli immigrati? Il contributo della popolazione immigrata è minimo, anche perché presto le persone si adeguano ai comportamenti del paese in cui vivono». Per Serena Sileoni, che sulla Stampa cita il filosofo  Stuart Mill autore de La servitù delle donne, «Il calo della natalità è il prezzo della libertà e del benessere delle donne, nemmeno le politiche più generose e sistematiche hanno sicuri effetti sul desiderio e la possibilità  di avere figli». Il problema se mai, dice Sileoni,  è l’invecchiamento della popolazione. Se qualunque politica sulla natalità ha tempi lunghi, la via più breve per aumentare la base attiva della popolazione sono nuove politiche migratorie che però al momento sono governate dall’irrazionalità: «Ci si preoccupa dell’ingresso dei migranti ma non di cosa fanno una volta entrati».

Resta il fatto che le donne italiane continuano a pagare un prezzo altissimo in termini di discriminazione. Lo ha riassunto l’ex presidente Mario Draghi, ritornato protagonista per il suo piano per l’Europa e un misterioso incontro con Marina Berlusconi,  anche lei sempre più al centro della cronaca politica, seppure come regista dietro le quinte. Draghi, intervistato dal direttore del Corriere alla manifestazione il  Tempo delle donne ha detto: «Pagare meno le donne va contro la costituzione». Ha inoltre difeso la legge Golfo Mosca  sulle quote di genere nei cda, mentre sugli incarichi declinati o meno al femminile dice che deve essere la donna a scegliere (noi pensiamo che debba essere la grammatica ndr.). Poi ha aggiunto che per far emergere donne qualificate, servono asili nido: « Meglio vederli vuoti che non vederli». Sullo sfondo lo sconvolgente rapporto Ocse  che ci vede come il paese che ha il più grande divario retributivo di genere tra le diplomate: le giovani donne con una laurea guadagnano in media il 58 per cento in meno del salario dei coetanei maschi anche se ottengono scolastici risultati migliori.

Sul tema interviene anche l’economista Lucrezia Reichlin sul Corriere, a proposito della bassissima partecipazione delle donne italiane al mondo del lavoro, ferma al 41%, mentre per esempio in Spagna è al 51,9%. La spiegazione è che le donne spagnole sono più istruite soprattutto nelle materie stem e tutte le riforme recenti del lavoro di Madrid hanno avuto come obiettivo di ridurre il gap di genere.  
In questa gara per rilanciare la natalità si scopre però che non tutte le madri sono uguali: non le detenute per le quali è in via d’approvazione una stretta che rende facoltativo e non obbligatorio la sospensione della pena in carcere per le donne con figli minori di un anno. E nemmeno le single: la Corte Costituzionale dovrà esprimersi per l’ennesima volta sulla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita che la vieta alle donne single. Un caso sollevato dal tribunale di Firenze perché violerebbe i principi di uguaglianza.  Avvenire cita Antonio Brandi – Pro Vita: «non si legittimi la nascita di figli orfani» (sic).
 

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Questasignora

Il caso Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia, Questasignora per Giorgia Meloni e gli opinionisti della destra,  hanno dominato ancora le cronache politiche dei giornali per le conseguenze giudiziarie e soprattutto per l’effetto a cascata sul delicato tema delle nomine nei ministeri. Ne trattiamo brevemente soprattutto per un effetto paradosso. Insolito sentire in Parlamento un esponente di FdI, il neo ministro alla Cultura Alessandro Giuli, sostenere che rivedrà  le nomine della commissione cinema del suo precedessore per rispettare la parità di genere. Fosse pure un pretesto, non tutto il male vien per nuocere. Per inciso il tema della parità di genere riguarda anche la Commissione europea, in stallo sulla nomina del commissario italiano Raffaele Fitto, dove si registra un passo indietro: stando alle ipotesi in campo su 27 commissari solo 11 saranno donne, la volta scorsa erano 13.
Se fino alle dimissioni di Gennaro Sangiuliano, Boccia comunque aveva goduto di discreta stampa, questa settimana è stata messa sulla graticola per le varie incongruenze del suo curriculum. Dalla prima pagina del Fatto quotidiano Selvaggia Lucarelli lancia un appello: «Care femministe c’è un problema se Boccia diventa una paladina». Dichiarandosi d’ accordo con Sallusti, che a Carta Bianca ha definito Boccia «inaffidabile millantatrice con una propensione al ricatto» mentre Conchita De Gregorio la chiamava imprenditrice, Lucarelli parla di una tendenza diffusa tra le donne di allinearsi alla corrente più oltranzista del femminismo per cui ogni questione va letta attraverso la lente del patriarcato. È l’ uomo, lui solo il cattivo della storia. Per Lilli Gruber intervistata dal Corriere, la questione è abbastanza semplice: «Meloni è sempre pronta a parlare di  quello che una donna dovrebbe o non dovrebbe fare. Attendiamo che ci dica con altrettanta chiarezza qual è la sua idea di come un uomo si ritaglia e debba ricoprire il ruolo di ministro. Il senso delle istituzioni, ovvero con disciplina e onore è tra i requisiti?»

