Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 17 al 22 novembre)

Una settimana di notizie sui nostri media: come e quanto si parla di donne? E quante sono le donne a scrivere del mondo. GiULiA prosegue con il suo osservatorio sui giornali in ottica di genere

Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 17 al 22 novembre)
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24 Novembre 2025 - 11.49


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Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Il Messaggero, L’Avvenire, Domani, il Fatto quotidiano, Il Sole 24 ore, Qn, La Verità, La Gazzetta dello Sport, Tuttosport, Il Corriere dello sport con uno sguardo al web

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Dal 17 al 22 novembre
Le firme in prima pagina uomini 866, donne 270 
Editoriali commenti analisi: uomini  185 , donne  35
Le interviste: a uomini 251, a donne 71

Allora è possibile. E’ la sensazione che si ricava osservando nel dettaglio i numeri delle firme di questa settimana. La solita fotografia implacabile della disparità, cui siamo abituate, che però ha delle eccezioni. Sulla prima pagina del Sole 24Ore, in alcuni giorni, le firme femminili hanno superato quelle maschili. Il quotidiano economico e La Stampa sono gli unici giornali che hanno istituito la figura del diversity editor, con il compito di promuovere una rappresentazione equa delle diversità nella redazione. E la scelta comincia a riflettersi su una maggior presenza di voci femminili in prima.    

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Il mondo delle donne 

Nella settimana dominata dalla geopolitica, temi sui quali la voce femminile nelle analisi è quasi assente, si sono evidenziate due figure femminili, su fronti opposti. La neo sindaca di Copenhagen Sisse Marie Welling, e la prima ministra dell’Interno britannica di origini pakistane Shabana Mahmood.   Ma partiamo dalle aperture dei principali quotidiani, dedicate alla guerra in Ucraina e al “piano di pace” di Trump. A parte le firme delle corrispondenti da Washington o da Bruxelles o delle inviate a Kiev, sono tutte pagine “al maschile” e non solo per la presenza dei leader, ma anche per gli esperti intervistati (politologi, ex ministri, storici, analisti). Fa eccezione Cinzia Bianco, dell’European Council on Foreign Relations che spiega su Repubblica  il senso della visita di Bin Salman alla Casa Bianca, mentre Maria Laura Rodotà su La Stampa affronta il caso degli insulti sessisti di Trump. “Quiet Piggy” (“zitta. porcellina”) ha detto a Catherine Lucey di Bloomberg che gli aveva fatto una domanda sui file Epstein.  E il giorno dopo la portavoce del presidente Karoline Claire Leavitt, spiega così gli insulti: «Come sapete il Presidente è molto schietto ed è stato rieletto anche per questo».  Dopo che Trump si era dichiarato favorevole alla divulgazione dei file il Corriere dedica una pagina alla manifestazione organizzata fuori dal Congresso con la presenza di tre delle sopravvissute agli abusi di Epstein (tutte adescate da Ghislaine Maxwell quando erano minorenni). E racconta la vicenda di un ex ministro di Clinton Larry Summers (amico di Epstein a cui chiedeva consigli sessuali) che si dimette dalle cariche pubbliche. Ora un movimento guidato dalla senatrice dem Elizabeth Warren vuole che lui lasci anche la docenza (Summers già nel 2006 si dimise dalla presidenza di Harvard dopo aver sostenuto che, a causa di differenze genetiche, le donne sono meno portate per matematica e ingegneria).

 Il Giornale di lunedì apre gli esteri con foto di Shabana Mahmood, prima ministra britannica dell’Interno laburista e di origini pakistane e della sua aggressiva politica anti-migranti. ” Lotta ai migranti missione morale” il titolo. Le sue misure renderanno il Regno Unito una destinazione pochissimo attraente, dove occorreranno anche vent’anni per ottenere la residenza. La ministra ha spiegato che la sua famiglia entrò legalmente nel Regno Unito. 

