L'orco in cameretta: così apriamo la porta digitale ai predatori sessuali dei nostri figli

Sempre più giovani gli abusati, sempre più giovani gli abusanti, bambini e adolescenti prede sessuali di giovani adulti senza, di fatto, alcun controllo: è l'allarme di Cristina Obber nel suo ultimo libro

L'orco in cameretta: così apriamo la porta digitale ai predatori sessuali dei nostri figli
Foto di Hannah Honigmann su Unsplash
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Alessandra Mancuso Modifica articolo

26 Maggio 2025 - 16.23


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Fareste mai entrare un estraneo in casa, o in camera di vostra figlia, di vostro figlio? Ovviamente no. Eppure é quanto accade, molto più spesso di quanto non si pensi, quando i ragazzi vengono lasciati soli con la rete, abitata anche dai predatori sessuali, e dove tutto può succedere all’insaputa dei genitori.

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Parte da qui il percorso che con l’Orco in cameretta (Solferino) Cristina Obber compie per portarci a una nuova consapevolezza sul fenomeno del grooming, cioè l’adescamento di minori on line, sui rischi che corrono adolescenti e pre-adolescenti nell’onlife, il mondo virtuale e digitale che assorbe sempre più parte della loro vita e si intreccia con quella “reale”. E per fare intravedere, via via, anche i possibili rimedi offerti a genitori e scuole.

«Mi ha colpito quanto fossero giovani gli adescatori, ventenni e persino minorenni, e quanto giovani le vittime: 12-13enni. Un fenomeno taciuto. Ho sentito l’urgenza – spiega l’autrice alla presentazione romana del libro – di dare strumenti e dire cose ai genitori».

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Cristina Obber è una giornalista (e giornalista di GiULiA) ed esperta di violenza di genere che ha lavorato a lungo nelle carceri con i sex-offender, ha raccolto le testimonianze delle vittime e per questo libro, che si avvale di fonti ricche e qualificate, ha seguito anche il lavoro della Polizia Postale impegnata a contrastare il fenomeno. Tratteggia, dati alla mano, i contorni di un fenomeno allarmante che lambisce le nostre vite. E che ancora non vediamo.

Gli abusanti sono più vicini a noi di quanto non si pensi. Può essere un familiare, un amico, un collega. Nessun “mostro” ma uomini integrati, che pazientemente carpiscono, prima, la fiducia delle loro giovanissime vittime per poi insinuarsi sempre di più, manipolandole e facendo leva sulle inevitabili e sane curiosità sul sesso che si manifestano nell’adolescenza. Dalla seduzione si arriva al ricatto. In una logica di dominio. Qualche volta il groomer arriva al contatto fisico e alla violenza, come recenti casi di cronaca indicano, altrimenti ottiene di produrre “contenuti” per i circuiti che alimentano sfruttamento e commercializzazione di materiale pedopornografico, in particolare nel dark e deep web. Se non soldi (sex-extorsion). Soggetti immaturi, con scarsa capacità di relazione con gli adulti e un desiderio delirante di onnipotenza, con atteggiamenti di negazione (della propria devianza) e di minimizzazione (per ridurre le proprie responsabilità). Non di rado giovani e adolescenti, quelli che nel libro sono “gli adescatori che non ti aspetti”, diciassettenni su dodicenni, ma a volte si parla anche di adescamenti di bambine di 8, 9 anni.

I giovani nella rete. «l contatto attraverso il web con la pornografia e la pedopornografia, nel 44% dei casi avviene prima dei 13 anni e nel 61% prima dei 18– dice Carla Xella, presidente di CIPM Lazio (Centro Italiano per la Promozione della Mediazione) –E di questa platea il 10% passa al grooming». «C’è una sessualizzazione troppo precoce – conferma la Prima dirigente della Polizia Postale, Barbara StrappatoGià dai 7/8 anni i bambini hanno accesso a contenuti sessuali su internet».

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Le vittime che si scoprono manipolate e ingannate, provano vergogna e sensi di colpa. Si isolano, con conseguenze varie tra panico, depressione, perdita di autostima, disturbi dell’alimentazione, autolesionismo, fino al suicidio, mettono in guardia gli esperti. «A 8 anni si fa il profilo social, perché ‘tutti gli altri ce l’hanno’» dice Marco Valerio Cervellini, dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale- Lasciare un bambino in cameretta da solo con internet equivale a lasciarlo con la porta di casa aperta. I genitori sono spesso modelli sbagliati, i primi ad abbandonare i figli con un device elettronico per baby-sitter».  Ma attenzione a non scaricare tutto sui genitori, sottolinea il direttore generale di Terre des Hommes, Paolo Ferrara invocando una regolamentazione europea sull’accesso ai social network: «Sulla balia elettronica dico fermiamoci! Non si può tornare indietro, ma diamoci delle regole».

Ai genitori, definiti “immigrati digitali”, il libro di Cristina Obber si rivolge in particolare: «Prima di pensare a educare-scrive l’autrice – dobbiamo pensare a educarci come adulti, o meglio a rieducarci». Mettersi in ascolto dei figli, ma non da controllori, per abbattere il muro dei loro silenzi: «I figli più che sfamati vanno ascoltati». E poi la credibilità a imporre regole ai più piccoli senza averne a nostra volta. Ma soprattutto, come genitori (o nonni come nel caso di Cristina) è il tempo di assumerci nuove responsabilità, ovvero di «rivedere la nostra postura pedagogica-educativa». E poi educazione al consenso, dai primi anni di vita nell’interrelazione, e alla consapevolezza sulla preziosità del proprio corpo.

Il silenzio pubblico sull’adescamento, afferma l’autrice, ha a che fare con il tabù del sesso. Quel tabù che fa sì che in famiglia di sessualità non si parli, lasciando che internet si sostituisca ad essa, e alla scuola, come punto di riferimento per i nostri ragazzi. Portare il tema dell’educazione sessuale senza tabù in famiglia e a scuola. E chiedere alle istituzioni di dare gli strumenti e le risorse per farlo.

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L’orco in cameretta di Cristina Obber, Solferino, 160 pagine, 16,50 euro.

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