Sulla Stampa invece Giovanni De Luna fa un ardito parallelo tra la virilità di Mussolini e quella di Sangiuliano, il primo sessista e carismatico, oggetto del desiderio e autoproclamatosi incarnazione della mascolinità, il secondo piagnucoloso in tv e farsesco, tale da cancellare l’immagine stereotipata del vecchio e nuovo fascismo machista. Detta così parrebbe una cosa positiva.

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Da segnalate sempre sulla Stampa l’intervista ad Annalisa Terranova, vicedirettrice del Secolo d’Italia che parla di una narrazione fuorviante sulle donne di destra ma aggiunge che gli uomini di destra non devono pensare che con l’elezione della Meloni la questione femminile sia risolta. «Siamo femministe anche noi» sostiene e sta pensando ad un convegno intitolato Femminismo secondo noi, dove si parlerà di femminismo della differenza e di maternità non come dovere ma come valore. Quanto a Meloni e sorella rappresenterebbero il nuovo matriarcato, donne che si sono fatte da sole senza sponsor.

Trapano

Dopo 29 anni grazie all’analisi del Dna si riapre un cold case, il cosiddetto delitto del trapano, ossia  il terribile femminicidio di Luigia Borrelli, una infermiera e prostituta massacrata con un trapano a Genova, per il quale è ora indagato  un carrozziere di 65 anni. Nel frattempo si sono suicidate tre persone: il primo sospettato, una prostituta amica e un figlio della vittima. In un’intercettazione dell’8 maggio nella carrozzeria, l’indagato con i colleghi dice di aver ucciso la donna per passatempo e ad un certo punto parla di due delitti, ragion per cui si sta cercando di capire se ci siano altri femminicidi rimasti irrisolti. Fa quindi ancora più specie che il Gip abbia respinto la richiesta di carcerazione per l’indagato perché «in 30 anni si cambia» e «in astratto è una persona diversa». Indignato il commento sul Corriere di una cronista di razza come Giusi Fasano: «C’è un dettaglio che in 30 anni non è cambiato: la morte di Luigia. Lei manca oggi esattamente come mancava quel 6 settembre 1995…Se scrivi 47 pagine di racconto horror per dire che “non c’è dubbio, siamo di fronte a una situazione di estrema gravità, crudeltà e ferocia…se parli di overkilling e pensi che l’uso del trapano fu per arrecare dolore e vederla soffrire fino all’ultimo istante della sua vita…è strano poi leggere nella stessa ordinanza che non c’è rischio che l’uomo possa uccide di nuovo perché aveva 36 anni e ora ne ha 65 ed è in astratto una persona diversa».

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Il femminicidio di Ana Cristina Duarte Correia uccisa dal compagno davanti ai figli, nonostante fosse stato applicato il codice rosso, riapre il dibattito sui buchi della legge. Anna Bubba sul Giornale scrive: «Ana Cristina..era anche madre di tre figli, che invece di essere messi sotto protezione sono stati lasciati col padre, autore della strage. Una falla dunque, un bug di sistema enorme, un’esca irresistibile per Ana Cristina come per qualsiasi altra madre degna di questo nome: il pensiero dei figli, appunto». Un’altra contraddizione del Codice rosso è messa in evidenza da un dossier del Cnr pubblicato dal Corriere sui centri per gli uomini violenti: in tutto sono 93, il doppio del 2017, 4174 gli utenti, la concentrazione più alta in Emilia Romagna. Il 45% degli operatori però sono volontari perché non ci sono abbastanza fondi, ma il codice rosso del 2019 introduce l’obbligo di seguire percorsi trattamentali per chi ottiene la sospensione della pena. Sul Manifesto, nell’ editoriale “La violenza del patriarcato morente”. Alberto Leiss si chiede il perché tanto accanimento contro le donne. La domanda si ripete, con tante risposte diverse, nel film “Il popolo delle donne”, di Yuri Ancarani, una lunga intervista alla psicanalista Marina Valcarenghi, autrice di molti testi e operatrice in carcere a Milano con gli uomini violenti. «Le donne sono state negli ultimi decenni protagoniste di una liberazione velocissima –dice -che ha aperto una voragine nel patriarcato».

