Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (4 aprile-9 aprile) | Giulia
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Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (4 aprile-9 aprile)

Una settimana di notizie sui nostri media: come e quanto si parla di donne? E quante sono le donne a scrivere del mondo. GiULiA prosegue con il suo osservatorio sui giornali in ottica di genere [di Paola Rizzi]

Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (4 aprile-9 aprile)
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Paola Rizzi Modifica articolo

10 Aprile 2022 - 18.14


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Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Domani, Il Giornale, Il Quotidiano Nazionale, Il Messaggero, Il Fatto quotidiano, Avvenire, Il Sole24ore, La Verità, La Gazzetta dello Sport, Tutto Sport e uno sguardo al web

Settimana dal 4 aprile al 9 aprile
Firme in prima pagina: 748 uomini 194 donne
Editoriali e commenti: 118 uomini e 18 donne
Interviste: 219 uomini e 45 donne

Innanzitutto i dati: parafrasando il citatissimo libro La guerra non ha un volto di donna del premio Nobel della Letteratura Svetlana Aleksievic, bielorussa di origine ucraina, si potrebbe dire che la guerra, sui giornali, non ha voce di donna. Intendiamoci, le donne sono raccontate e ascoltate come protagoniste delle cronache dal fronte e dalle retrovie e i giornali anche in questa settimana ci hanno descritto le atrocità di cui sono state vittime, ci hanno fatto incontrare sopravvissute e resistenti, moglie, madri, figlie. Le donne sono molto fotografate, con i loro corpi feriti e le loro lacrime. Questa guerra ha certamente anche un volto di donna che piace molto ai media. Ma guardando la fredda statistica e nonostante siano molte le inviate al fronte che stanno facendo un lavoro straordinario, fa specie vedere come rispetto alle rassegne precedenti siano crollate le esperte intervistate, le commentatrici, le editorialiste.

La guerra quindi. Questa settimana è emersa con forza la questione dei crimini e delle violazioni perpetrate dai russi nei territori occupati e poi abbandonati, con la polemica connessa alle verifiche necessarie, la propaganda di una parte e dell’altra. A parte l’ evidenza dei corpi, un tema delicatissimo è quello degli stupri. Marta Serafini sul Corriere del 5 aprile in un reportage intitolato Stupri, teste rasate e rapimenti le donne come trofei di guerra di cui mettiamo la foto in apertura, racconta proprio la difficoltà di trovare testimonianze dirette, riscontri e il lavoro che sta facendo Human Rights Watch sul campo, che fino a quel giorno aveva accertato una ventina di casi. A proposito di volti di questa guerra Andrea Nicastro sul Corriere ricostruisce il caso di Mariana Vyscemyrska, l’influencer incinta di Mariupol diventata controversa immagine simbolo del bombardamento dell’ospedale della città martirizzata, accusata dai russi di essere un’attrice assoldata per una messa in scena. In realtà, salvata dal bombardamento e dopo aver partorito davvero, l’abbiamo ritrovata, forse rapita forse no, a Donetsk, capitale filorussa del Donbass, in un’intervista delle emittenti russe piena di tagli e contraddizioni. Una guerra che si combatte sui corpi delle donne anche a colpi di fake news.

Mariana Vyscemyrska

Tra le testimonianze di donne al fronte, donne vittime, donne madri, donne volontarie, donne disperate, un po’ fuori dal coro è quella scritta in prima persona sulla Stampa del 6 aprile di Eugenia Emerald, giovane imprenditrice ucraina, madre di un bambino di 11 anni che si è unita alle forze armate: «All’inizio è stato difficile, una donna in guerra non è mai troppo popolare». Le dicevano di andare in cucina e di preparare il borsch. «Ora il comandante del reggimento mi ha detto: lo sai che vogliamo mettere una donna in ogni squadra, perché una donna in guerra dà grande motivazione al gruppo? E’ una cosa da uomini: se una donna va in battaglia e un uomo no allora non è un uomo». Nel racconto smonta anche lo stereotipo dell’uomo combattente: «Nella mia cerchia che era fatta da imprenditori per lo più uomini, il 90% è scappato».

