Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 14 al 19 luglio 2025)

Una settimana di notizie sui nostri media: come e quanto si parla di donne? E quante giornaliste descrivono il mondo? Giulia prosegue con il suo osservatorio sui giornali in ottica di genere

Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 14 al 19 luglio 2025)
Marca e La Gazzetta dello sport a confronto
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Paola Rizzi Modifica articolo

20 Luglio 2025 - 11.19


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Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Domani, Il Giornale, Il Manifesto, Il Messaggero, Il Fatto quotidiano, Avvenire, Libero, La Verità, La Gazzetta dello Sport, Tutto Sport, Corriere dello sport e uno sguardo al web

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Dal 14 al 19 luglio 2025
Le firme in prima pagina: uomini 966, donne 297
Editoriali, commenti e analisi: uomini 155, donne 36
Le interviste a uomini 251, a donne 62

Questa settimana nella nostra rassegna partiamo dallo sport, che ha visto alcuni eventi importanti, cominciando come al solito da alcuni numeri significativi. La Gazzetta dello sport il 15 luglio aveva zero notizie sullo sport femminile, nemmeno una breve: curioso se si pensa che il giorno dopo, il 16, agli Europei 2025 di calcio donne ha giocato, e vinto, ai quarti di finale contro la Norvegia, la nazionale italiana. Per pura curiosità abbiamo gettato l’occhio sullo spazio dedicato da alcuni giornali stranieri agli europei donne. Già alla vigilia del campionato dal Guardian a El Pais si viaggiava a due pagine alla volta, per non parlare degli sportivi Marca o l’Equipe. Per la foto di apertura abbiamo confrontato Marca e La Gazzetta dello sport nel giorno in cui le rispettive nazionali sono passate in semifinale. Dal 14 al 19 luglio abbiamo calcolato circa un centinaio di pagine dedicate dai giornali della nostra mazzetta alla storica impresa di Jannik Sinner a Wimbledon, con la vittoria su Carlos Alcaraz, in un giorno solo la Gazzetta gli ha dedicato 11 pagine. Sicuramente meritatissime. Da segnalare anche i pezzi sul derby tra le mamme dei due campioni, Sieglinde semplice timida e Virginia più estroversa e mediatica. Secondo il Corriere vince Sieglinde (boh). Sinner giustamente è stato salutato come il primo italiano a vincere a Wimbledon in 138 edizioni. Nel singolare maschile però, non in assoluto. Lo ha sottolineato sul blog del Corriere  La 27esima ora un articolo di Valeria Palumbo che ha ricordato come  «due italiane si erano già assicurate la prestigiosa finale inglese, nel luglio 2014, ed erano Sara Errani e Roberta Vinci, in doppio, che conquistarono così anche il Grande Slam in carriera».  Secondo Palumbo, che tra l’altro sottolinea un’altra impresa storica della nazionale di Volley femminile quasi invisibile sui nostri giornali in questi giorni, l’uso del maschile sovraesteso in questo caso crea un equivoco. Fa da controcanto l’esaltazione del Ct delle azzurre del calcio Andrea Soncin che in diverse dichiarazioni riportate dai media ha usato, per forza di cose ma non era scontato, il femminile sovraesteso: «Siamo state brave». Dopo la vittoria con la Norvegia, intervistato da Repubblica ha dichiarato che non ha più intenzione di allenare uomini «Sono in paradiso. i rapporti che si creano con un gruppo di ragazze sono impagabili» e sui pregiudizi sul calcio femminile parla di ignoranza. Di fronte al risultato (per la prima volta in 28 anni le azzurre in semifinale) i giornali hanno dato spazio alle atlete, molte le interviste, dalla capitana Cristiana Girelli (che però il Giornale chiama capitano) alle compagne.  Tra le altre la portiera Laura Giuliani, che a Repubblica parla della sfida tecnica ma anche della sfida della maternità, per un’atleta: lei milita nel Milan che è all’avanguardia e prevede dal 2021 una norma con il rinnovo automatico del contratto per la giocatrice che resta incinta. Il contrario di quello che accadeva fino al 2020, quando la Federazione chiedeva alle società di rescindere il contratto con un’ atleta incinta, come racconta una pagina dedicata da Domani al calcio delle donne. L’ autrice Maria Laura Scatena  cita il documentario Mother and Footballer, reperibile gratuitamente, che segue le vicissitudini di 5 calciatrici in maternità, una delle quali italiana, Alice Pignagnoli. Nella stessa pagina Francesco Caregnani racconta il fattore di importante emancipazione che rappresenta il calcio femminile in Africa. La Nigeria è la squadra più prestigiosa, molto più performante e seguita di quella maschile. Tanto che le calciatrici nel 2019 avevano chiesto dopo una dura battaglia, la parità salariale. Non l’ hanno ottenuta, ma i media si sono appassionati a queste campionesse ribelli. Stessa cosa sta succedendo in Kenia, dove 9mila ragazze tra 9 e 25 anni sono impegnate nei campionati di varie zone del paese. Da notare come sul Messaggero si riconosca che in questa stagione le donne siano superiori agli uomini negli sport di squadra.

