'Precarie & Sfruttate per i Beni Culturali. E sono l''80% '

Donna, età media di 32,4 anni, alta scolarità, in condizione di precarietà e rischi per la salute sul luogo di lavoro. La denuncia di Fillea-Cgil

'Precarie & Sfruttate per i Beni Culturali. E sono l''80% '
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28 Marzo 2012 - 17.00


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‘Roma, 28 mar – L”80% di chi opera nel settore dei Beni Culturali e” donna, con un”eta” media di 32,4 anni e un”alta scolarita”. E si trova a lavorare in una condizione di precarieta”, sfruttamento e rischi per la salute sul luogo di lavoro. E” questo il quadro tracciato per il mercato del lavoro nel settore dalla Fillea Cgil, che oggi ha promosso, in collaborazione con Legambiente e il coordinamento Donne in Bilico per la Cultura, l”appuntamento Storie di donne, d”arte e di cultura. Il lavoro non tutelato di chi tutela, a chiusura di un ciclo di incontri per celebrare 150 anni di lavoro femminile in Italia, promossi dalla biblioteca di Archeologia e Storia dell”Arte e dalle associazioni Amici delle Biblioteche e Vento di Tramontana.

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Secondo il sindacato, “cala il numero di assunzioni con contratti di lavoro dipendente e sono in progressivo aumento il lavoro autonomo e parasubordinato (piu” del 52%)”. “Quotidianamente, nell”attivita” sindacale – si osserva – rileviamo che si tratta di falsi lavoratori autonomi e parasubordinati, utili solo ad abbattere drasticamente il costo del lavoro ma non a garantire ai lavoratori i diritti e le tutele dovuti”. Una situazione che porta a “mancata applicazione contrattuale adeguata e sottoinquadramento che non giovano al sistema di salute e sicurezza ne” tanto meno sono garanzia per la qualita” del lavoro svolto”. E, per la Fillea Cgil, il “problema del riconoscimento delle professionalita” e delle qualifiche, causato da ritardi e vuoti normativi, non riguarda solo le restauratrici, ma anche le altre importantissime figure operanti per la conservazione e la tutela del patrimonio culturale (archeologhe, diagnostiche, storiche dell”arte), penalizza un lavoro di qualita” e rende meno tutelati le operatrici e gli operatori”. A questi, infatti, “spesso – insiste il sindacato – e” richiesta una professionalita” e una competenza che non trova, pero”, riscontro in un giusto riconoscimento salariale”. “L”alta presenza femminile e” un altro elemento che mal si colloca abbinato alla precarieta”, allo sfruttamento – conclude – e all”elevato rischio per la salute derivante dalla tipologia del lavoro”. (Adnkronos/Labitalia)’

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