L’attivista russa Svetlana Gannushkina, matematica, candidata al Nobel per la pace, 80 anni, una degli intellettuali che ha siglato il manifesto “Per proteggere le vite, i diritti e le libertà dei cittadini ucraini e russi” sconsolata ha dichiarato alla corrispondente da Mosca di Repubblica Rosalba Castelletti «vergogna, noi russi siamo tutti colpevoli», senza sconti all’inerzia della società russa.

Tra le notizie di contorno lo scontro tra le eurodeputate italiane Pina Picierno del PD e Francesca Donato, ex leghista, che aveva messo in dubbio la veridicità dei massacri di Bucha , durante la plenaria a Strasburgo. Poco ripresa e raccontata invece la premier lituana Ingrida Simonyte, prima capo di Stato nella Ue a dire e a decretare che il suo Paese non consumerà più un solo centimetro cubo di gas tossico russo.
Una lettrice del Fatto Quotidiano, Cristina Romieri, scrive nella rubrica “Lo dico al Fatto”, che titola “Alla Nato: i potenti della terra, tutti maschi e ben lontani dal conflitto”. La lettrice si interroga sulla poca presenza femminile ai vertici, affermando come sarebbe diversa la realtà se i numeri fossero invertiti. Chissà.

Rubrica fissa violenza di genere. Sono settimane in cui le donne si ritrovano nei sacchi, a pezzi, decapitate. Dopo il caso della giovane di Rescaldina Carol Maltesi (da notare il padre Fabio che in settimana ha minacciato l’assassino di “aspettarlo fuori” dal carcere), sono ben due i corpi ritrovati, uno nel rodigino e un’altro nel modenese. In un caso si è ipotizzato che potrebbe essere quello di una ragazza anconetana sparita da 15 giorni dopo aver litigato col fidanzato. Nell’altro, pochi resti e qualche indumento, si è parlato, senza alcuna conferma, di Saman Abbas, la ragazza pakistana fatta sparire dai parenti. Per inciso poco spazio è stato dato dai giornali alla notizia dell’approvazione della cosiddetta legge Saman, che include il matrimonio forzato tra i reati che permettono di concedere il permesso di soggiorno alle vittime di violenza domestica.

Un’intera pagina sulla Stampa dell’8 aprile dà invece ampio risalto alla sentenza della Cedu (Corte europea dei diritti dell’uomo) che condanna l’Italia per non aver evitato che nel Fiorentino un padre uccidesse il figlio e ferisse la moglie. Si parla esplicitamente di «magistrati passivi». «Pur essendo stati informati dai carabinieri delle violenze commesse i pm hanno dimostrato di non aver compreso le specificità di quella violenza domestica anche se tutti gli indizi erano presenti: l’escalation, le minacce, gli attacchi ripetuti». Storia orribile che fa il paio con quella raccontata su Domani da Nello Trocchia: una donna di Caltanissetta, picchiata e umiliata per anni dal marito. Violenza sempre negata dalla donna ( anche in presenza di ossa rotte e lividi) evidentemente terrorizzata, ma confermata dalle microspie alla fine piazzate dagli inquirenti. Ci sono però voluti anni per mettere fine alle torture, continuate anche dopo una prima reclusione del marito, tornato a casa più violento di prima. L’unico intervento effettuato dalle autorità in difesa della donna è stato il blocco dei beni per evitare che lui li prosciugasse per comprare droga. Su Avvenire si segnala la nascita di una rete di supporto per 74 orfani di femminicidi in Lombardia. Il dato più terribile è che in 21 casi la madre è stata uccisa davanti ai figli, il 70 per cento sono minori.

