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Se la pubblicità è patriarcale "a sua insaputa"

Il caso del manifesto della ConfCommercio di Lucca. Ottimo esempio per i corsi di formazione professionale promossi da GiULiA-Lombardia di "informazione e comunicazione". [di Marina Cosi]

Se la pubblicità è patriarcale "a sua insaputa"
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Marina Cosi Modifica articolo

30 Dicembre 2020 - 17.07


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Il 2 dicembre scorso come Giulia abbiamo tenuto un corso d’aggiornamento professionale su “informazione e comunicazione”. Il prossimo 22 gennaio ne terremo un altro – ultimo di molti e tutti gettonatissimi – su “informazione e pubblicità”. Questi due corsi, in particolare, sono l’esito di una riflessione che specificatamente in Giulia Lombardia abbiamo avviato da tempo analizzando i cambiamenti come pure le interazioni create da nuovi media, fruizione accelerata, contiguità fra professionalità diverse.

Ed ecco che in questo finale d’anno capita un “caso” che sembra tagliato su misura per queste analisi. A Lucca, città toscana con forte istanze sociali, la Confcommercio territoriale commissiona per le feste di fine anno un manifesto identitario che sottolinei il proprio mandato, in sé anche lodevole: offrire supporto psicologico alle famiglie di imprenditori del commercio, soprattutto in questi tempi grami causa covid, e ciò in collaborazione con un consultorio. Come? Ma con un bel manifesto incentrato su di lui, il pater familias, che protegge la propria famiglia ed il proprio futuro. Lui è “la persona”, mentre le due appendici, ovvero sagome più piccole e senza tratti somatici nei visi, sono moglie e figlio. Scoppia la polemica. Loro si stupiscono. Poi cedono (della serie: non capisco ma mi adeguo) e fabbricano un secondo manifesto piuttosto confuso, sempre con le tre sagome e con lo slogan: la nostra “impresa” è l’individuo. Dura il tempo d’un sospiro. Subito ritirato. Mentre le polemiche si moltiplicano, e gli sbeffeggiamenti pure, viene sostituito da un terzo e definitivo manifesto che mostra una sagoma birillosa che ci informa: “La nostra impresa è la persona”.

Un caso esemplare sia in negativo, perché dimostra quanto diffusa sia ancora l’inconsapevolezza che nutre pregiudizi e conseguenti discriminazioni, sia in positivo. Sì, in positivo, poiché se il cliente e/o l’agenzia pubblicitaria sono “ignoranti in buona fede” (absit iniuria verbis, ignoranti poiché ignorano) è possibile per loro accettare le critiche, prendere coscienza, cambiare e far cambiare. Benchè la perfezione sia sempre un lento cammino, come dimostra l’avverbio “addirittura” nella dichiarazione del presidente della sede locale di Confcommercio: da noi non ci sono discriminazioni, addirittura abbiamo fatto assunzioni con donne incinte…

Tutto ciò, non riguardando soltanto commercianti e pubblicitari, dimostra l’importanza dei corsi di formazione. Se ben fatti. Mai abbastanza lodata sia la legge che li ha imposti a tutte le professioni dotate d’un ordine. Giornalismo incluso.

 

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