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Ai Mondiali femminili di calcio la vittoria è la parità, salariale

Dal 20 luglio al 20 agosto tra Australia e Nuova Zelanda via Mondiali femminili di calcio: si sfideranno 32 squadre. Fuori dal campo la battaglia è ancora la parità salariale

Ai Mondiali femminili di calcio la vittoria è la parità, salariale
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Mara Cinquepalmi Modifica articolo

20 Luglio 2023 - 17.04


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Mentre il calciomercato (maschile) entra nel vivo con chi la spara più grossa, mentre il calcio arabo fa incetta di campioni a suon di dollari (con Ronaldo che ambasciatore della Lega araba di calcio attacca l’Uefa), dall’altra parte del mondo iniziano i Mondiali femminili di calcio: dal 20 luglio al 20 agosto in 10 stadi tra Australia e Nuova Zelanda. Trentadue le squadre, divise in 8 gironi, che si contenderanno il titolo nella finale in programma il 20 agosto allo Stadium Australia di Sydney.

Per la prima volta, però, e questa è la novità più importante, ciascuna delle 736 partecipanti riceverà almeno 30.000 dollari dalla FIFA e le 23 giocatrici della squadra che conquisterà il titolo riceveranno ciascuna 270.000 dollari. Il montepremi complessivo del torneo è stato triplicato rispetto all’edizione francese del 2019, dieci volte di più rispetto a quella del 2015 in Canada. Inoltre, la FIFA pagherà 10,5 milioni di dollari alla Nazionale che conquisterà il titolo, di cui 6,21 milioni di dollari da dividere tra le giocatrici e 4,29 milioni andranno alla Federazione.


Un bel passo avanti per il calcio femminile che, soprattutto negli ultimi anni, si è fatto sentire sul fronte del divario economico. Solo lo scorso anno, per fare un esempio, la US Soccer Federation ha firmato un accordo per rendere uguali gli stipendi tra le squadre maschili e quelle femminili in qualsiasi competizione riconoscendo anche la disparità salariale avvenuta fino ad allora con un bonus di 22 milioni di dollari, a cui si aggiungono altri finanziamenti per un fondo.

Risultato raggiunto grazie alla battaglia portata avanti dalla Nazionale femminile, che nel 2019 aveva conquistato il secondo titolo di fila conquistato dopo i Mondiali in Canada nel 2015) reclamando «Equal Pay». Invece, in Italia è da un anno che la serie A è passata al professionismo, ma i tempi non sono ancora maturi per raccogliere sul campo i frutti sperati. Proprio l’Italia cinque anni fa, grazie alle vittorie (poi uscita ai quarti), aveva acceso l’entusiasmo dei telespettatori, delusi invece dai risultati della Nazionale maschile. Entusiasmo che si era tradotto in una media a partita di 4,88 milioni di telespettatori contro uno 0,6 della precedente edizione, un fortunatissimo hashtag #RagazzeMondiali e un’attenzione mediatica senza precedenti dando la giusta evidenza alla squadra della ct Milena Bertolini. Senza precedenti era stato anche il discorso dell’allora capitana Sara Gama durante il ricevimento al Quirinale, al rientro dalla Francia: «Molti non conoscono però i sacrifici che abbiamo fatto quando eravamo bambine, semplicemente per riuscire a praticare lo sport che amiamo, e quelli profusi negli ultimi anni anche fuori dal campo perché ci venisse riconosciuto il nostro spazio e la possibilità di esprimerci al meglio».

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