Arriva una ricerca di due professoresse associate presso il Dipartimento di analisi delle politiche e management pubblico della Bocconi, Alessandra Casarico e Paola Profeta.
E dimostra che le legge sulle quote ha dato un forte impulso all’innalzamento della qualità degli eletti e della politica.
I dati sono inconfutabili, perché le docenti analizzano due gruppi di enti locali, quelli in cui la formazione delle liste e dunque le elezioni si è basata sulla legge 81 del 1993, secondo la quale nessun genere poteva rappresentare più dei 2/3 dei candidati totali nelle liste elettorali comunali, e gli enti locali dove ciò non è avvenuto.
Si tratta di un “esperimento naturale”, spiegano le docenti nel paper Gender quotas and the quality of politicians scritto con Audinga Baltrunaite e Piera Bello, perché “la legge fu abolita inaspettatamente nel 1995 perché dichiarata incostituzionale. Poiché le elezioni avvengono ogni 5 anni, non tutti i comuni votarono nel periodo 1993-1995 in cui la legge era in vigore. Questo ci permette di identificare due gruppi, spiegano le autrici della ricerca: il gruppo di trattamento rappresentato dai comuni che hanno votato secondo tale legge, e il gruppo di controllo che include gli altri. Possiamo quindi utilizzare una metodologia ‘difference in difference’ per stimare la differenza della qualità media dei politici locali eletti nei due gruppi di comuni.
Seguendo precedenti studi nella scienza della politica, misuriamo la qualità con gli anni di istruzione. I risultati dell’analisi mostrano che la presenza delle quote si è accompagnata a un aumento della qualità media (istruzione) dei politici eletti, non solo perché tra gli eletti sono aumentate le donne, che mediamente sono più istruite degli uomini, ma anche perché sono diminuiti gli uomini con basso livello di istruzione. In altri termini la presenza di donne tra i candidati ha portato a un aumento del numero di donne elette, che hanno sostituito gli uomini meno istruiti.
Il nostro lavoro si focalizza su un contesto specifico, quello dei politici locali. Il messaggio però ha una portata molto più ampia: non è detto che l’introduzione di quote di genere peggiori la qualità dei rappresentanti. Anzi, nel caso analizzato ha portato a un suo miglioramento. In Italia, paese dominato da una potente gerontocrazia maschile, l’adozione di quote di genere potrebbe rappresentare un rinnovamento benefico”.
La pubblicazione di tale ricerca è un contributo importante alle teorie di genere, in quanto per la prima volta viene empiricamente provato come l’introduzione per legge delle quote abbia come conseguenza l’aumento della qualità degli eletti.
Infatti una delle contestazioni più diffuse, anche a seguito dell’approvazione della legge 120 del 2011, che impone alle società quotate una percentuale minima del genere meno rappresentato nei cda e nei collegi sindacali, ossia le donne, finora è stata proprio quella sull’impossibilità di dimostrare l’automatismo tra l’introduzione delle quote e l’aumento della qualità degli eletti.
La prova ora c’è ed è impossibile da confutare.