La Sea Watch, la Capitana, l’odio, non smettiamo di scrivere | Giulia
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La Sea Watch, la Capitana, l’odio, non smettiamo di scrivere

Un appello al Presidente della Repubblica e al Parlamento dei Comitati Snoq e dei Giuristi democratici. La magistratura persegua i violenti attacchi sessisti  

La Sea Watch, la Capitana, l’odio, non smettiamo di scrivere
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30 Giugno 2019 - 13.38


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La Sea Watch. La Capitana. I migranti. E l’odio. Le nostre tv e i nostri giornali hanno seguito passo passo le ore infinite di una vicenda che ha coinvolto profondamente parte del Paese.

Ma è l’”ultimo atto” quello su cui oggi GiULiA invita colleghe e colleghi a non abbassare la penna, a non chiudere il computer: da un lato, infatti, ci preoccupa la diffusione via agenzia di stampa della fotografia di Carola Rackete ripresa probabilmente al momento della foto segnaletica, con accanto un poliziotto (immagine che si suppone “ufficiale”, cioè degli uffici: nessun fotografo “civile” ha mai varcato quelle soglie), che rischia di essere solo propaganda in spregio ai diritti di qualsiasi  arrestato.

Dall’altra la violenza degli attacchi e delle minacce sessiste a Carola Rackete, che abbiamo sentito nelle registrazioni audio delle tv, che abbiamo letto in rete, un linguaggio dell’odio che primi tra tutti devono essere i nostri media a controbattere per arginare.

Ed è il movimento delle donne, ancora una volta, il primo a chiedere che non si faccia finta di niente. In un documento promosso dai Comitati nazionali di SeNonOraQuando e dai Giuristi democratici, che ha raccolto le adesioni di numerose associazioni, si fa appello al Parlamento e al Presidente della Repubblica e si chiede alla magistratura di perseguire chi si è reso responsabile dei violenti attacchi sessisti: “Nel compimento delle sue attribuzioni – è scritto – la Magistratura ha indagato la Capitana Carola Rackete e nei suoi confronti applicherà la legge con il rigore e l’indipendenza che le è propria; ci aspettiamo che il medesimo rigore venga applicato nell’esercitare l’azione penale anche nei confronti di coloro che all’alba del 29 giugno, nel porto di Lampedusa, con gli auguri di stupro, gli apprezzamenti volgarmente sessisti, hanno offeso tutti quegli uomini e quelle donne che si riconoscono nei principi della Costituzione.

Ci appelliamo alle forze politiche perché il Parlamento faccia chiarezza sull’episodio e, con la sua azione, sappia opporsi alla barbarie; al Presidente della Repubblica, quale Garante della Costituzione e Presidente del CSM, perché tuteli i diritti delle vittime di reato, in special modo della Capitana Carola Rackete”.
“Abbiamo assistito attoniti – è infatti scritto nel documento – allo sbarco di quanti si trovavano a bordo della Sea Watch, accompagnato non da un sospiro di sollievo per le vite salvate, ma da insulti sessisti, minacce e ingiurie non degne di un Paese civile.

I toni, ma soprattutto i contenuti, esulano dal lessico politico e sono totalmente estranei alla democrazia; non è stato offeso soltanto l’onore ed il decoro della Capitana della Sea Watch – con frasi irripetibili e sessiste -, non solo a lei ed alle mogli e figlie dei parlamentari che si trovavano a bordo è stato augurato lo stupro, ma quelle frasi sono una ferita profonda a tutti e a tutte coloro che si riconoscono nei valori fondanti del nostro Paese. Quelle frasi- di cui vi è ampia documentazione video- sono un insulto allo stato di diritto ed alla Costituzione della Repubblica, oltre a costituire ipotesi delittuose perseguibili d’uffIcio quali la minaccia e l’ingiuria aggravate, l’istigazione all’odIo razziale. I responsabili sono agevolmente identificabili in quanto ripresi in numerosi video e, per loro stesso rivendicare, appartenenti ad un partito di governo. Nello stigmatizzare ogni comportamento volto a calpestare diritti costituzionalmente garantiti, ci opponiamo con fermezza all’odio, razziale o di genere che sia, perché venga riaffermato il primato della legge che prevede come reato i comportamenti minacciosi, ingiuriosi e lesivi della dignità delle persone”.

 

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