La partigiana Marisa, il 25 aprile di Marisa Rodano e la Liberazione delle Italiane

Pubblichiamo per gentile concessione del mensile FemeNews l'ultima intervista rilasciata da Marisa Rodano, realizzata da Elisa di Salvatore in occasione del 25 aprile 2023. Marisa Rodano è scomparsa il 2 dicembre 2023

La partigiana Marisa, il 25 aprile di Marisa Rodano e la Liberazione delle Italiane
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Elisa di Salvatore Modifica articolo

3 Dicembre 2023 - 17.17


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Nella ricorrenza del 25 aprile appena trascorso abbiamo voluto incontrare Marisa Cinciari Rodano come testimone d’eccezione e protagonista del secolo breve. Attraversando i suoi 102 anni di vita densi di passione civile e impegno politico possiamo ripercorrere la storia della lotta per la democrazia di questo Paese intersecata inevitabilmente con i primi passi per le battaglie di emancipazione e autodeterminazione delle donne per la conquista dei diritti fondamentali e del diritto di voto innanzitutto.

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Marisa Rodano nasce a Roma il 21 gennaio 1921, “Una data un Destino” era il mio motto augurale per molti dei suoi compleanni perché in quella data era nato, dalla prima scissione della sinistra italiana consumatasi all’interno del XVII congresso del Partito Socialista Italiano, il Partito Comunista d’Italia poi PCI; la partigiana Marisa Rodano si iscrive nel 1946 e nelle sue fila ha svolto attività politica in modo continuativo dal 1948 al 1989. Viene eletta al Consiglio Comunale di Roma poi alla Camera diventandone Vice Presidente, la prima volta di una donna e ancora sarà eletta al Senato indi al Consiglio Provinciale fino al Parlamento Europeo. È inserita all’interno di tutte le organizzazioni Internazionali -ONU compreso-  a occuparsi sempre di donne, diritti cooperazione e sviluppo.

Nella nostra chiacchierata impastata di memoria e commozione ricorda:

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«Ho iniziato a cospirare contro il regime fascista fin dai banchi del Liceo Visconti grazie all’opera di sensibilizzazione di alcuni docenti che mi spinsero a riflettere sui principi di libertà e democrazia come valori fondativi del vivere collettivo. In contemporanea iniziavo a maturare una sorta di ribellione verso la condizione di subalternità della donna a cominciare dal ruolo di mia madre in famiglia e dei diritti negati a noi donne in generale».

Il 18 maggio 1943 viene arrestata in una retata che coinvolge anche Franco Rodano (suo compagno di scuola e futuro marito da cui avrà 5 figli, nonché intellettuale cattolico e autorevole protagonista e consigliere di Berlinguer nei decenni successivi) e detenuta alle Mantellate fino al 25 luglio. Partecipa alla Resistenza romana nelle fila del Movimento dei Cattolici Comunisti e nell’attività dei Gruppi a Difesa della Donna (GDD) creati nell’Italia occupata fin dal novembre 1943 operativi su molteplici fronti. Prosegue il suo racconto come lo stesse vivendo mentre paliamo nel suo salotto:

«Mi sovviene un’immagine di me e Adele Bei (venuta a Roma ad organizzare il movimento delle donne e divenuta poi una delle madri Costituenti) affacciata sul muraglione del Tevere: affiggevamo manifesti, seminavamo chiodi a tre punte lungo le strade percorse di mezzi tedeschi, si organizzavano proteste nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole contro gli occupanti,  il sabotaggio della produzione di guerra, la liberazione degli arrestati e dei razziati, la cessazione dei bombardamenti, la distribuzione del pane, la dichiarazione di “Roma città aperta”, l’aiuto alle famiglie degli arrestati e dei deportati, i rapporti con il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale)».

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Il versante in cui si impegnerà maggiormente sarà quello della controinformazione e propaganda attraverso la distribuzione di volantini e manifesti e la diffusione della Stampa Femminile Clandestina. Numerose le riviste editate a partire da Noi donne stampata e pubblicata a Parigi durante il fascismo e dopo la liberazione di Roma. Lei si occupa della tiratura del giornale in Italia andando in cerca della carta e lavorando in tipografia all’impaginazione a mano.

Marisa Rodano sulla copertina di un numero di Noi donne del 1948.

«Grande è stato il contributo dato dalle donne alla Resistenza e senza di loro non ci sarebbe stata, opinione condivisa di Partigiani da un lato e del Comando tedesco dall’altro». «Noi fummo essenziali – continua l’on. Rodano– per assicurare i collegamenti col CNL, le cosiddette staffette, nascondere i ricercati, organizzare manifestazioni e scioperi ricordando ancora che fu una donna a portare l’ordine di insurrezione al Comitato di Liberazione di Bologna e fu una donna, la moglie del direttore del Carcere Regina Coeli a far evadere i due futuri Presidenti della Repubblica Sandro Pertini e Giuseppe Saragat con un falso ordine di scarcerazione».

