E tu, di che tacco sei? Le ministre e la stampa

Che scarpe portano i ministri del governo Monti? Nessuno ne ha scritto: troppe scarpe di maschio nella classe dirigente. Parola di Censis. [Donatella Smoljko]

E tu, di che tacco sei? Le ministre e la stampa
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3 Dicembre 2011 - 15.42


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Siamo un paese fragile, scrive il Censis nell’ultima indagine. La crisi ci toglie il fiato. L’uccupazione stenta e naturalmente sono soprattutto i giovani a farne le spese. E le donne, aggiungerei. Come soggetto debole e discriminato che paga naturalmente un prezzo alto. Altissimo. Aggravato tanto più da una crisi senza precedenti, dal dopoguerra.

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L’indagine non se ne occupa specificamente ma noi penso si possa tranquillamente dire che storicamente ci sono i giovani e le donne a pagare i prezzi più alti di un paese arretrato. E forse, come stanno le donne, quelle vere non presentate dai media tocca a noi giornaliste, tentare di raccontarlo. Rompendo un ormai asfittico modello comunicativo condizionato in parte anche da un format televisivo dell’era Berlusconi.

L’unico dato del Censis che ho trovato che ci menziona dice che “la classe dirigenziale, quindi i vertici decisionali sono scesi da 553 mila a 450 mila. E sono sempre quasi soltanto uomini. Pochissime donne”.

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Si puo’ partire da qui per scorrere brevemente i titoli che hanno accompagnato l’incarico, nel governo Monti, a tre donne. Tre ministre. E nei posti chiave: interno, giustizia e welfare. Scelte solo per competenza riconosciuta e serieta’. Cosa che sorprende i media italiani, a pochi giorni dalla caduta del governo Berlusconi.

Evento che da’ il titolo a giornali radio e telegiornali della sera. E ai quotidiani il giorno dopo. “Tre donne nel governo Monti. Personalità femminili, non pasionarie” scrive il Corriere della sera. Che spiega: “professioniste di tutto rispetto. Classe dirigente. Si potrebbe dire donne di potere che hanno molto studiato e faticato, che hanno un curriculum eccellente nel loro settore e che la loro carriera l’hanno fortemente voluta e sudata. Sono anche mamme e nonne, e dunque non hanno rinunciato alla propria vita personale”.

La collega Gianna Fregonara che scrive il pezzo giustamente sottolinea la fatica dietro il riconoscimento. Segno di grande arretratezza del bel paese. Donna, mamma, nonna e poi, addirittura ministra. Un evento.

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“Tra i 17 ministri anche la donna piu’ ricca d’Italia” scrive Franco Bechis su Libero. Ce l’ha con Paola Severino, ministra della giustizia. Curioso commento, per un giornale berlusconiano, no? Visto che ricchezza e immagine e tutto quel che ne consegue, hanno affascinato per anni non solo il paese vero, ma anche politici, giornalisti e la classe dirigente del nostro paese.

Decisamente british la Padania, il giornale della lega: “Arriva il governo dei banchieri” il titolo. Segue scheda asciutta, della biografia dei ministri. “Hanno le perle in comune le tre donne del governo Monti” e’ l’incipit della collega Milella su repubblica, ma è l’unica nota di colore del suo articolo, sostanziato di dati utili e concreti.

“Signore in tailleur e tacchi bassi” si legge nel sommario che lancia il bell’articolo del collega Mario Ajello sul Messaggero. Come saranno le scarpe calzate dagli altri ministri maschi, non ci è dato, naturalmente, di sapere. Mi colpisce, decisamente, il commento della collega Lucetta Scaraffia, giornalista ma anche filosofa. “La scelta di queste tre eccellenti professioniste smentisce che in politica, nel nostro paese, ci sia un soffitto di cristallo che emargina le donne”. Pensereste a un commento ironico? E invece, serissimamente spiega:”Forse dobbiamo invece pensare che sono mancate donne così brave impegnate in politica. Perché emergessero figure capaci di occupare ministeri così importanti bisognava uscire dall’ambito dei partiti e guardare alla società civile. Significa che sono davvero poche le donne che hanno voglia di impegnarsi in politica, perché il modo in cui si fa politica in Italia alle donne non piace”.

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Quest’ultima affermazione è senz’altro vera. Ma cosa vuole dire la filosofa Lucetta: che tutte le donne in parlamento o a vari livelli impegnate attivamente in politica sono tutte da scartare? E allora anche un premier potremmo trovarlo, a sorpresa, dietro l’angolo, magari in un bar a bersi un caffé.

Di antipolitica a buon mercato ne abbiamo abbastanza, dopo diciassette anni di populismo berlusconiano. La scommessa, e il lavoro vero, di noi donne, è anche dentro i partiti, i sindacati,le associazioni. Insomma, nelle diverse forme di partecipazione democratica. Per rinnovare la politica e offrire un modello di tempi e valori diversi. Per tutti. E dunque anche per gli uomini. Che occupano tutto lo spazio delle istutuzioni.

Basti pensare che l’Italia è al 54esimo posto nella classifica mondiale delle nazioni con la più alta rappresentanza parlamentare femminile: a pari merito con la Cina, dietro Eritrea e Uzbekistan. Meglio non pensare alle cronache rosa, gossip e intercettazioni pubblicate, veramente deprimenti, che hanno occupato i media negli anni delle feste ad Arcore. Ricordiamole certo ma giriamo pagina. E in fretta. C’è tutto da ricostruire. Se pensate che questo è il paese in cui su un giornale, Libero, c’è chi apre il dibattito sulla natalità con un titolo così: togliete i libri alle donne e torneranno a fare figli. Firmato Camillo Langone. Un raffinato intellettuale, immagino.

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“Toglieteli agli uomini, ironizza la presidente della Commissione giustizia della Camera, Giulia Bongiorno. Così si occuperanno, forse, anche dei bambini”.

E magari anche di altro aggiungerei. Scoprirebbero, spero, che il lavoro di cura dei propri figli, dei genitori e di chi si vuole, a volte puo’ avere un grande valore. “La grande svolta – dice ancora la Bongiorno – ci sarà quando riusciremo ad avere un premier donna. Allora forse, improvvisamente una svolta culturale e politica ci sarà”.

Difficile che una svolta di questo livello possa essere improvvisa, ma come abbiamo visto negli ultimi giorni, nella politica italiana, a volte succede. Succede che una sorta di cappa mortifera sull’Italia improvvisamente si dissolva. E allora tornano aria e sole. Nel paese dove “solo un italiano su quattro dichiara di aver fiducia nel Parlamento o nel Governo” scrive ancora il Censis, c’è un vuoto enorme da colmare. Occorre impegno e fatica, ancora una volta, per ricostruire un paese che sicuramente non è per donne. Ma neanche per chi non vuole cedere al disincanto. Tutti. Uomini compresi.

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