Chi di noi non ha giocato a girotondo? È un gioco aperto, accogliente, divertente.
O almeno così dovrebbe essere. Andiamo tutti giù per terra ma poi ci rialziamo.
A volte qualcosa va storto, nella tenera età e anche nell’adolescenza si può essere crudeli e l’esclusione diventa totale, ma si può continuare a insegnare alle bimbe e ai bimbi che nessun@ deve essere lasciato per terra. È questo l’intento di un bellissimo libro Giro Girotondo, appena pubblicato da Settenove (2019, pp 48, 14,50 €) con il patrocino di Amnesty International, rivolto ai bambini e alle bambine dai tre anni in su, scritto e ideato da Cristina Obber e illustrato da Silvia Vinciguerra, per sensibilizzare sul tema del bullismo.
Abbiamo incontrato le autrici alla presentazione al Senato della Repubblica, alla quale hanno partecipato anche i familiari di adolescenti che non hanno avuto la forza di reagire.
“L’idea del libro è nata dopo l’ennesimo caso di suicidio di un adolescente; si trattava di Michele Ruffino che si è tolto la vita dopo aver subito angherie di tutti i tipi dai compagni che lo schernivano per la sua disabilità alle gambe – spiega Cristina Obber, giornalista e formatrice su stereotipi e violenza di genere – Quando parliamo di violenza, perchè il bullismo è violenza, dimentichiamo quanto importante sia agire in un’ottica di prevenzione. L’educazione alla relazione rispettosa, se inizia quando si è piccoli, ti accompagna per tutta la vita. E la prima fonte di educazione è l’esempio. Ho pensato dunque a Michele, che poi Silvia Vinciguerra ha trasformato in una tartaruga, e ho deciso di proporre un girotondo che fosse un modello positivo di relazione-reazione. Se Michele cade e gli amici lo aiutano a rialzarsi, sono più felici anche loro”.
Il progetto si è sviluppato con un lavoro autonomo delle due autrici, prima Cristina scrive e solo dopo Silvia illustra, non hanno contatti fra loro eppure il risultato di armonia è tangibile o come aggiunge Obber
“È incredibile come Silvia sappia tradurre in immagini i miei pensieri”. Racconta Vinciguerra: “Ho letto gli articoli riguardanti i bambini e i ragazzi coinvolti (sono tutte storie vere) per entrare nel merito della questione, capire la portata del problema e trovare il giusto linguaggio grafico nel trattare un tema così delicato. Lavoro autonomamente nei disegni, producendo varie prove e schizzi per studiare i personaggi: da queste storie sono nate varie immagini nella mia mente, che in seguito hanno affollato i fogli. C’è voluto un po’ di tempo per scegliere quali “volti” dare ai nomi e quali animali potessero raccontare meglio il carattere dei vari bambini/e.”Il libro è molto arioso, “mi piace usare colori brillanti e linee chiare per creare personaggi espressivi e dinamici, in movimento, che trasmettano calore a chi legge e che invitino a sentirsi parte di loro – aggiunge Vinciguerra – Soprattutto i colori sono un invito a giocare con i personaggi del libro. Mi sembrava un buon apporto al testo di Cristina che racconta con delicata semplicità questo sentimento di condivisione e allegria”.
Cristina sei da sempre attenta a certe tematiche, secondo te quale è la reale portata del bullismo in Italia?
Per ogni caso di bullismo che arriva alle cronache, ci sono centinaia di ragazzi e ragazze, anche bambini e bambine, che soffrono quotidianamente nel silenzio. Sin dalla primaria l’uso precoce della tecnologia fa scendere la soglia in cui, soprattutto nelle chat whatsapp, si manifesta anche il cyber-bullismo, che generalmente amplifica una violenza quotidiana già in essere. Il clima sociale rabbioso, la violenza e la volgarità del linguaggio pubblico che attraverso la televisione entra in tutte le case, offrono modelli comportamentali negativi che fanno aumentare di anno in anno il fenomeno. Ma il bullismo è lo specchio di come siamo noi adulti. Bisogna riscoprire parole come rispetto, limite e responsabilità. Come ha ricordato la senatrice Fedeli all’incontro di presentazione del libro in Senato, la prevenzione dovrebbe rientrare nella proposta educativa sin dalla scuola dell’infanzia, perchè già a quell’età iniziano le prime manifestazioni di discriminazione. I primi comportamenti aggressivi non devono mai essere minimizzati, per non normalizzarli.
Silvia, cosa significa “disegnare” la violenza, come si traduce in linee e colori?
Più che “disegnare” la violenza si è trattato di disegnare un’alternativa alla violenza. Mentre il bullismo trascina in una condizione di avvilimento, mostrare la gioia e la spensieratezza di giocare tutti insieme è il quadro che volevo ricreare per trasmettere la naturalità dello stare insieme senza badare alle differenze. È ovvio che le differenze esistono, è umano che ogni bimbo/a o ogni persona sia diverso l’uno dall’altra, ma quello che mi è piaciuto del testo di Cristina è appunto la spontaneità di questa condivisione: un girotondo non funziona se uno degli elementi viene a mancare. Le peculiarità di ognuno sono una ricchezza allo stesso modo dei diversi colori in un disegno. Per questo ho scelto animali anche molto differenti tra loro, a cui però nessuno vieta di convivere liberamente, nel rispetto di tutti.
Cristina, cosa significa scrivere per la fascia di età delle più piccole/i, che approccio metti in campo rispetto alla scrittura per adulti?
Dopo tanti anni come formatrice nelle scuole medie e superiori di tutta Italia per parlare di stereotipi e violenza di genere mi sono detta ‘bisogna arrivare prima, bisogna offrire immaginari di libertà e felicità in cui riconoscersi crescendo, perché ciò che apprendiamo nei primi anni di vita, anche sul piano valoriale, ci accompagna tutta la vita. Rispetto ai libri precedenti il lavoro è molto diverso, ogni singola frase va sezionata per valutare un nome, un aggettivo, un punto esclamativo. Per questo ho scelto la casa editrice Settenove che si occupa di prevenzione della discriminazione anche attraverso la letteratura per bambini e bambine molto piccoli.
Silvia invece per te non è il primo lavoro di illustrazioni per bimb@ che fai, si sceglie di disegnare per le nuove generazioni o in qualche modo c’è una sorta di “vocazione”?
Non è il primo lavoro per bambine e bambini che faccio, è vero, prima c’era già stato appunto W i nonni!, il primo libro della serie “Giorgia e Giorgio”, sempre edito da Settenove; in precedenza avevo pubblicato la mia prima tesi di laurea, che raccontava un classico della letteratura a bambine e bambini un po’ più grandi. Per me non è stata una “vocazione”, ma la scoperta di un linguaggio attraverso il quale trasmettere pensieri e immaginari a me cari. Fare libri per bambini è un’occasione per proporre una visione diversa da quello che a volte sono la violenza e la volgarità della realtà. L’educazione è la lotta più importante che aspetta chi desidera tempi migliori, e un gioco in cui nessuno è lasciato indietro è il riscatto migliore in risposta all’odio e all’aggressività.