Puglia: la notte della vergogna. Le donne seppellite sotto le fotocopie | Giulia
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Puglia: la notte della vergogna. Le donne seppellite sotto le fotocopie

Tutto come da copione: il consiglio regionale riesce a non portare neppure al voto la doppia preferenza di genere. E c'era stata pure la diffida di Conte.

Puglia: la notte della vergogna. Le donne seppellite sotto le fotocopie
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29 Luglio 2020 - 19.51


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Tutto come da copione sotto il cielo del rilucente palazzo di vetro, da poco più di un anno nuova e fastosa sede del consiglio regionale pugliese.

Chissà se il progettista pensò a quella storiella della trasparenza e della politica.

 

Quanto si è consumato ieri sera nell’aula del consiglio, è stato un atto opaco, ancora una volta tramato all’ombra di accordi trasversali. Una recita neanche a soggetto a destra come a sinistra. Con un unico risultato evidente: le donne pugliesi non hanno diritto a sedere tra i banchi regionali. A scegliersi.

Il genere dominate, sfidando il ridicolo e l’anacronismo, si tiene ben saldo il potere di convogliare voti, accedere a vecchi e nuovi feudi elettorali, perpetuare le decisioni su chi abbia il censo di sedersi sui bramati scranni da 13mila euro lordi al mese. Da cui si comprendono modalità e ferocia di una guerra per l’eliminazione di un genere ingombrante in quanto a pretese di rappresentanza ed oltretutto scomodo al mondo dei compromessi.

 

 

Fuori il palazzo, sin dalla mattina ad una temperatura rovente non solo in senso meteorologico, donne di ogni età, professione ed estrazione politica. Sono quelle che da anni chiedono agli amministratori regionali di adeguare il sistema elettorale pugliese alle disposizioni dei princìpi costituzionali e alla legge Del Rio del 2016. Resteranno fuori dall’aula. Rigidissima, in questo caso, l’applicazione delle norme anti- covid. Tanto da vietare l’accesso, tra il pubblico, persino alla presidente della commissione regionale Pari Opportunità, ” la linea non va. Impossibile seguire in streaming i lavori del consiglio” scrive Del Giudice sui social. Nè si riesce ad ottenere – giornalisti compresi – una postazione fuori dall’aula per seguire i lavori.

  

Eppure erano in molte a credere che il momento, dopo tante battaglie, fosse arrivato anche per la Puglia, oramai sola con la Calabria a fare la guerra alla doppia preferenza. Soprattutto dopo la formale diffida inviata dal primo ministro Conte, dietro informativa del ministro degli affari regionali Boccia. E dopo l’adeguamento da parte del consiglio regionale della Liguria – anche lei al voto a settembre – che 20 giorni fa ha approvato, senza strappi,  la doppia preferenza e perfino l’alternanza di genere nelle liste. 

 

A Bari, invece mentre il countdown corre inesorabilmente verso il consiglio del 28 luglio, i presagi sono tutt’altro che favorevoli. Si capta nell’aria lungo i grigi corridoi del palazzo di vetro.

Allo scoccare della fatidica data, l’ultimo consiglio utile della legislatura inizia con ben 5 ore di ritardo e la doppia preferenza confinata all’ultimo punto dell’odg.

 

Mentre gli schieramenti scaldano i muscoli su altri argomenti, le agenzie battono inviti al consiglio – non tanti in verità ma primo tra tutti quello della ministra Bellanova – a votare la preferenza di genere con voto palese. Visto che sin dalla mattina si era aperta la caccia a 5 consiglieri disposti a chiedere il voto segreto e replicare l’affossamento della stessa proposta di legge di quasi 10 anni prima. I volontari si fermano a 3. Diventa necessario optare per una diversa exit strategy.

 

Quando finalmente arriva il tempo della discussione sulla doppia preferenza, l’aula viene inondata da plichi di fotocopie. Sono i quasi 2000 emendamenti presentati.  1.946 firmati da Fratelli d’Italia, 5 dal Pd, 2 dal consigliere Pisicchio. Uno dai 5Stelle che propone l’obbligo del rapporto 60% -40% tra i due generi nella formazione delle liste, pena l’esclusione dalla competizione elettorale.  E non una semplice e risibile multa come avviene oggi.

 

Ed è a questo punto che spunta l’emendamento presentato dall’opposizione e passato con voti dei franchi tiratori della maggioranza, per rendere ineleggibile l’epidemiologo Lopalco – capo della task force pugliese anti-covid –  che Emiliano ha candidato alle regionali. La seduta viene ripetutamente sospesa finché mancherà il numero legale e l’attesa delle donne pugliesi definitivamente affossata.

 

Ora l’azione passa a Conte ed ai poteri sostitutivi del governo come del resto già al sorgere del sole la maggioranza e il presidente uscente invocano.  Mentre la leader di Fratelli d’Italia,  Meloni –  al fianco di Fitto suo candidato alla presidenza  – chiede una nuova seduta del consiglio che approvi solo la doppia preferenza.  Temendo – dichiara -il tentativo della sinistra di creare ostacoli alle procedure elettorali visto ” che non si ha memoria di un intervento sostitutivo legislativo”.

 

E neanche di un’offensiva così pervicace contro i diritti delle donne.

 

Maschilista e retrograda la politica uscita sconfitta dall’aula pugliese, dichiara Lella Golfo presidente della fondazione Bellisario.  L’Intergruppo della Camera per le donne, i diritti e le pari opportunita’ in rappresentanza di 73 deputate che ne fanno parte, su iniziativa di Laura Boldrini, scrive una lettera al presidente Conte perché il governo intervenga. 

Il network Noi Rete Donne fa altrettanto.

 

Il sole è già alto quando il presidente Emiliano affida ad una nota l’assunzione della sua responsabilità politica. Ma serve a poco, detto da chi alla vigilia della sua elezione 5 anni fa  aveva perentoriamente promesso che l’introduzione della doppia preferenza di genere sarebbe stato il suo primo atto da presidente della giunta.

E’ questo del resto l’argomento preferito per i suoi oppositori assieme all’accusa di aver sacrificato la doppia preferenza per scongiurare l’incandidabilità di Lopalco.

 

Una doppia presa in giro, invece,  il bilancio che ne traggono le donne pugliesi che già nel 2012 cariche di attese durante la presidenza Vendola, al fianco di storiche associazioni femminili organizzate nella rete 50/50, raccolsero ben 30mila firme poi presentate in consiglio per la modifica della legge elettorale,  affossata quella prima volta in virtù della trasversale complicità di consiglieri di destra e sinistra. Esponenti che in quegli anni si spellavano pubblicamente le mani ricordando l’iniziativa di “migliaia di donne e uomini che giustamente chiedevano un riequilibrio di genere per un vero paese democratico”. Parole da statisti pronunciate in un’aula in cui le elette erano 4. Oggi sono 5  a fronte di 45 uomini :  ( 3 5stelle, 1 pd e 1 Forza Italia ).

Andando avanti così, nel consiglio regionale pugliese,  si dovrebbe arrivare alla rappresentanza paritaria appena nel 2125.

 

 

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