'L''altraitalia: la pasticciera ukraina' | Giulia
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'L''altraitalia: la pasticciera ukraina'

Le storie delle immigrate nel nostro Paese sono le nostre storie: su di loro, anche per il ricatto della cittadinanza, si scaricano maschilismi antichi. [Marika Borrelli]

'L''altraitalia: la pasticciera ukraina'
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10 Novembre 2012 - 14.52


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Si chiama Yuliya. È paffutella, con i riccioli di un improbabile color rame scambiato.

Arriva trafelata: teme di essere stata convocata per ennesimi problemi amministrativi legati al suo status di immigrata. Invece, ha finalmente ottenuto il decreto di cittadinanza italiana.

Ha fatto un po’ di confusione con i documenti da consegnare, ma sicuramente l’aiuterò a rimettere ordine.

Ha un vestito a fiori grandi, un po’ stretto. Sembra preoccupata.

Cerco di metterla a suo agio.

Le chiedo qualcosa di sé. Lavora? No, non lavora. Si occupa della sua famiglia: ha sposato un italiano ed ha avuto due figli con quest’uomo. Guardo i documenti: lui ha molti anni più di lei.

Ogni tanto va a servizio da qualcuno: lava scale nei condomini, pulisce appartamenti e negozi. Saltuariamente. Neanche il marito lavora.

Ma prima, quando era nel suo Paese, cosa faceva? Yuliya mi racconta che ha studiato alla scuola per cuochi e pasticcieri. È una pasticciera diplomata. Quando venne in Italia, trovò lavoro in una pasticceria. Ha lavorato lì fino a che il marito non la denunciò per abbandono del tetto coniugale. Chiedo spiegazioni.

Il marito non voleva che lavorasse, perché stava troppo tempo fuori casa e non si sentiva accudito. Allora, lei ha lasciato il suo lavoro. Fanno quasi la fame, perché vivono della pensione d’invalidità di lui, ma non si litiga più davanti ai bambini.

Le chiedo se le manca il suo lavoro.

Arrossisce e le vengono le lacrime. Poi, inizia a raccontarmi di come ama preparare dolci, di com’è brava ad inventare le decorazioni, di come è precisa nelle farciture con le creme. Mi racconta che non le pesava il lavoro, nonostante la famiglia, e che tutta la sua felicità era inventare, impastare, creare dolci.

Adesso, quando qualche signora della città le chiede un dolce è come se venisse natale. Il ‘suo’ dolce lo prepara con scienza: dalla lista degli ingredienti fino al disegno delle guarnizioni.

Succede raramente, ma pazienza: è sempre meglio che non litigare davanti ai bambini. Prima di denunciarla, il marito arrivò nel laboratorio di pasticceria e la tirò fuori per i capelli, per convincerla che il suo posto era a casa.
Yuliya si è convinta, alla fine. Lava le scale nei condomini e pensa che i suoi figli vivranno più sereni.

Forse i suoi figli cresceranno, invece, con l’idea che le donne sono più adatte a lavare scale nei condomini che a fare le pasticciere.

Yuliya se n’è andata contenta per il suo nuovo status di cittadina italiana. Pensa che la sua dignità di persona sia aumentata: non è più una migrante con permesso di soggiorno.

È tornata a salutarmi dopo qualche settimana. Prima di andarsene, mi ha lasciato un cioccolatino sulla scrivania ed è scappata via di corsa.

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