Il sessismo resta sbarrato dietro le porte di casa

'Commenti violenti e offensivi ai post sull''assassinio di Stefania Noce. E'' successo anche a GiULiA, e siamo state costrette a cancellarli. Ma perché accade? [Lea Melandri]
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Il sessismo resta sbarrato dietro le porte di casa
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Redazione Modifica articolo

3 Gennaio 2012 - 18.08


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Anche GiULiA ha sperimentato la censura: abbiamo dovuto cancellare alcuni commenti particolarmente violenti e offensivi in calce all”articolo di Luisa Betti “E lei dischiuse la porta al suo assassino”, sul femicidio di Stefania Noce. Commenti violenti e offensivi che si sono ripetuti su diversi siti e blog che hanno trattato il caso. Lea Melandri, in questa lettera, riporta noi giornaliste alle nostre responsabilità.

Care amiche,

    leggo i commenti  che sono arrivati finora al mio post su Stefania Noce (Blog 27esima ora -31.12.2011), ma anche ad altri siti che ho visto su internet, e confesso che sono un po” provata. Mi torna il dubbio che i blog non servano che a dare la stura a quello che di più disgustoso passa nella testa di alcune persone. So che
altri, peggiori, sono stati censurati dalla Redazione, ma quelli
che restano sono davvero pesanti. Spero che, passate le feste, arrivi un
minimo di ragionevolezza.

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Mi chiedo se oltre alla violenza fisica dobbiamo subire anche quella
verbale ogni volta che tentiamo di portarla allo scoperto.

Resto dell”idea che questa riflessione sulla violenza contro le donne ,
per acquistare peso e imporsi al dibattito pubblico, dovrebbe entrare
nelle pagine dei giornali, negli editoriali, nelle pagine dei commenti
politici e culturali. Altrimenti resta cronaca e chiunque può dire che è
ideologia femminista.

Chiedo scusa per la nota pessimista, che fa torto all”impegno e alla
fatica con cui le quindici giornaliste del Corriere tengono aperto il
Blog 27esima ora. Sanno quanto ho  apprezzato la loro iniziativa che dura
ormai da un anno e quanto sollecito le donne e gli uomini, che conosco impegnati su questi temi,  a intervenire.

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 Mi  chiedo se, oltre a continuare a riflettere sul perché gli uomini uccidono le donne,
sul perché nella famiglia e nei rapporti più intimi si annidano odi così selvaggi, si possa fare qualcosa di più e di altro, usando le nostre professioni, i nostri saperi, la forza
collettiva che stiamo cercando di creare. L”approfondimento dei temi che ci
stanno a cuore non basta, se non è accompagnata da un”azione che li
imponga al dibattito pubblico.

Alla consapevolezza prodotta dalle donne, e oggi anche da associazioni di uomini, mi sembra sia venuta a mancare nel tempo la capacità di tenere aperto il conflitto con una cultura maschile tuttora dominante, nascosta dietro la maschera della neutralità e caparbiamente
determinata a mantenere il silenzio su tutte le questioni che interrogano il
rapporto tra i sessi. Ci accontentiamo di manifestazioni, anche molto
partecipate, ma che cadono subito dopo nella dimenticanza.

Forse dovremmo cominciare con il riconoscere che, così come la violenza
maschile  è rimasta confinata nella cronaca nera e nella patologia del
singolo, anche la relazione uomo-donna, nelle sue forme più diverse, a
partire dalla divisione tra pubblico e privato, non è ancora diventata una
questione sociale e politica.

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Hanno avuto cittadinanza, sia pure
lentamente e in sottordine, le questioni riguardanti l”ambiente, il clima, i beni
comuni, i rifiuti, l”odio razziale. Il sessismo resta sbarrato dietro la
porta di casa.

Quanto contano il silenzio e la complicità, sia pure inconsapevole delle
donne in tutto questo? Che cosa siamo disposte a rischiare per una campagna
che porti all”ordine del giorno di governi, amministrazioni, partiti, luoghi
della cultura, le questioni che ci stanno a cuore?

Avremo, mi auguro, nel corso dell”anno appena cominciato, occasioni per
discuterne.

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