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Oltre al calcio sono diverse le imprese della settimana: il già citato volley femminile, imbattuto da 407 giorni, il setterosa ai mondiali di pallanuoto, commentato in un’intervista su la Gazzetta della sport a Giusy Melato, centroboa della squadra che vinse l’oro olimpico nel 2004, prima allenatrice di pallanuoto, che ricorda le battaglie durissime per la parità di diritti. Tra le altre imprese anche gli argenti nel nuoto libero di Gregorio Paltrinieri e Ginevra Taddeucci, spesso collocata in un articoletto a fianco del titolone del collega. E la storica vittoria al giro d’Italia donne di Elisa Longo Borghini che lo aveva già vinto l’anno scorso, relegata in qualche pezzettino.

Parole e parolacce

Sempre per quanto riguarda il tema le donne nello sport, ma fuori dal campo, vale la pena citare la giornalista Elena Pero, che per Sky ha seguito la finale di Wimbledon insieme a Paolo Bertolucci. Per la sua telecronaca molto asciutta e tecnica ha ricevuto una valanga di critiche sui social. Lei in un’intervista al Corriere liquida la cosa dicendo che i social non li guarda. Ma la difende Aldo Grasso sullo stesso giornale in un pezzo contro gli idioti da tastiera e l’abitudine ai telecronisti tifosi: per lui Pero è stata impeccabile.  Quello dei leoni da tastiera che se la prendono con le donne (politiche e giornaliste in primis) è il tema al centro di un pezzo di Gian Antonio Stella intitolato Liquami sui social, per le donne di più che cita la campagna Donne alla gogna, contro l’odio social del linguista Massimo Arcangeli con le giornaliste Susi Ronchi, Beatrice Curci e noi di GiULiA giornaliste. Sulla difficoltà a soppesare le parole quando ci si confronta con una giornalista tutti i giornali hanno registrato l’infelice performance del Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, che alle domande insistenti e argomentate di Vanessa Ricciardi, giornalista di Staffetta quotidiana e collaboratrice del Fatto, ha replicato con «Che stronzetta». Secondo il suo staff era un complimento ma poi si è scusato. Ricciardi alla Stampa racconta come i politici siano sempre più insofferenti alle domande e le giornaliste in generale sono trattate peggio.

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Dataroom di Milena Gabanelli e Paolo Giordano questa settimana ha dedicato al tema della cultura woke e del politicamente corretto due pagine, nelle quali si dà conto di cosa abbia significato il woke a partire dalle rivendicazioni delle comunità afroamericane per allargare il perimetro dell’inclusione, con qualche eccesso. Ma nella sostanza si difende il cambio necessario di prospettiva sulla base di nuove sensibilità, così come si sottolineano i danni provocati dalla reazione al woke ingranata dal trumpismo. Per esempio il rilievo eccessivo dato alla questione delle atlete transgender (qui i dati contano: si parla di 10 atlete su 500mila), la censura esplicita come effetto paradosso della libertà di espressione (10mila i testi censurati negli Usa nel 2024 a tema razziale, di  genere o ambientale), l’esclusione delle minoranze con la scusa del merito, quando poi  ai vertici dell’antiterrorismo Trump ha messo un ragazzo di 22 anni, alla direzione della National Intelligence Tulsi Gabbard, una filorussa senza esperienza, e capo del Pentagono Pete Hegseth, un mezzobusto Fox senza nessuna competenza
Replica a stretto giro su Libero Alberto Busacca  per il quale l’analisi è politicamente schierata. perché ha la presunzione di dire da che parte dovrebbero stare i buoni.