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Martedì sempre il Giornale dedica un ampio ritratto alla “Mamdani di Copenaghen”, la nuova sindaca della capitale danese di estrema sinistra appena eletta dopo un secolo di dominio socialdemocratico: Sisse Marie Welling è la giovane leader della Sinistra verde e il suo programma elettorale è molto simile a quello del neo sindaco di New York Mamdani.  Sempre in tema di elezioni le attese sono per le presidenziali in Cile di cui parlano Corriere e Repubblica: un ballottaggio molto polarizzato, quello di domenica 23, tra la candidata comunista Jeannette Jara che dovrebbe raccogliere tutto il fronte della sinistra e il leader della destra Jose Augusto Kast. 

La Verità di sabato 22 ospita un articolo in cui si attaccano i think tank di geopolitica che ricevono finanziamenti dalla Ue e in particolare l’Istituto di Affari internazionali diretto da Nathalie Tocci: secondo l’articolista, che cita il report di un giornalista indipendente, lei  non può essere considerata imparziale su Russia, Ucraina e Ue dal momento che è al soldo della Ue e quindi anche della Nato. La definisce “La signora Tocci”, per sminuirne la professionalità, eliminando le sue qualifiche e il suo ruolo.          

Violenza di genere e il Dna di Nordio

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  La nuova indagine Istat sulla violenza di genere parla di 6,4 milioni di donne, tra i 16 e i 75 anni, che hanno subito abusi nella loro vita, una su tre. Numeri impressionanti che nessun giornale ignora. E l’allarme riguarda le più giovani, dai 16 ai 24 anni: gli abusi sono passati dal 18 per cento del 2014 al 31 del 2015. Il Messaggero mette in rilievo che solo il 6,9 per cento delle violenze ha come protagonisti sconosciuti. Per Linda Laura Sabbadini su Repubblica è la «conferma della natura strutturale della violenza di genere. C’è una maggiore consapevolezza da parte delle giovani, che reagiscono, e un peggioramento del comportamento dei giovani maschi».  Il ministro Nordio dà la sua spiegazione: «La colpa è della genetica maschile che resiste alla parità. Occorre reprimere, punire e educare». Possibilmente in famiglia. E la ministra Roccella lo sostiene nel ribadire il no all’educazione affettiva a scuola: «Nel Nord Europa dove si fa lezione di sesso, i reati non diminuiscono». Contro i ministri un coro di proteste e indignazione. Da “parole aberranti”, di Michela Di Biase, Pd, a “Benvenuti nel medioevo”, del verde Bonelli. Anche le associazioni insorgono. Action Aid, su Domani, spiega per l’ennesima volta che il paradosso nordico è dovuto all’alto tasso di denunce, conseguenza di maggiore consapevolezza. Sul Corriere il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia si rivolge direttamente a Roccella: «Se il problema sono le parole, chiamatela educazione alle relazioni. E’ una buona cosa insegnare ai quattordicenni che toccare una ragazza senza il suo consenso è reato». Su una cosa il parlamento è unanime: il mancato consenso al rapporto sessuale è stupro. Questa volta è legge. Ancora Fabio Roia: «Consiglio agli uomini, se avessero dei dubbi, di astenersi». Una scelta di civiltà, il commento generale (ma per la Verità è una legge basata sul femminismo rabbioso).  

Arriva la sentenza dell’ergastolo a Giampiero Gualandi, 65 anni, ex comandante dei vigili ad Anzola, Bologna: uccise la vigile Sofia Stefani, 33 anni. Si legge che la donna era stata manipolata in una relazione di potere. La madre di Sofia Stefani , in una bella  intervista al  Corriere, sottolinea come durante il processo la dignità di sua figlia non sia stata sempre rispettata, e che questa vicenda «contiene tutte le disumanizzazioni della nostra società».  Ergastolo anche per Giandavide De Pau che nel 22 uccise tre donne in poche ore. Già ai tempi nella nostra rassegna notammo che si titolava sulle escort, una brutta abitudine per sminuire il valore della vita di una donna. E ancora sul Giornale si scrive di prostitute.  

