Melania e Roberta: due nomi apparentemente comuni a tanti altri, nomi che raccontano due storie.
Melania Rea: una storia che parte dalla fine e che vede come protagonista il suo compagno, il marito che aveva scelto per se, lo stesso compagno che ad oggi è indicato dalla giustizia quale presunto responsabile dell’omicidio efferato (35 coltellate), con il suo processo mediatico che vede sgretolarsi la rete difensiva di Parolisi a suon di perizie e di smentite sulle false dichiarazioni e contraddizioni dello stesso fatte in ogni sede tv quando tutto doveva appartenere solo alle sedi giudiziarie.
Roberta Ragusa, una storia normale apparentemente senza ne capo ne coda, o anzi il “capo” sarebbe l’allontanamento volontario dalla sua casa nella provincia pisana, di una donna come tante, presa dalla quotidianità casa–lavoro-figli-marito. Eh già perché il marito ha contattato la polizia municipale non alle 6,00 alle 8,00 alle 9,00 ma intorno alle 11 per avvertirli che la moglie non era a casa, che erano andati a dormire la sera prima insieme e al risveglio lei non c’era più.
L’inizio di cosa? Di 48 ore di ricerche a tappeto e poi stop, dopo aver ritenuto attendibile una delle tante segnalazioni false e di lei, a 4 mesi da quel 13 gennaio nessuna ombra. Per l’esattezza le ombre si sono create sulla figura del suo uomo quello che aveva invece omesso di dire agli inquirenti una verità: la sua relazione con la segretaria, cosa poi confessata dalla stessa amante. A questo punto ci saremmo aspettati che subito dopo l’interruzione immediata delle indagini ci fosse già una prima idea sui fatti da parte del pm Aldo Mantovani che coordina le indagini, invece nulla.
Ottanta giorni di vuoto assoluto e silenzio, senza notizie certe . Ad oggi ci chiediamo come mai non si è pensato alle intercettazioni ambientali, come mai solo il 3 aprile sono stati ascoltati i figli e come mai un marito non lancia appelli di nessun genere tramite la stampa o i media o lo stesso avvocato nella speranza di poter ritrovare sua moglie. Probabilmente non si è dato quel peso che meritava alle indagini.
Siamo stati abituati ai processi mediatici dove i protagonisti anziché essere le donne, sono stati invece i mariti, i compagni, i padri, i fratelli, insomma gli uomini. Ma questa non è una guerra di genere piuttosto un voler riflettere sulla disparità dei comportamenti tra un marito troppo esposto e un marito che sta nel silenzio.
Cosa resta di Melania? Un rumore mediatico nel quale Parolisi è protagonista con ogni mezzo: lettere all’amante, intercettazioni, frammenti di un’intimità coniugale violando ancor di più l’immagine di chi ha pagato con la vita magari la voglia di lottare per riprendersi la tranquillità di una vita insieme. Ad oggi possiamo solo dire che le confessioni pubbliche di Parolisi sono state un chiaro esempio di chi vuole convincere chi non c’era, alla sua verità. D’altronde anche lui non aveva comunicato immediatamente l’esistenza dell’amante ma al contrario di Roberta, Melania ne era a conoscenza.
Cosa resta di Roberta? il silenzio del marito, il silenzio che avvolge la figura di Roberta è rotto e dalla sua famiglia di origine e dalla stampa e dai media per cercare di raccontare lei, la sua vita, la sua realtà. Sullo sfondo resta un dubbio: che silenzio è di fronte al mondo quello di un marito che si sveglia la mattina nel letto e non trova più la sua compagna?