“Secondo una delle mie amiche, ‘non possono lamentarsi se poi le stuprano”. Ammesso che davanti ad un drink si possano dire idiozie criminali del genere, è quanto meno di cattivo gusto che, tanto per cercare qualche provocazione gossippara di inizio estate, il Secolo XIX pensi di affidare uno spazio rilevante della propria prima pagina di oggi, lunedì primo luglio, ad uno scrittore “giovanilista” che discetta dei minishorts e se le ragazzine che li adottano si siano viste o meno allo specchio.
Ancora oggi le cronache – vere – dall’Italia riportano due donne uccise. A questo punto, una frase del genere, specchio degli stereotipi più biechi, non solo stride, ma fa male. E ripugna l’idea che ancora si possa fare dell’ironia sulla violenza alle donne e sulla “provocazione” che gli abiti femminili, indossati a qualunque età, possano costituire per i presunti maschi cacciatori.
Sarà anche estate, ma non sentiamo il bisogno di cercare refrigerio rabbrividendo per queste parole.
E soprattutto, al di là della diretta responsabilità di chi firma l’articolo, che francamente non fa ridere e non riesce neppure a provocare, c’è da chiedersi che tipo di informazione si pensa di fare gettando in prima pagina i peggiori e più stupidi stereotipi. Che su menti poco allenate, possono anche fare presa.
Alessandra Costante
Segretaria associazione ligure dei giornalisti
Donatella Alfonso
Coordinatrice Commissione pari opportunità