Ieri al teatro Litta è andata in scena la parte conclusiva della rassegna “Siamo pari! La parola alle donne”, organizzata dalla onlus Intervita per celebrare la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Nel manifesto una bocca cucita perché nessuna debba mai più sentirsi dire “Stai zitta cretina”.
E’ stata premiata per il suo impegno la regista Francesca Archibugi che ha presentato il documentario “Giulia ha picchiato Filippo”, dove le testimonianze toccanti delle donne con un passato di violenza subita si intrecciano alle riflessioni delle operatrici dei centri anti-violenza romani. Alla fine, una breve fiction dimostra come il rapporto di sopraffazione uomo-donna sia radicato nell’educazione che fin dall’infanzia assegna a maschi e femmine ruoli ben definiti, e purtroppo definiti male. Giulia una bambina bionda tormentata ogni giorno dal suo compagno d’asilo Filippo infine si ribella e reagisce con un morso scatenando i rimproveri e l’assurda punizione dell’insegnante.
Ha suscitato molta emozione il momento teatrale preparato dalle giornaliste della 27esima Ora che hanno presentato la loro inchiesta sulla violenza domestica “E voi questo me lo chiamate amore”. Dopo un drammatico spoon river con i nomi delle 115 donne uccise nel 2012 letti dall’attore Enzo Giraldo, mentre i loro volti venivano proiettati sullo schermo, sono andate in scena altre letture piene di pathos. Sempre Giraldo insieme alle attrici Aglaia Zanetti e Lorella de Luca hanno animato brevi brani tratti dalle storie di donne vittime di abusi ripetuti. Come Elena, segnata dalle cicatrici di un passato drammatico, che continua ad essere perseguitata dal “fantasma” dell’ex marito aguzzino, nonostante lui sia in carcere da 10 anni. O come Sara, che ha sfiorato la depressione ma ora ce l’ha fatta e dice la sua sconfitta è stata la mia rinascita. O come Greta, donna dell’alta società che ha dovuto sottostare alle torture psicologiche prima del padre, poi del marito. Accanto a queste, anche la storia di un uomo che ha iniziato un percorso di ravvedimento, raccontata non certo per giustificare, ma per cercare di capire.