Dicesi mignotta. E io mi indigno...

Non è solo questione di linguaggio: è un approccio culturale. Le parole forgiano i pensieri e i concetti, fin da bambine, in famiglia, a scuola. [Adriana Terzo]

Dicesi mignotta. E io  mi indigno...
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16 Dicembre 2011 - 00.37


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Circola una storiella in questi giorni che dice pressappoco così: un uomo che fa il massaggiatore: kinesiterapista; una donna che fa la massaggiatrice: [b]mignotta[/b]. Un accompagnatore: pianista che suona la base musicale; accompagnatrice: escort. Un professionista: uno che conosce bene il suo lavoro; una professionista: puttana. Mi fermo qui ma la lista dei ruoli in cui la versione al femminile degrada in un immaginario ben consolidato dove la donna è aggettivata al peggio, è lunghissima. Ora, quante di noi si sono sentite appellate, almeno una volta nella vita, con attributi simili a quello sopracitato? Naturalmente, senza aver mai esercitato a professione

Mio figlio, 24 anni, l’altro giorno: c’è una ragazza del nostro gruppo che se la spassa un po’ con tutti, sì insomma, una mignottella. Tamponamento per la strada: energumeno molto incazzato per la sua Rover ammaccata contro una giovane disattenta in abiti estivi: “Invece che andà in giro come una zoccola, guarda come cazzo guidi!”. Una mia amica, docente universitaria un po’ livorosa: è arrivata una ricercatrice l’altro giorno, che ti devo dire? Tutta truccata, sì insomma, con una faccia proprio da troia!”.

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Un linguaggio diffuso – e un po” volgare – cui nessuno ormai fa più caso. Eppure io sono convinta che questo linguaggio meriti più di una riflessione. Perché le parole forgiano il pensiero e i concetti. Fin da bambine, in famiglia, a scuola. Questo reiterato sistema di affibbiare alle donne, qualunque cosa facciano, l’appellativo mignotta, è sicuramente una scorciatoia ma anche il riflesso di come esse vengono considerate, a qualunque latitudine. Dunque, se rispetti certi poteri forti e ne consegui il consenso (la chiesa, la borghesia, la cultura maschile), allora va tutto bene. Se invece decidi di uscire da queste gabbie, il minimo che ti può capitare è sentirti gridare dietro puttana. Eppure, la definizione della parola è precisa: concedersi abitualmente ad incontri di sesso per denaro. C’è un prezzo pattuito in cambio di una prestazione sessuale. Come mai, invece, ad ogni piè sospinto – se sei vestita in un certo modo invece che in un altro, se ammicchi con lo sguardo e non lo abbassi, se hai un comportamento non conforme agli usi e costumi dei benpensanti – le donne vengono sminuite e svalorizzate con termini come sgualdrina, donnaccia, battona e delizie affini?

Premesso che, per me, le prostitute andrebbero sacralizzate dagli uomini per il fondamentale ruolo che svolgono nei loro confronti, ci possiamo chiedere se questo reiterato modo di squalificare le donne cui bambine e bambini sono sottoposti fin dalla loro più giovane età, non crei quell’humus fertile per la violenza contro le donne. Del genere: siccome non vali niente, siccome in fondo anche tu (come tutte) sei una mignotta, siccome non ti riconosco come persona ma solo come merce in vendita, ti violento. E’ una estremizzazione, certamente, ma non così lontana probabilmente da ciò che deve esserci nella testa dei violentatori.

Chiedere a tutti, dunque, di usare le parole nel loro giusto contesto non è solo una questione di linguaggio. Diventa un imperativo culturale. A mio figlio ho spiegato che quella ragazza voleva solo divertirsi, che è nel suo diritto. Puoi non condividere il suo comportamento, puoi anche giudicarlo sconveniente. Ma quella ragazza non è una mignotta. Perché chi ha deciso di prostituirsi o ne è stata costretta, si chiama prostituta o sexworker. E allora, se tutti noi, uomini ma anche donne, ci indignassimo nell”udire quella parola in un contesto sbagliato o nel leggerla a sproposito su un giornale, forse potremo consegnare alle nuove generazioni un mondo più giusto e più rispettoso di tutte/i. Io lo faccio, spesso. A costo di litigare a cena, regolarmente, con i miei amici. E, purtroppo, anche con le mie amiche.

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Nb. Solo in questo articolo si contano otto insulti o epiteti volgari e violenti riferiti alle donne, per il semplice fatto che si comportano come donne libere di scegliere la conduzione della propria vita. Come mai nei confronti degli uomini non cӏ lo stesso atteggiamento e men mai parole che li definiscano con gli stessi stereotipi e pregiudizi?

[Adriana Terzo]

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