Questione di genere a Occupy Wall Street | Giulia
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Questione di genere a Occupy Wall Street

All’interno del movimento di Occupy Wall Street è nato il gruppo Occupy Patriarchy, in risposta ad alcuni fenomeni di marginalizzazione delle donne. [Carla Fronteddu]

Questione di genere a Occupy Wall Street
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20 Dicembre 2011 - 11.12


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Il Time ha recentemente eletto personaggio dell’anno il manifestante, omaggiando i protagonisti delle proteste che negli ultimi dodici mesi si sono accese in tutto il mondo dal Cairo a New York, da Madrid alla Libia.

Ma cosa sappiamo delle protagoniste di questo movimento globale e che posto occupano le tematiche di genere al suo interno?

Ne abbiamo parlato con Erin Shell, una studentessa di New York, che ha raccontato la sua esperienza di attivista nel movimento di Occupy Wall Street in occasione della conferenza internazionale Movimenti contro la crisi a confronto, organizzata a Siena dagli studenti del DAS, Dimensione Autonoma Studentesca, da AteneinRivolta e dall’ Assemblea Siena Beni Comuni.

Ti sembra che ci sia un’alta partecipazione di donne all’interno del movimento di Occupy Wall Street?

Ci sono più uomini che donne veramente, ma credo che questo dipenda da un fenomeno sociale più ampio nel quale gli uomini cercano di avere sempre la parola, di essere la voce più forte e di imporre una presenza dominante.

E come reagiscono le donne a questa situazione?

Alcune, durante un evento, hanno chiesto agli uomini di stare in silenzio e lasciar parlare le donne, ma sono state interrotte da un uomo furioso, che le ha accusate di sessismo. L’obiettivo del movimento comunque è trovare modalità che permettano a tutti di esprimersi e vengono sperimentati molti tentativi, per garantire la partecipazione anche di soggetti tradizionalmente marginalizzati.

So che all’interno del movimento di Occupy Wall Street è nato un gruppo che si chiama Occupy Patriarchy.

Sì, Occupy Patriarchy è nato in risposta ad alcuni fenomeni di marginalizzazione delle donne, che si sono verificati all’interno del movimento e preme affinché l’analisi dei temi intorno ai quali sono nati i vari Occupy, non sia condotta senza tener conto della condizione e del punto di vista di genere.

Le femministe americane sono entrate in contatto con il movimento?

Sì, per esempio pochi mesi fa c’è stato un episodio collegato, anche se non in maniera diretta, con il nostro movimento: the Slut Walk, la marcia delle sgualdrine. Si è trattato di una dimostrazione contro il sessismo e contro chi giustifica la violenza sessuale con un abbigliamento femminile succinto, ragion per cui molte manifestanti hanno partecipato all’evento in reggiseno o con abiti ridotti.

Che posto occupa la questione di genere all’interno del movimento?

Sebbene in America sia presente una grande tradizione femminista, in questo momento l’opinione generale è che il movimento delle donne abbia vinto le sue battaglie: le donne infatti sono entrate a far parte della forza lavoro, tra i 20 e i 35 anni, secondo alcune statistiche, guadagnano più dei loro coetanei maschi e rispetto a loro lavorano più ore al giorno. La mia impressione è che le vittorie del movimento femminista del passato vengano giudicate come successi ottenuti nei termini di un modello capitalistico e non viene valutata la dimensione sociale.

E per quanto riguarda altri temi, non legati alla possibilità di emanciparsi attraverso il lavoro?

Sono naturalmente presenti altri temi sociali come l’aborto, le scelte riproduttive o la salute, ma sono raccolte sotto un ombrello più ampio, sotto il quale trovano ospitalità una gran varietà di temi, dall’inquinamento alle questioni razziali.

Qual è la tua opinione a riguardo?

Mi sembra che ci sia una tensione tra l’interpretazione del capitalismo come terreno della lotta di classe e l’interpretazione del capitalismo non solo in termini di lotta di classe, ma come fenomeno all’interno del quale si producono e si riproducono problematiche identitarie e sociali, come ad esempio la questione di genere. Credo che un obiettivo importante del movimento sia proprio ricomporre e connettere queste due letture. Dal mio punto di vista, trovo che sia importante mettere in luce come il capitalismo produca le condizioni sociali che causano l’oppressione delle donne, dei gay e delle lesbiche, delle persone di colore, delle minoranze in generale.

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