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Processo per hate speech il 17 settembre l'accusato è il sindaco leghista di Pontinvrea che, dopo lo stupro di Rimini, aveva twittato: «Arresti domiciliari a casa della Boldrini»

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13 Settembre 2018 - 23.46


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Processo per hate speech. Sul banco degli imputati il prossimo 17 settembre al tribunale di Savona c’è il sindaco leghista di Pontinvrea, Matteo Camiciottoli, che un anno fa, dopo lo stupro di Rimini, scrisse su twitter, in italiano incerto: «Potremmo dargli gli arresti domiciliari a casa della Boldrini, magari gli mette il sorriso…».

 

#AdessoBasta: con questo hastag Laura Boldrini aveva deciso di mettere uno stop netto e deciso all’odio che sulla rete si riversava su di lei, lei che era Presidente della Camera, che aveva fatto sue e istituzionali le battaglie delle donne, che non stava nel chiuso di Montecitorio ma interveniva sulle piazze d’Italia e su quelle social. E Boldrini ha incominciato a denunciare. Famosi e no.

#AdessoBasta non è solo contro gli attacchi a Boldrini, ma – dall’alto della carica che ha ricoperto – è una parola d’ordine contro l’odio che nei social si riversa sulle donne, che sono e restano le più “odiate” e insultate nella classifica che ogni anno Vox stila sull’hate speech dei social: e anche quest’anno il 60% dei Tweet sulle donne è greve di attacchi sessisti (per un confronto, il 13,5% è contro i migranti, l’11% contro gli islamici).

La buona notizia è che accanto all’on Boldrini, oggi deputata di LeU, si stanno schierando le organizzazioni femminili, che alcune – tra cui DiRe (Rete nazionale dei centri antiviolenza), Differenza Donna, l’Udi, Rebel Network, Snoq Torino e Futura in rete – si sono costituite parte civile accanto a lei: perché il processo di Savona, con un sindaco alla sbarra contro la donna che aveva in Italia la massima carica istituzionale, è un processo contro tutti quelli (e quelle) che hanno trasformato le piazze virtuali dei social in degradanti luoghi dove l’insulto è la moneta di scambio, l’odio orgoglio e vanto, le donne le vittime prescelte.

Anche GiULiA è accanto e solidale con l’on. Boldrini, e certo non soltanto perché negli anni del suo mandato di Presidente ha appoggiato le nostre battaglie sul linguaggio non sessista e contro il linguaggio violento, incontrandoci, offrendo le sale di Montecitorio per la presentazione dei nostri libri, partecipando agli eventi. Siamo con lei perché la sua battaglia contro l’hate speech è la nostra, e chiediamo alle colleghe e ai colleghi di denunciare sempre un malcostume che sta minando la convivenza democratica del Paese.  

Denunciare vuol dire anche seguire i processi, ora che le procure incominciano a dire la loro: un ascoltatore della “Zanzara” ha avuto una super multa di un migliaio di euro perché in diretta alla radio, dopo i fatti di Macerata, suggerì a Luca Traini (quello che sparò ai migranti) di andare sotto casa della Boldrini e di gambizzarla. Ed è stato denunciato anche l’attore Fabrizio Bracconeri, l’ex ragazzo della terza C, che sempre a proposito dei fatti di Macerata ha apostrofato Boldrini su Twitter: «Lo sai che tu sei responsabile dell’omicidio di Pamela… e di tutti i reati commessi dai clandestini…?».

#AdessoBasta. E non è solo Boldrini: tra le ultime la collega di GiULiA Antonella Napoli,  minacciata in rete di stupro da neofascisti, “gli stessi – ha dichiarato Antonella – che mi attaccano quando parlo di diritti”. Non basta la solidarietà, che è tanta. Tocca a tutti noi, giornaliste e giornalisti, raccontare cosa succede nei tribunali dopo le denunce, le condanne e anche le scuse: perché non ci siano archiviazioni facili, perché l’odio va fermato.

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