Uno dei 25 aprile che tutt’oggi le resta nel cuore è quello del 1995 in cui cadde il 50° anniversario dell’UDI (Unione Donne Italiane) che volle interamente dedicare alle donne che ebbero ruoli di primissimo piano nella Lotta di Liberazione dal Nazifascismo e non solo alle figure femminili cadute.

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Dalla fine della guerra a partire dal1948 la storiografia e memorialistica ufficiale aveva calato una coltre di silenzio sulla Resistenza femminile definita da alcune storiche “La Resistenza Taciuta” perché si cercò di normalizzare il ruolo delle donne per farle rientrare in quelli tradizionali che la guerra aveva scompaginato. Senza contare che c’era il tabù della violenza esercitata dalle donne armate, un grosso problema da superare in un contesto culturale tradizionalista come quello italiano. Tema del quale soltanto dalla metà degli anni ’90 le donne hanno potuto cominciare a parlarne pubblicamente.

La Resistenza per le donne ha rappresentato la conquista della cittadinanza politica, una guerra nella guerra, una battaglia per l’emancipazione e per il riconoscimento di un ruolo pubblico nel nuovo sistema democratico che si delineava e fino ad allora negato da un sistema misogino e maschilista. Militando nei GDD confluiti poi nell’UDI e in altre Associazioni le donne si impegnarono caparbiamente e ostinatamente per l’ottenimento del diritto di voto alle donne con una campagna capillare che risultò efficace se alle urne votò una percentuale del’89% di donne al Referendum per la Repubblica e per l’Assemblea Costituente.

Votavano per la prima volta e per la prima volta 21 di loro venivano elette. La presenza di 21 donne elette testimoniano il valore aggiunto del loro esserci – mai accaduto prima di allora -perché veicolò nei luoghi della rappresentanza la visione del mondo di chi fino ad allora ne era esclusa. Gli articoli della Costituzioni sull’eguaglianza, la famiglia il lavoro l’accesso alla Magistratura sono solo alcune delle conquiste dovuto proprio alla componente femminile che pose le basi per la legislazione e l’assetto del Paese negli anni a venire.A cominciare dalla stesura dell’Art. 11 della nostra Carta: di fronte al dibattito senza sbocco, tutte e 21 le parlamentari si alzarono dai loro scranni e prendendosi per mano si portarono al centro dell’aula, scandendo il loro netto rifiuto alla guerra ancora troppo bruciante sulla loro pelle, imponendo che fosse scritto quello che ancora oggi leggiamo: «L’Italia ripudia la guerra».

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Le vite delle Madri Costituenti restituiscono il fermento democratico presente in Italia ben prima del 1946 e che ha reso possibile la nascita della Repubblica e le coordinate politiche dell’Italia che si sarebbe delineata.

Molti i tratti comuni nelle loro esistenze: erano tutte pioniere della partecipazione politica attiva in un Paese molto in ritardo sul suffragio Universale; lo studio avvertito dalla maggior parte come strumento di crescita ed emancipazione; l’antifascismo di molte e la conseguente partecipazione alla Resistenza che per alcune ha significato carcere confino esilio. Per tutte l’impegno politico prima e dopo il 1946 è stato incentrato sul miglioramento della condizione femminile e sui diritti che dovevano riguardarle. Alla fine emerge inatteso il profilo comune della dimensione europea ante litteram di molte loro biografie. In questo nostro riottoso Paese le donne hanno trovato e continuano a incontrare ostacoli e barriere a ritardarne il percorso di emancipazione e liberazione, a partire dal diritto di voto ottenuto a rate, l’elettorato attivo nel febbraio 1945 quello passivo dopo un anno in quel 2 giugno del 1946; la legge Merlin (dal nome della promotrice e prima firmataria la senatrice Lina Merlin) per l’abolizione delle case chiuse richiese 10 anni, l’ingresso delle donne in Magistratura fu posticipato al 1963 mentre perla Riforma del Diritto di Famiglia ci vollero 10 anni; la legge sul divorzio entra in vigore ma viene sottoposta a Referendum e  stessa sorte tocca alla legge 194 sull’Interruzione della Gravidanza: 20 anni per fare approvare la legge sulla Violenza Sessuale e finanche sulla Doppia Preferenza nelle leggi elettorali cassate dalla Corte Costituzionale e poi riammesse…..

Lungaggini, tecnicismi, trappole e regolamenti che lanciano solo un monito alle donne: i nostri diritti non sono mai scontati! E come Marisa Rodano raccomanda bisogna vigilare e resistere!

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