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2013: #Paestum parte da qui

Alla assise delle donne, la parola alle più giovani. Un rinnovato bisogno di riaffermare che noi “non siamo staffette, siamo partigiane”. Di [Luisa Betti]

2013: #Paestum parte da qui
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6 Ottobre 2013 - 20.09


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Oggi riunione plenaria a Paestum, siamo circa 500 in una sala dove le donne prendono parola e si confrontano, partendo da sé. Una “edizione” gestita dalle più giovani dopo il dibattito dell’anno scorso, e dove sembra che le femministe storiche siano disposte ad ascoltare e a interagire con un sentire e un pensare che si è trasformato. Ma quello che riemerge è lo scarto generazionale, le giovani e le vecchie, e allora mi chiedo: io dove mi colloco? non sono giovane ma non sono vecchia, quindi dove sto? E come me, tante altre che sono qui. Un varco che si apre come un miraggio, un’illusione, dietro il quale c’è solo una certezza: la realtà. Ed è di questa realtà che mi piacerebbe parlare qui, tutte insieme e di qualunque età, senza sentir più parlare appunto di “giovani e vecchie”, ma di donne, di noi tutte e di come vogliamo essere al mondo.

Oggi, domani, perché quello che si è fatto lo sappiamo e ne abbiamo fatto tesoro, e perché il riconoscimento di quel passato è nelle nostre ossa, nella nostra carne, nel DNA, nella nostra presenza qui, adesso. Ma ora dobbiamo andare avanti. E se devo partire da me, se posso esprimere quella Libertà citata nel titolo: “Libera ergo sum”, voglio dire che il mio di desiderio è che da questo Paestum esca una risposta concreta rispetto a una pratica di potere maschile che, anche attraverso voci femminili, sta facendo a pezzi la vita delle donne, la nostra parola, i nostri corpi, mettendo in discussione non solo la nostra autodeterminazione ma la stessa nostra sopravvivenza.

Ieri, durante la discussione in aula sul decreto femminicidio alla Camera, la presidente della commissione giustizia ha detto testualmente che “bisogna difendere le donne da loro stesse”, nel pericoloso pensare che le donne siano soggetti deboli da difendere, delle diversamente abili che non sono in grado neanche di intendere e di volere. Affermazione che è parte integrante di quell’attacco frontale nei confronti delle donne in un momento di crisi globale dove le prime a rimetterci le penne siamo proprio noi. Un esempio esemplificativo di cosa si consuma adesso, in questo Paese ma anche altrove, sulla nostra pelle: una violenza maschile che non è solo in casa, dai partner, dagli ex, ma istituzionale, nella vita, sul lavoro, a scuola, da parte di quello stesso Stato che facendo finta di “difenderci” ci toglie la stessa facoltà di intendere e di volere, con un rilancio di un pensiero e una pratica della discriminazione insista nel considerarci delle incapaci. Un rilancio a cui vorrei di opponesse un’onda inarrestabile, forte e radicale, profondamente rivoluzionaria, dove in prima fila ci siano proprio le nuove generazioni, ma mai senza tutte le altre accanto, perché sono loro che hanno davanti un futuro che è tutto da inventare e che può essere anche un non-futuro ma un pericoloso viaggio all’indietro.

Per questo pubblico [i]in allegato qui sotto[/i] il discorso che con grande coraggio il gruppo F9 ha pronunciato sul palco di Paestum alla sua riunione plenaria di stamattina, perché, anche se alcune non sono d’accordo, contiene il fulcro di questa trasformazione che è già in atto, e dove c’è un rinnovato bisogno di riaffermare che noi “non siamo staffette, siamo partigiane”.

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