Gli orfani di femminicidi sono al centro di un progetto di legge di Mara Carfagna, Noi Moderati, di cui parla Domani, per la creazione di un registro nazionale in modo da avviare per loro tutele efficaci e accessibili.  A proposito di patriarcato: a Roma apre il Mupa, museo dei patriarcato, per lasciare traccia di stereotipi e prevaricazioni. Sulla Verità la notizia che dietro il sito Mia moglie ci fosse anche una donna che ora è indagata, è occasione per un commento che non stupisce: «Se il patriarcato molesto è organizzato da una donna è matriarcato? O è sordido collaborazionismo?»

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 Il cinema continua ad essere un buon alleato contro la violenza. La storia di Giulia Cecchettin diventerà un film, Se domani non torno. E anche la vicenda dell’economista Nevenka Fernandez, prima donna europea a denunciare per molestie un politico, il sindaco di Ponferrada  Ismael Alvarez, sarà sul grande schermo. La Stampa la intervista e lei ammette che ci sono sequenze del film che non è riuscita a guardare a distanza di 24 anni. 

I bambini in mezzo 

La vicenda dei tre bambini tolti alla famiglia, perché i genitori hanno scelto la vita nel bosco in Abruzzo, senza acqua, luce e senza  scuola, suscita diverse reazioni. Molti giornali adottano una linea di equilibrio. Il governo fa inviare ispettori da Nordio. Giornale e Messaggero tengono la notizia in prima.  Sul Fatto Massimo Fini difende la famiglia e si domanda fino a che punto lo Stato può introdursi nelle scelte private. Anche La Verità si schiera e parla di “radicalismo da upperclass”. Marina Terragni , garante per l’infanzia, esprime molti dubbi sulla decisione del giudice.   Sul Corriere un lungo intervento di Susanna Tamaro sui casi dei due bambini uccisi dalle loro madri.  Tamaro riflette sul “girone infernale” che sono diventati i casi di separazione e affido e sulla fragilità delle famiglie. Elogia la famiglia tradizionale che nonostante i difetti era un’ancora di salvezza e sottolinea l’eccessiva facilità con cui i padri vengono allontanati: «Infanticidi evitabili, bastava ascoltare i bambini».    

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La Stampa del 20 novembre ospita un vasto dossier sull’ infanzia rubata:  520 milioni di minori in zone di guerra, aumento delle violazioni nei loro confronti del 373% in 15 anni, 78 bambini ogni giorno subiscono gravi violazioni in zone di guerra. 

Il linguaggio di Meloni e quello dell’informazione

Tra le giornaliste che commentano la politica interna c’è Annalisa Cuzzocrea sull'”Attacco al Quirinale”, Repubblica del 19 novembre. Dopo l’affaire Bignami, Cuzzocrea parla di divisioni interne e si chiede: «Dove sta la premier? Con Crosetto o con Bignami?»  Nell’editoriale di Domani, il 22, Vitalba Azzolini parla della presidente e della sua «allergia ai contropoteri», tutti sono visti come parte di un complotto contro l’unico organismo eletto dal popolo, il suo governo.  Il Fatto intervista l’antropologo Marino Niola sui linguaggi della politica ieri e oggi. Niola osserva che Meloni è talentuosa nella comunicazione, molto diretta, e che a volte “sembra di stare a Drive in”.  A proposito di linguaggio, essere un leader o una leader fa una (non) bella differenza. il Corriere sceglie di chiamare per nome la presidente del Consiglio e la segretaria del Pd, nel titolo  “Giorgia, Elly e la legge elettorale”. Davvero inimmaginabile se si fosse trattato di due uomini.    

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Kessler e la legge sul fine vita

