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Violenza sulle donne: la colpa non è del Coronavirus

Il lockdown non è una (nuova) scusa, e neppure la paura del virus. L'allarme violenza contro le donne raccolto anche dal Papa. La lettera delle giornaliste alla ministra Bonetti.

Violenza sulle donne: la colpa non è del Coronavirus
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14 Aprile 2020 - 00.48


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Violenza sulle donne. Nel silenzio delle città chiuse per il virus. Il problema sollevato da tante associazioni di donne, da tante donne, ha avuto eco fino in Vaticano, e Papa Francesco nell’omelia in diretta televisiva del lunedì dopo Pasqua ha esordito parlando di loro:  “Oggi vorrei ricordare con voi quanto fanno molte donne, anche in questo tempo di emergenza sanitaria, per prendersi cura degli altri: donne medico, infermiere, agenti delle forze dell’ordine e delle carceri, impiegate dei negozi di beni di prima necessità…, e tante mamme, sorelle, nonne che si trovano chiuse in casa con tutta la famiglia, con bambini, anziani, disabili. A volte esse sono a rischio di subire violenza, per una convivenza di cui portano un peso troppo grande”. Ha anche aggiunto: “Che il Signore ci dia il coraggio delle donne, di andare sempre avanti”.

 

Tra gli aspetti silenti di questa emergenza c’è il netto calo delle chiamate da parte di donne che subiscono violenza domestica (quasi il 50% di quelle che arrivano ai Centri). Chiuse in casa assieme ai mariti o ai compagni violenti, private di momenti di privacy, non riescono neppre a mettersi in contatto con chi può aiutarle.

 

“È vero che abbiamo detto di stare a casa, ma se la casa è un incubo le donne devono farsi sentire”, ha detto la ministra alle Pari Opportunità, Elena Bonetti, in una intervista a Repubblica: “È importante che le donne sappiano che possono uscire e recarsi ai centri antiviolenza dichiarando che lo fanno per stato di necessità, mantenendo la riservatezza sulla causa specifica senza dichiarare altro motivo. Inoltre non è necessario avere un documento in casa, lo si può compilare all’atto del controllo. L’utilizzo del numero 1522 e della chat aiuta molto le donne a trovare il modo giusto anche per poter affrontare questa situazione. Per questo c’è bisogno di un’informazione che sia il più capillare e diffusa possibile”.

 

Anche la ministra degli Interni Luciana Lamorgese si è attivata per cercare nuovi alloggi per le donne che devono lasciarsi alle spalle situazioni di violenza, l’emergenza nell’emergenza, mentre è ripartita in tv e sul web la campagna per il 1522.

 

Da Bruxelles, intanto, la presidente della commissione per i diritti della donna, Evelyn Regner, ha esortato l’Ue e gli Stati membri a rafforzare il sostegno alle vittime di violenza domestica durante la crisi Covid-19. Sia a livello globale che in alcuni paesi dell’Ue, è stato riferito che i casi di violenza domestica sono aumentati di un terzo nella settimana dopo l’istituzione del blocco. Le donne alle prese con relazioni violente sono bloccate a casa ed esposte al loro molestatore per periodi di tempo più lunghi: ciò rende molto difficile per loro chiedere aiuto al telefono, poiché l’autore è sempre presente. Questi giorni e le settimane a venire sono particolarmente pericolosi per le donne. 

Anche come giornaliste, rappresentanti delle Commissioni Pari Opportunità di Fnsi, Usigrai, Ordine dei giornalisti, insieme all’associazione GiULiA, siamo intervenute con una lettera alla ministra Bonetti, segnalando come “siamo impegnate, anche, in un continuo monitoraggio dell’emergenza nell’emergenza, la violenza sulle donne, contro la quale è fondamentale tenere alta l’attenzione, negli interventi e nell’uso del linguaggio del racconto”.

Quello che temiamo – e che purtroppo abbiamo letto sui nostri giornali – è che la pandemia e l’isolamento in casa vengano troppo spesso utilizzati come elementi a “scusante” dei violenti: no, per la violenza contro le donne non è una giustificazione la gelosia o la passione o la perdita del lavoro, e tanto meno oggi la responsabilità è del Coronavirus. Un uomo violento è un uomo violento, e basta.

 

 

 

 

 

 

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