Mille giorni

Cambiando argomento ma sempre restando nel campo delle grandi imprese, lo è certamente quello di Giorgia Meloni, che ha celebrato i suoi primi mille giorni al governo e si avvia a battere vari record di longevità politica. Mille giorni di governo da primadonna è il titolo di una pagina intera dedicata da Libero ai successi del governo Meloni, analoga ad altre pubblicate dai giornali di area, come Verità e Giornale. Va detto che anche per la stampa meno allineata il giudizio sull’operato di Meloni è tra luci e ombre, positivoo.  I mille giorni di Meloni  a firma Barbara Flammeri e Manuela Perrone sul Sole 24 ore sottotitolano: bene lo spread e i conti pubblici ma preoccupano dazi, industria e crescita. Mille giorni dominati dalla prudenza. Si sottolinea però come a fronte di un record di occupati, per lo più legati ai servizi e con salari sotto la media Ocse, non ci siano segnali di crescita e anzi c’è timore per quando finiranno i fondi del Pnrr.  Secondo diversi esperti interpellati dalla Stampa gli aspetti positivi sono che Meloni piace ai mercati, è prudente sui conti pubblici, è figura di rilievo sul piano geopolitico, gli alleati sono ridotti a comprimari. Punti dolenti riguardano la non comunicazione, con le conferenze stampa ridotte al lumicino e pollice verso sui diritti, con l’approccio securitario su tutti i dossier. Ma è apprezzata la stretta sui femminicidi.

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Un sondaggio di Youtrend per Sky tg, citato da Avvenire,  sui prime mille giorni di Meloni, mostra che i provvedimenti che gli italiani hanno apprezzato di più sono proprio quelli sull’inasprimento delle leggi su femminicidio e violenza domestica. Anche se sempre Avvenire ricorda che da giuriste esperte e centri anti violenza sono state sollevate perplessità: sull’indeterminatezza del reato, sul rischio di vittimizzazione secondaria e sul fatto che in altri Paesi l’introduzione di questa fattispecie non ha portato alla diminuzione dei femminicidi. Per estirpare la violenza di genere occorrono azioni coordinate di prevenzione e formazione con stanziamento di fondi adeguati, sostiene la rete Di Re. Quello del rischio del definanziamento dei centri antiviolenza e delle misure preventive è sottolineato anche da Domani in un approfondimento di Marika Ikonomu: è stato bocciato l’ emendamento delle opposizioni che mirava a un’ azione preventiva non solo nei confronti dei più giovani ma anche degli uomini tra i 30 e i 50 anni, che sono la maggior parte di chi agisce la violenza. Pare che comunque il Ddl, in discussione al Senato da martedì 22,  che va ad aggiungersi a un “Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e contro la violenza domestica “ varato dal dipartimento pari opportunità con la ministra Bonetti e che ora è in proroga, sia l’ ennesima manovra a costo zero. Un approfondimento di Elisa Messina sulla 27esima ora dà conto su tutte le posizioni in campo a proposito dell’introduzione del nuovo reato.

Rubrica femminicidio

C’è da dire che anche questa settimana il tema violenza di genere e femminicidi resta in primo piamo. Secondo l’osservatorio Non una di meno, citato dalla Stampa siamo a 51 femminicidi nel 2025, 33 i tentati femminicidi; secondo il ministero degli Interni, citato da Avvenire fino al 30 giugno nel 2025 le donne uccise da partner e ex sono 35, diventano 45 se si contano le donne uccise comunque in ambito famigliare. Il che ci fa ricordare en passant che attualmente non esiste un registro nazionale ufficiale dei femminicidi, quando si sa che avere dati certi è un buon punto di partenza per qualunque politica.  A dominare le cronache è stato ancora il cold case di Garlasco, con tutte le varie contraddizioni tra perizie e contro perizie, ignoto 1, 2 e adesso 3, contaminazioni di prove, in media una pagina al giorno per i principali quotidiani. Gianluigi Nuzzi, che nella sua trasmissione Quarto Grado ha vivisezionato il caso, scrive un pezzo su La Stampa per dire che «Il corpo di Chiara diventa il simbolo di questa inchiesta con i genitori della vittima, Rita Preda e Giuseppe Poggi, che provano a difendere la figlia dopo che a fatica avevano provato a elaborare il lutto aggrappandosi alla sentenza definitiva contro Stasi». Ma sono diversi i casi “caldi”: Geraldine Sanchez uccisa a Macherio dall’ex compagno che l’ha inseguita dal Perù dopo che lei l’aveva lasciato per rifarsi una vita coi due figli.  Lo aveva denunciato già in Perù, poi, come racconta il Corriere, anche in Italia a dicembre per molestie ma la denuncia era stata archiviata per mancanza di elementi sufficienti. Poi c’è il caso di Erika Ferini Strambi, la donna trovata morta in una roggia alle porte di Milano. Si indaga per omicidio: è sparita la borsa con il cellulare, la macchina a 200 metri dal cadavere. Tra i femminicidi sventati quello di Veronica Casaburi, 34 anni colpita nel sonno con 7 coltellate dal marito che poi si è accoltellato alla gola, mentre i figli dormivano nella cameretta. Entrambi sono sopravvissuti.