Sul suicidio assistito delle gemelle Kessler, morte a 89 anni nella loro casa in Baviera, i giornali hanno investito decine di pagine per più giorni.  Il generale affetto per due artiste libere, la scoperta di una infanzia segnata dalla violenza del padre, la vita generosa e  l’apprezzamento per il loro talento (non solo per le gambe), hanno avuto il merito anche di accendere anche il dibattito sulla mancanza di una legge sul fine vita in Italia. La scrittrice Chiara Rapaccini, compagna del regista Monicelli, che nel 2010 a 91 anni si lanciò dalla finestra di un ospedale, da anni si batte per una legge e ribadisce che Monicelli «non era affatto depresso, come dissero. Era lucidissimo e fece una scelta libera». Il Giornale, intervista il teologo e tanatologo Guidalberto Bormolini che riguardo alle Kessler invita a «non dare una interpretazione troppo romantica della loro scelta, viviamo in un’epoca di emulazione».  La Verità si spinge oltre e, mercoledì 19, Mario Giordano scrive che «Le Kessler sono diventate uno spot del suicidio» e che l’eutanasia delle gemelle (che poi eutanasia non è) è definita come qualcosa di moderno, quasi una festa della morte. E critica persino le pagine di Avvenire.

 Il suicidio assistito delle gemelle Kessler in Germania è l’occasione per spiegare la legge tedesca. La responsabile dell’associazione cui si sono rivolte le artiste commenta su Repubblica: «Ora i tedeschi sanno che non c’è bisogno di andare in Svizzera per morire con dignità».

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Ma l’Italia piange un’altra donna libera, Ornella Vanoni, che si è spenta nella sua casa milanese a 91 anni venerdì. Il Corriere e QN riescono a darne notizia sabato. Si annuncia il lutto cittadino a Milano, la camera ardente al Piccolo Teatro  e in tanti ricordano il suo carattere indipendente, la libertà di sperimentarsi in ogni forma musicale, l’indimenticabile ironia. Aldo Cazzullo la definisce «una diva moderna e generosa, che non si ritirò mai». Una cosa la accomuna alle Kessler. Anche lei aveva predisposto qualcosa: la musica dell’amico Paolo Fresu al suo funerale.

 Nuove  famiglie e il baratro salariale delle donne  

Il  Messaggero del 17 novembre dedica una pagina, a cura di Vittorio Sabadin, al nuovo fenomeno delle famiglie formate da donne single che vanno a vivere insieme per gestire meglio i figli, dividendo anche le spese. Per ora questo avviene solo in Cina e sarebbero i social  a convogliare la domanda  di tante mamme divorziate. Secondo il  servizio sono 30 milioni le madri  single cinesi che devono superare non  poche difficoltà, tra pregiudizi e costi insostenibili. In Italia, secondo Save the children, le madri single  sono 3,8 milioni, +  44 % dal 2010, le coppie con figli diminuiscono ma i divorzi in quelle con  bambini in compenso aumentano. Anche con l’affidamento congiunto, 85,5 % dei casi, i bambini  passano più temp con le  madri e questo comporta una vita al  limite della povertà. La soluzione cinese potrebbe funzionare anche in Italia?  La domanda resta sospesa in questa pagina dove troviamo anche un’intervista a una donna, Margherita, 62 anni, che vive nel cohousing Tetti Rossi nel cuore di  Trastevere, a Roma, una struttura aperta nel marzo scorso all’interno della Casa Internazionale delle Donne. Margherita è la  più anziana fra le inquiline che sono in  maggioranza studentesse o lavoratrici  precarie, spesso reduci da esperienze di  violenza fisica o economica. Per entrare in  quelle stanze bisogna condividere alcuni  punti: niente violenza, niente urla, pulizie a  turno. Ma quando c’è bisogno di aiuto, non si è mai sole. 

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Sul Sole 24 ore si parla di altre famiglie italiane, quelle  tradizionali, dove però il 63% dei  figli sotto i 35 anni vive ancora in casa.  A frenare l’autonomia sono, soprattutto, le difficoltà nel  trovare un lavoro soddisfacente. L’indagine  plus 2024 dell’Inapp (Istituto nazionale per  l’analisi delle politiche pubbliche) su un campione di 45 mila persone, evidenzia che i giovani tra i 18 e i 29 anni, alla ricerca di un’occupazione, ha  dichiarato nel 34 % dei casi di non  aver trovato occasioni di lavoro, nel 35% che le  offerte trovate erano insoddisfacenti. Pesa per il 76,4% la proposta di uno stipendio inadeguato . In questo quadro, si allontana anche la scelta di diventare genitori. 

