Per una tv (anche) delle donne ci vuole libertà | Giulia
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Per una tv (anche) delle donne ci vuole libertà

Cambiare la Rai per cambiare il sistema televisivo: senza i lacci delle tante "parzialità". Perché la nostra tv così è povera di qualità e di offerta. Di [Licia Conte]

Per una tv (anche) delle donne ci vuole libertà
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22 Novembre 2013 - 18.53


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Per cambiare il Servizio Pubblico occorre cambiare tutta la Tv e per capire come, occorre prima rispondere a due domande:

quanto investiamo nella Tv in confronto ad altri Paesi industrializzati, soprattutto quelli a noi più vicini per geografia, storia e composizione sociale;

quanto lavoro impieghiamo nell”intero settore degli audiovisivi.

Se, come è possibile sospettare, il duopolio Rai/Mediaset ha contribuito a creare in Italia un sistema povero per quantità e qualità dell”offerta; e se si appurasse che tale sistema non crea lavoro, ma lo distrugge, è facile immaginare il vero e immediato compito dell”azienda Rai: distruggere il duopolio, riformando se stessa.

Andando per punti, si tratterà di capire quale potrà essere il ruolo del servizio pubblico all”interno dell”offerta dell”azienda di Stato. Le donne da un palco di piazza del Popolo nel corso di una manifestazione lo hanno indicato con chiarezza: un servizio pubblico senza missione non esiste.
Missione significa immettere con coraggio nella programmazione valori e idee non, o non ancora, venuti alla ribalta.
Alcuni decenni fa la Rai seppe donare l”italiano agli italiani. Perché non ripetere il miracolo con una nuova avventura? Si dia quindi al Servizio Pubblico una nuova missione: fare finalmente dell”Italia un paese abitabile anche dalle donne, un paese di donne e uomini.

Sulla governance poche parole per dire: non facciamo gli errori del passato, quando si portò la Rai sotto il controllo del Parlamento, inaugurando così la lunga ed esiziale stagione della lottizzazione.
Non saranno neppure i parlamentini a salvare l”indipendenza delle aziende produttrici di cultura e informazione, ma, che siano pubbliche o private, le salverà la loro autonomia e la loro indipendenza: ossia, la capacità di stare con gli utenti anche orientandoli.

Via insomma la parola abusata di pluralismo, coacervo di parzialità; largo alla parola libertà: delle aziende, dei giornalisti, dei produttori.
Sì alle regole, no al dominio. Sì dunque a un sistema ben regolato. Per capire come si potrà forse trovare ispirazione analizzando ancora una volta le esperienze dei paesi a noi più vicini.

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