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 Su casi caldi che diventano freddi per i tempi della giustizia ma non per le vite delle persone coinvolte scrivono diversi giornali a proposito del rinvio a settembre per la sentenza sul caso Grillo, a sei anni dalla denuncia. Troppi, decisamente. Sulle sentenze che non si fanno capire, in particolare quelle che riguardano femminicidi e violenza di genere, anche questa settimana ha destato scalpore la riduzione dall’ergastolo a 24 anni e 8 mesi per  Costantino Bonaiuti che nel 2023 uccise l’ex compagna Martina Scialdone, sparando all’uscita da un locale. Malgrado fosse uscito armato e la perseguitasse e minacciasse da tempo secondo i giudici non ci fu premeditazione, da qui la concessione delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti. Leggeremo le motivazioni.

Tempesta Milano

Del caso Milano, ossia la tempesta giudiziaria che si è abbattuta sull’urbanistica della città, con avvisi di garanzia e richieste di arresto che hanno raggiunto immobiliaristi, archistar un assessore e indagato pure il sindaco Sala ne parliamo solo per notare che tra le molte pagine dedicate e l’infinità di interviste ad esperti e politici abbiamo trovato pochissime donne. Sul Manifesto è intervenuta Lucia Tozzi, studiosa di politiche urbane, autrice de L’Invenzione di Milano, intervistata anche da Repubblica, la quale sottolinea soprattutto come aver lasciato campo libero ai privati e al concetto che lo sviluppo urbano non debba più essere gestito dal pubblico ma mediato dai privati alimenta un processo non democratico, a cui hanno contribuito tutte le amministrazioni da Moratti in poi. Il Fatto poi intervista la scrittrice milanese Sveva Casati Modignani, regina del bestseller rosa, ma pure acuta osservatrice dei cambiamenti di Milano. Ecco alcune battute dell’intervista di Antonello Caporale: «Detesto la ricchezza, questa cafonaggine ora distribuita in verticale che atterra sul cemento e quando atterra esonda sui marciapiedi…. Milano è diventata una palestra in cui sviluppano i muscoli i titolari del vippismo fantuttone, cintura nera dei soldi fatti senza aver talento, senza la fatica, senza alcuna competenza, senza una storia».

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Gender gap

In settimana sono stati diffusi i dati Inps che dicono che le pensioni delle donne sono in media più basse del 34% rispetto a quelle degli uomini e che solo l’8% dei padri prende il congedo parentale.  Il gender gap torna in vari interventi: Rosario De Luca, presidente dell’ordine dei consulenti del lavoro, sul Sole 24 ore  scrive che la direttiva europea (2023/970) contro il gender pay gap non risolve il problema, che non è nelle leggi, ma nel sistema. «La radice del problema è nelle ore effettivamente lavorate dalle donne», che lavorano meno non per scelta, con quel part-time involontario dovuto all’assenza di efficaci politiche di welfare.  Solo su  Repubblica si dà spazio alla Proposta di legge delle donne democratiche (Schlein, D’Elia, Camusso, Braga) contro gli abusi del part time che colpiscono le donne in particolare (3 milioni su quattro) e che spesso è appunto involontario. Si tratta di una nuova disciplina del lavoro a tempo parziale, che riscrive parte del jobs act. Intervistata da Avvenire Cristina Scocchia, ad di Illy Caffè, ostenta ottimismo: «In Italia le donne ad sono il 3 % , la strada è lunga. Ma abbiamo fatto passi avanti grazie a donne che hanno fatto sforzi inimmaginabili. Ora tocca a noi dare testate al soffitto di cristallo, sento il dovere aiutare le giovani che vengono dopo di me ». Qualche nota di cambiamento sembra arrivare dai piani alti: Danilo Taino sul Corriere racconta che nei prossimi due decenni con la dipartita dei baby boomers  avverrà il maggior trasferimento intergenerazionale di ricchezza mai avvenuto, e premierà le donne. Si calcola che a loro andrà il 70% dei 124 miliardi di dollari che secondo alcune stime passeranno di mano entro il 2048. Un passaggio per via ereditaria, non proprio una rivoluzione ma che vedrà per la prima volta nella storia le donne in maggioranza a controllare grandi patrimoni.