Sul Sole del 20 novembre troviamo invece una fotografia dell’occupazione femminile.  Sebbene le ragazze siano più brillanti e con migliori risultati negli studi Stem, l’istantanea  scattata dal Focus Gender Gap 2025 di  AlmaLaurea rivela che il divario di genere nel lavoro,  in termini retributivi  e di stabilità, è ancora forte e  strutturale. L’Indagine sul Profilo dei laureati evidenzia come la componente  femminile sia ancora minoritaria nei  percorsi Stem, dove rappresenta il  41,4% del totale.

Molto  più elevato tra i laureati Stem il gender pay  gap del 12,6%: 1.798 euro mensili per le  donne contro 2.025 euro per gli uomini.  Tra le proposte per colmare il gender pay gap è indispensabile garantire trasparenza sui dati retributivi disaggregati per genere, ruolo e settore.  Per contrastare la cosiddetta motherhood  penalty, la penalizzazione per le mamme  che tornano a lavorare, servono politiche di welfare e una reale  condivisione delle responsabilità familiari.  Altro settore che mostra i limiti  dell’occupazione femminile è quello delle  start up dove le donne sono solo il 9%, però molto più istruite degli uomini.

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 Sulla Stampa del 17 novembre l’editoriale  di Chiara Saraceno “Italia e gender gap: il  baratro dei salari” ricorda che a dispetto di tre donne ai vertici, Meloni, Schlein e  Daniela Fumarola segretaria Cisl, l’talia continua a non brillare per parità di genere.  Nel 2024 il nostro paese si colloca  all’85° posto su 148 paesi, e  l’indice complessivo di chiusura del gender gap è peggiorato, dal 72 per cento del 2022  al 70,4 del 2024.

Partecipazione economica e opportunità  per le donne nell’ Unione europea: siamo al 39° e ultimo posto. Solo nella presenza di donne nei consigli di amministrazione,  grazie alla legge Golfo Mosca siamo tra i più virtuosi in Europa. Ma solo nel 16% dei casi le donne hanno ruoli  decisionali. Solo il 2,3% sono le Ad e il 3,6  presidenti di Cda. E anche qui persiste il gap salariale .Entro il prossimo  giugno dovrebbe essere recepita la Direttiva  Ue sulla trasparenza retributiva. Ma come  ci informa  Qn, non tutti i direttori delle risorse umane  si dichiarano favorevoli.

Infine, in queste settimane dedicate alla Manovra, molto si è parlato di classe media. Prende spunto sulla Repubblica di lunedì scorso Concita De Gregorio che prende le difese delle insegnanti. «Le  professoresse democratiche sono quelle che  non solo educano i nostri figli, ma ancora  leggono i giornali e vanno a teatro. Si  potrebbe considerare una forma di  resistenza non armata. Una disubbidienza  al principio che la conoscenza è un  privilegio di casta, ma gli insegnanti sono  poveri, e con loro tutta la classe media. Non si cura e deve chiedere un prestito per aggiustare l’auto. Come mai, mi chiedo, non ci occupiamo di questo, senza altre distrazioni?».      

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 Atlete invisibili, ma la pubblicità scopre Paolini 

  Forse bisognerà dotarsi d’ora in poi di una lente di ingrandimento per scorgere lo sport declinato al femminile fra le pagine dedicate da giornali generalisti e  specializzati.  Perché anche questa settimana, come testimoniamo da anni, alle imprese delle nostre ragazze restano sempre e solo le briciole. Continua infatti inesorabile la disattenzione costante verso le protagoniste e questo trend non accenna a modificarsi neppure di fronte alla nomina (prima volta nella storia) di una donna, Arianna Ravelli, alla vicedirezione della Gazzetta dello sport. Una nomina che abbiamo accolto con favore augurandoci che possa portare in futuro i cambiamenti auspicati. Il presente intanto ci parla di giorni (quasi tutti) in cui registriamo un desolante zero sotto il capitolo sport&donne e di altri in cui si riescono con fatica a scorgere brevi dedicate al volley e a qualche protagonista femminile (la ciclista Elisa Longo Borghini o le ragazze della Juve di calcio). Nulla rispetto alla valangata di pagine che (giustamente, per carità) sono state dedicate questa settimana al trionfo di Sinner alle Finals di Torino, all’epica finale di Coppa Davis conquistata da Flavio Cobolli o alla brutta figura rimediata dalla nazionale di calcio contro la Norvegia.  