Giustizia è fatta invece, almeno in primo grado, per le sei vittime, narcotizzate e violentate dall’ex imprenditore farmaceutico Antonio Di Fazio, condannato, nonostante il rito abbreviato, a 15 anni e 6 mesi dal tribunale di Milano mentre il pm ne aveva chiesti 9. Ma la giudice Anna Magelli ha considerato ciascuna violenza un reato diverso sommando le diverse condanne e in più, come sottolinea, Anna Giorgi sul Quotidiano Nazionale, nella sentenza si precisa come «È violenza sessuale anche scattare una foto ad una donna inerme, nuda, totalmente incosciente, in posizione oscena e tramortita da dosi di benzodiazepine»

Antonio Di Fazio

Di Carol Maltesi si riparla en passant sulla Verità in un’intervista a tale Beatrice Segreti, nome d’arte, che guadagna 30mila dollari al mese spogliandosi su Onlyfans, la piattaforma a sfondo erotico che fattura 5 miliardi di dollari l’anno. «La premessa è che considero il mio corpo arte, ma solo io ho il diritto di utilizzarlo nei modi che ritengo opportuni…non c’è differenza tra me e un cantante che vive della sua voce». In Italia sono oltre 120mila le ragazze che si mostrano sulla piattaforma. Beatrice Segreti conosceva Carol Maltesi tramite un’amica e si dice sicura che la morte della giovane mamma non abbia nulla a che fare con la sua frequentazione di Onlyfans.«Sarebbe successo comunque. Essere sex worker non aumenta le probabilità di essere perseguitate o uccise. Sentiamo continuamente storie di ex fidanzati e di mariti che uccidono, e quasi mai riguardano donne che fanno il mio lavoro».

Sul caso Carol Maltesi e i pregiudizi sul suo lavoro, appunto, si è molto discusso nelle settimane precedenti. Facciamo un passo indietro di qualche giorno quindi per segnalare i due importanti editoriali autocritici dal direttore di Qn, Michele Brambilla, uno sulle parole inopportune e morbose utilizzate dai giornali per parlare di un femminicidio, e l’altro, il giorno dopo, sulla cronaca boccaccesca della storia presunta tra una preside di Roma e un suo allievo maggiorenne, con la vita, il nome e la chat della donna buttati in piazza. Tra l’altro il 5 aprile la Stampa riporta la lettera del collettivo degli studenti del liceo che condanna la gogna mediatica della dirigente scolastica.

Sport. E’ successo, il 7 aprile, che sulla Gazzetta dello sport, il più importante quotidiano sportivo italiano, non ci fosse nemmeno una notizia sullo sport femminile. Neanche una. Possibile? In generale i giornali sportivi fatti da uomini per gli uomini dedicano poca attenzione allo sport femminile che pure ottiene grandi risultati in campo internazionale. Anche se per forza di cose questa settimana si è parlato delle speranze riposte nelle qualificazioni ai mondiali di calcio femminile, dopo la brutta figura di quello maschile. Sul Fatto quotidiano Fabio Scuto titola “Iran. Una gaffe mondiale tra il calcio, la fede e la misoginia“, dove parla dell’ennesima negazione dell’accesso alle donne negli stadi. Circa 2000 donne, che avevano pagato il biglietto per vedere Iran-Libano non sono potute entrare. Notiamo che in diverse interviste a campioni maschi comincia a comparire il tema della paternità. In tutti i casi sembra che la paternità migliori i risultati sportivi.

Questioni di genere. Fuori dai quotidiani di settore da segnalare il servizio del Corriere della sera sulle polemiche sugli atleti che cambiano sesso, in particolare la nuotatrice americana Lia Thomas e la ciclista britannica Emily Bridges. Boris Johnson si è detto contrario al fatto che maschi biologici gareggino in gare femminili, ma il Coni inglese per bocca dell’ad Sally Muday invece la pensa diversamente. La Bridges però nonostante i giusti valori di testosterone è stata esclusa dai campionati nazionali per un’imprecisata inidoneità fisica. Negli Usa Thomas ha invece vinto i campionati universitari ma è stata contestata dalle concorrenti e dai genitori. Il governatore repubblicano dell’Oklahoma è l’ultimo ad aver aderito all Save women’s sport act per impedire alle trans di gareggiare con le donne. L’Oklahoma è anche quel posto dove questa settimana è stato vietato praticamente in tutti i casi l’aborto, ne parla il Post. Altri stati americani hanno varato leggi restrittive, dal Texas al Mississipi in quella che sembra una vera controffensiva ai diritti delle donne. E non solo: sempre negli Stati Uniti il 6 aprile la Stampa riportava un agghiacciante servizio sulla cancel culture, quella vera e fisica che manda al rogo, letteralmente in un paio di casi, i libri su tematiche Lgbtq+ o afroamericane nelle biblioteche locali americane. A farne le spese per esempio Toni Morrison e il capolavoro di Art Spiegelman Maus.