Il trailer de Il popolo delle donne di Yuri Ancarani.

A proposito di violenza di genere il Corriere dello sport ha dedicato un’intera pagina al fenomeno, diventato virale in Spagna, che vede i calciatori sottoscrivere il “contratto di consenso al rapporto sessuale”. Tre paginette in cui i protagonisti firmano un accordo che di fatto tutela il calciatore da qualsiasi denuncia da parte delle donne anche incontrate casualmente. Il punto più controverso è il sesto: la penetrazione accidentale. Sta alla controparte, cioè alla donna, decidere se si sia trattato di violenza o di un incidente. Da notare il commento dell’autore del pezzo: «Cosa non si fa per amore». Sembra una barzelletta.
 

Highlander

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Sofia Loren intervistata da Natalia Aspesi, due novantenni a confronto, sono la chicca di Repubblica. Loren parla di Cortellesi come di una poetessa e di «Kamala Harris in America e Von der Leyen in Europa» come  «esempi di donne che non solo vivono secondo le loro visioni di progresso e uguaglianza, ma la loro missione è trasformare queste battaglie in realtà per il beneficio di tutte le donne. Sono donne straordinarie». Meloni non pervenuta. Piace invece ad un’altra novantenne, Ornella Vanoni che intervistata dal Corriere demolisce Elly Schlein ed elogia la premier. Tra le  altre protagoniste del nostro star system intervistate segnaliamo Mara Venier che sul Corriere fa sapere che «Mio marito mi lascia libera di voler bene ad Arbore e Calà”, mentre Antonella Clerici su Repubblica parla del suo corpo non conforme che le ha creato problemi nel suo lavoro e il rischio di essere sottovalutata.

Zero

Zero è il numero che ricorre più frequentemente nel nostro conteggio sulle notizie di sport femminile nei giornali generalisti e di settore. Giornate intere in cui lo sport femminile non esiste. E quando c’è per lo più è per raccontare non tanto fatti sportivi ma costume e gossip. Alisha Lehmann, 25 anni, attaccante della nazionale svizzera e Juventus women, intervistata da Repubblica, è anche un influencer che vuole promuovere il calcio femminile: con 27 milioni di follower ogni suo post vale 300mila euro. Una delle sue battaglie è sulla parità retributiva, il compagno Douglas Luiz gioca nella Juventus e «guadagna centomila volte più di me. È una cosa che mi tocca, perché sono una donna. Ovviamente è la strada che dobbiamo percorrere, ma credo che ci vorrà molto tempo». E aggiunge: «La Coppa del mondo femminile è stata probabilmente la quinta manifestazione sportiva più vista al mondo. Pazzesco, è stata più seguita del Super Bowl. Quindi, se ci pensate, è ovvio che dobbiamo avere la stessa retribuzione, almeno in nazionale». La Stampa ha invece intervistato la saltatrice con l’asta Elisa Molidaro  che da ragazzina faceva ginnastica artistica e racconta gli anni di vessazioni su peso e cibo. Poi è diventata troppo alta e ha cambiato sport. Ha querelato un hater che l’ha chiamata culona. Lei si vede culona? Le chiede l’intervistatore: «Non so, con questo culo sono arrivata sesta nella gara (alle olimpiadi ndr) che decide quali sono le migliori in assoluto».

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Questa rassegna è frutto del lavoro di squadra di Barbara Consarino, Gegia Celotti, Paola Rizzi, Luisella Seveso, Maria Luisa Villa, Laura Fasano, Caterina Caparello.

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