Allora sorge spontanea una domanda scontata ma necessaria: è “colpa” dei giornali che non raccontano le donne oppure sono i lettori che non apprezzano le imprese sportive al femminile? In attesa di rispondere a questa domanda (sempre che sia possibile) accontentiamoci dei rimasugli come l’intervista a Maya Weug (prima donna della scuderia Ferrari) sul Corriere della Sera che questo fine settimana si gioca il titolo dell’Academy,  il campionato femminile organizzato dalla F1 e che riguardo alla possibilità di vedere un giorno una donna correre in F1 non ha dubbi: e’ solo una questione di tempo, forse solo due anni. O la chiacchierata con Carlotta Cambi giocatrice dell’Igor volley Novara che sul Corriere dello sport si immagina in futuro insegnante di sostegno (come dire, oltre lo sport c’e’ di più). Su Domani da rimarcare l’analisi di un fiasco, quello di Sky sports Halo, canale Tik Tok dedicato alle fans femminili chiuso in una settimana. Niente di questo nuovo lancio e’ piaciuto: meme pensati per collegare lo sport ad un mondo femminile stereotipato, principesco e bambinesco, tutto rosa, zeppi di bias, inutile.

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Ma lo stesso Domani ci racconta anche la testimonianza di una calciatrice brasiliana, Ana Clara Ferreira, nata in una favela di Rio dove e’ impegnata nel progetto Scub, Street Child United Brazil che crea spazi di sport e gioco per i ragazzi delle zone più a rischio criminalità. «Il calcio – dice – mi ha salvato e mi ha aperto le porte di luoghi dove non avrei potuto entrare. Spero che sia una porta per un futuro migliore anche per questi bambini».  A parlare sul Corriere della sera e’ anche Ninna Quario ex campionessa di sci, mamma di Federica Brignone che vorrebbe che sua figlia smettesse: «Ha già vinto tutto e ha rischiato di perdere una gamba». C’e’ anche (ma francamente ne avremmo fatto a meno) sul Fatto nella rubrica “Solo posti in piedi” di Paolo Ziliani un’intervista a Cristiano Ronaldo che a proposito della sua compagna Giorgina che presto sposerà dice che a parte le sue qualità e un bel fisico e’ da ammirare perché si prende cura della casa che richiede tanto tempo che gli uomini non hanno. Un bel ritrattino da angelo del focolare. 

 In questo quadro desolante una nota di merito va a Tuttosport che sabato 22 novembre ha dedicato ben 12 pagine allo sport femminile con in prima un editoriale di Kirsty Coventry presidente del Cio. «Quando le donne crescono – dice – cresce tutta la società». Nello speciale interviste alla nuotatrice Federica Pellegrini, alla calciatrice Elena Linari, all’arbitra Maria Sole Ferrieri Caputo, alla schermitrice Diana Bianchedi, alla lunghista Larissa Iapichino, alla ciclista Elisa Longo Borghini, alla pugile Noutcho Sara e all’allenatrice Tatiana Garbin.  Per tutte c’e un minimo comune denominatore: le difficoltà che durante la loro carriera hanno dovuto superare per imporsi in un ambiente tradizionalmente maschile.  

Infine una sottolineatura a margine positiva: se i giornali continuano a non accorgersi delle donne sportive almeno lo fa la pubblicità. In questi ultimi giorni sono passati in TV spot che vedono le atlete (Jasmine Paolini, Carolina Kostner) finalmente protagoniste. Chissà se è un segno che qualcosa stia cambiando…          

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Questa rassegna è frutto del lavoro di squadra di Barbara Consarino, Paola Rizzi, Luisella Seveso, Maria Luisa Villa, Laura Fasano, Caterina Caparello, Elisa Messina.

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