Paestum 2013: le età del femminismo | Giulia
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Paestum 2013: le età del femminismo

Il rapporto tra femminismo storico e nuove generazioni. A Paestum dal 4 al 6 ottobre torna l’incontro nazionale. Intervista a Femminile Plurale. Di [Barbara Romagnoli]

Paestum 2013: le età del femminismo
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2 Ottobre 2013 - 09.48


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Femminile Plurale [Fp] è un luogo virtuale, un blog nel quale trovare spunti e riflessioni su questioni di genere, di storia delle donne, di femminismo. Le donne che lo curano, tutte trentenni, sono anche tra le firmatarie della lettera di invito di Paestum 2013, scritta con altre giovani femministe, che propone come tema la libertà nelle condizioni concrete di vita, oggi segnata della precarietà, per rimettere al centro della politica le relazioni e le persone: «Il femminismo, oggi come ieri, è una lotta di libertà, un desiderio di rivoluzione.
Paestum 2013 nasce quindi da un’urgenza, l’urgenza di incontrarsi, proporre alternative, l’urgenza di trovare una strada che ci permetta di essere libere… Libere davvero. Libertà è poter essere, poter scegliere, poter desiderare. È una pulsione naturale, un bisogno palpabile, una lotta irrinunciabile. Voglia di libertà è quello sguardo sul mondo che rivendica un diverso stato delle cose».

Quali i temi fondamentali che affronterete?

Paestum2013 ha le sue radici in Paestum 2012, che a sua volta rimanda al primo Paestum del 1976, più di 35 anni fa. C’è un filo conduttore che lega questi eventi ed è la convinzione che la politica delle donne sia una strada imprescindibile per poter produrre il cambiamento strutturale di un sistema che sempre di più mostra le sue falle nelle quali rischiamo di precipitare tutti se non si fa qualcosa. Il tema fondamentale di quest’anno è quello della libertà nelle sue diverse declinazioni, libertà che non è mai scontata e che è sempre prodotto di una conquista. Parleremo quindi di libertà e sessualità, di libertà e maternità, di libertà come nuovo modo di intendere la politica e la nostra partecipazione in essa, di libertà e del suo rapporto con l’economia e il lavoro e infine di libertà e nuove forme di cittadinanza.

Dopo l’incontro dello scorso anno molte donne hanno criticato la modalità orizzontale, dicendo: “sì è vero abbiamo parlato tutte ma non si è venuto a capo di niente”. Voi cosa pensate?

Non ci risulta che ci siano state lamentele rispetto alla modalità orizzontale degli incontri. Rispetto ai temi trattati sì, è naturale che in una assemblea di mille donne ognuna ha dovuto fare spazio anche a temi che non sentiva “suoi”. Ma noi pensiamo che la modalità orizzontale sia un carattere fondamentale di questi nostri incontri nazionali, l’abbiamo sperimentato. Da un lato, non riteniamo che la modalità verticale sia l’unico modo per prendere decisioni, che possono essere prese anche in modalità orizzontale, se condivise. La verticalità, del resto, non rappresenta altro che la reiterazione della modalità decisionali dei partiti, partiti che sono chiara espressione di una ‘politica’ che non è politica e che uccide la partecipazione attiva delle cittadine e dei cittadini. La negazione della partecipazione è anche negazione della responsabilità, è infantilizzazione che produce indifferenza e impotenza.

Da qui la necessità dell’orizzontalità: orizzontalità come responsabilità di ciascuna. Se davvero questa pratica non producesse niente non saremmo di nuovo qui anche quest’anno: Paestum2012 ha rappresentato per tutte noi un esempio concreto di politica diversa, di una vera alternativa rispetto a quello a cui ci hanno abituate. Vorremmo anche ricordare che dopo l”esperienza dell”anno scorso, sono nati in tutta Italia comitati, gruppi di donne, collettivi che volevano proseguire nelle loro città il percorso iniziato a Paestum nello spirito della pratica femminista. Questi ci sembrano validissimi risultati.

Nell’appello leggiamo “Voglia di libertà è quello sguardo sul mondo che rivendica un diverso stato delle cose”, come fare per trasmettere questo messaggio fuori dal contesto femminista?

Riteniamo che una strada fondamentale sia quella dell’educazione delle giovani generazioni e quindi quella del coinvolgimento degli educatori, insegnanti, in quello che è il discorso del femminismo. Ma la strada più importante in assoluto per portare questo messaggio è quello della pratica quotidiana, del nostro essere femministe in tutti i luoghi della nostra vita, in tutte le relazioni che abbiamo. Di non produrre cioè quello scollamento tra piano teorico e pratico, di ciò che diciamo e ciò che facciamo, di cui è chiaro esempio la nostra politica nazionale. Che il femminismo sia in ogni nostra azione un esempio di pensiero critico e di un modo migliore per stare insieme nel mondo.

Uno dei nodi è il rapporto femminismo storico – nuove generazioni, ci sono le giovani fra i 18 e i 25 anni o ci si ritrova fra over 30?

Crediamo che le giovani, dai 18 ai 25 anni, non saranno in tante. E credo che il non essere riuscite a coinvolgere tutte queste donne sia un grande limite del femminismo degli ultimi anni, limite a cui è necessario quanto prima porre rimedio.

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