Altre protagoniste e altre notizie

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A Libero si deve una campagna di delegittimazione che per tutta la settimana ha preso di mira Francesca Albanese, la  relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, oggetto di sanzioni da parte degli Usa per il suo report sugli interessi economici di aziende anche americane (e italiane) nell’occupazione e distruzione della Striscia di Gaza, ospite d’onore a Bogotà della Conferenza di emergenza su Gaza. Durissimo contro di lei anche un editoriale di Fiamma Nirenstein sul Giornale che l’accusa sostanzialmente di antisemitismo e di avere come fonti solo i terroristi. Da segnalare comunque la prudenza degli altri giornali, poche le notizie su di lei fatta eccezione del Manifesto e del Fatto che dà conto della raccolta di firme a suo favore che coinvolge intellettuali e attori.

Mentre abbiamo letto dappertutto moltissime interviste a Roberto Saviano, su Domani viene interpellata la giornalista Rosaria Capacchione, che con Saviano ha vinto in Corte d’appello a Roma la causa contro il boss dei casalesi Francesco Bidognetti e il suo avvocato Michele Santonastaso per le minacce ricevute durante il processo Spartacus. Le sua dice, è una vittoria «amara» perché sono passati 17 anni dal fatto, perché pur avendo vinto ha faticato moltissimo a reggere l’ attesa, perché il suo lavoro e il suo nome sono stati ingabbiati in questo processo, perché ha la sensazione di aver perso un sacco di tempo e che non sia cambiato niente.

Sul fronte russo-ucraino da segnalare l’appello pubblicato da Repubblica  di Julia Navalnaja, moglie del dissidente morto in un gulag,  contro il concerto del direttore Gergiev a Caserta, difeso dal governatore della Campania De Luca. Secondo lei Gergiev va boicottato non perché russo, ma perché sodale e complice dello zar, come aveva dimostrato una approfondita inchiesta del team investigativo della Fondazione anticorruzione di Navalny. La donna parla del rischio di normalizzazione per far uscire Putin dall’isolamento. Molte gli interventi pro e contro nel corso della settimana.

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Invece ad ammorbidire le posizioni Usa sull’Ucraina avrebbero contribuito due donne, come racconta Il Giornale: la first lady Melania Trump che sta avendo il suo momento di gloria per aver convinto il marito della doppiezza del leader russo ed è esaltata dalla stampa di Kiev che la chiama “agente Trumpenko”.
Lo ha rivelato lo stesso Trump in conferenza stampa, ringraziando la moglie per i commenti espressi in privato dopo le telefonate tra il marito e Putin. Così ha fatto anche Meaghan Mobbs, figlia dell’inviato Usa per l’Ucraina Keith Kellogg: mentre il padre era in visita a Kiev gli ha scritto su X «Notte rumorosa a Kiev, papà. Ho la strana sensazione che i russi non vogliano la pace». Lei è un’ex militare e gestisce una fondazione che aiuta l’Ucraina.

Chiara Valerio  su Repubblica racconta la storia della matematica Emmy Noether, tedesca ed ebrea costretta a fuggire negli Usa, stimata da Einstein che ne scrisse il necrologio sul NYT : «Nei giorni scorsi un’eminente matematica, la professoressa Emmy Noether che in precedenza ha lavorato nell’Università di Gottinga e negli ultimi due anni ha fatto parte del Bryn Mawr College è morta a 53 anni. Secondo il giudizio dei più competenti matematici contemporanei Fraulein Noether è stata il genio matematico più importante da quando le donne hanno avuto accesso all’istruzione superiore». A lei si deve il teorema di Noether

Infine vogliamo concludere con alcune tre donne coraggiose, loro malgrado, costrette da eventi tragici a diventare bandiere di diritti. Tra le mamme non ci sono solo quelle a bordo campo a Wimbledon.La forza di due mammeha titolato la Repubblica  in prima con una fotonotizia a centro pagina dedicata a Armanda Trentini e Paola Regeni, insieme a Roma, dando spazio alle dichiarazioni e all’accusa della madre del cooperante scomparso nelle prigioni venezuelane: «Insostenibile il silenzio della premier».

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Solo brevi e non su tutti i giornali per segnalare invece che Gisele Pelicot, protagonista di uno sconvolgente processo per violenza sessuale perpetrata dal marito e altre decine di uomini, sarà insignita della Legion d’ honneur. Come ha detto lei, pretendendo un processo a porte aperte, la vergogna ha davvero cambiato lato.


Questa rassegna è frutto del lavoro di squadra di Barbara Consarino, Gegia Celotti, Paola Rizzi, Luisella Seveso, Maria Luisa Villa, Laura Fasano, Caterina Caparello, Elisa Messina.

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