Un disegno tratto da Maus

Sui temi riproduttivi la Verità riporta brani del libro I pifferai magici di Susanna Tamaro contro l’utero in affitto: «La gestazione per altri è forse la più sofisticata e atroce forma di schiavismo inventata dalla modernità, uno schiavismo in cui il volto della iena è nascosto dietro il sorriso del benefattore, uno schiavismo che furbescamente si ammanta della parola amore». E Filippo Manti sul Giornale definisce il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato giurista cinico che vuole ridurre i figli a concetti tecnologici per aver sostenuto che la legge «deve riconoscere l’evoluzione scientifica e tecnologica nell’ambito della filiazione» con particolare riferimento alla stepchild adoption. Da notare su Repubblica la cronaca del primo ritiro italiano organizzato dalla Chiesa per una ventina di coppie gay e lesbiche dalle Orsoline di Cesenatico: tra di loro si chiamano consorti perché è una parola senza genere.

Altre notizie. La nostra rassegna non copre domenica, quando si vota in Francia, ma la settimana ha visto sui giornali riemergere per la terza volta candidata al più alto scranno la figura di Marine Le Pen, capace di insidiare il presidente uscente Emanuele Macron. Curioso che abbiamo trovato un paio di titoli uguali con il punto interrogativo: «E se vincesse la Le Pen?». Segnaliamo solo che dopo le discussioni su “Una Donna” per l’elezione del presidente della Repubblica italiano, in Francia le donne candidate, 4 su 12, hanno tutte un nome e un cognome e solide carriere politiche alle spalle

Sul Corriere della sera un lungo pezzo di Paolo Mieli sul libro della teologa Adriana Valerio, Eretiche (il mulino) ricostruisce la millenaria vicenda delle donne condannate o diffamate o bruciate per aver portato un pensiero nuovo nella Chiesa. Le ultime nel 2002: sette donne ordinate sacerdote e poi scomunicate dalla chiesa di Ratzinger e papa Wojtyla. La storia delle donne ribelli nella Chiesta è stata di fatto oscurata dalla storiografia ufficiale, non solo quella confessionale, dice l’autrice

Teresa Marchesi sul Domani analizza le nuove serie TV Netflix, da Bridgerton a The gilded Age , più o meno eleganti parodie di romanzi classici, e le confronta con film come Full time. Le prime indugiano nel trash romantico, feste, abiti, eros , toni zuccherosi e smorzati rispetto ai libri cui si ispirano. Il secondo è un film francese che racconta con garbo e intelligenza la vita dura ordinaria e faticosa di una donna separata. Le soap operas , dice Marchesi, fanno sprofondare le donne nei divani e le inebriano di corsetti, profumi e storie romantiche. Film come Full time possono fare ragionare in modo intelligente e anche divertente. Ma a quanto pare, viste le decine di milioni di spettatori, pressoché tutte donne, le italiane sognano ancora il principe azzurro o almeno un duca fighissimo.

Avvenire intervista Simonetta Di Pippo, astrofisica , “neodirettore”, al maschile, del laboratorio SEElab (space Economy evolution lab) della Bocconi sull’economia futura dello spazio: «Terre rare e metalli li prenderemo dalla Luna». Viene sempre chiamata direttore e poi, dopo avere speso 10 righe per il suo curriculum davvero spaziale e internazionale , il giornalista scrive «Simonetta -sic- è stata sempre attiva nel cercare di bilanciare la presenza di genere nel mondo Stem e nel settore aerospaziale».

Concludiamo con la favola di Clio Alessi, “la reginetta degli scacchi”,  come titola il Corriere in un pezzo di Felice Cavallaro. Clio, bionda palermitana di 8 anni è la numero uno al mondo tra le bambine e  suggerisce a Putin e Zelensky «di giocare a scacchi perché con pedoni e alfieri, re e regine si può ragionare meglio e pensare a nuove intelligenti strategie per risolvere i problemi del pianeta».

La piccola campionessa Clio Alessi




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