Quale genere di università | Giulia
Top

Quale genere di università

La presidente della Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità delle Università italiane Ester Cois racconta il lavoro che si sta facendo per accrescere la sensibilità sul tema dell'equità di genere tra gli studenti e i docenti dei 97 atenei del Paese

Quale genere di università
Preroll

Redazione Modifica articolo

20 Giugno 2024 - 15.01


ATF

È come una linfa vitale che ormai scorre libera nelle 97 università italiane e comincia a produrre benessere nella popolazione che abita gli atenei perché ci studia e perché ci lavora. La parità di genere negli ultimi anni è diventata un principio fondamentale che ispira e orienta i documenti strategici degli atenei e forse si può arrivare a sostenere che, nel recepire questa esigenza di giustizia, di inclusione, di accoglienza, l’università dimostra di adempiere alla sua missione più nobile di laboratorio per una umanità migliore. A riprova di quest’ultima affermazione vale la pena di citare il nuovo cimento in cui si sta impegnando l’apparato universitario italiano: la lotta alla violenza di genere all’interno dello stesso mondo accademico. Un antico tabù che si sta sgretolando, come racconta Ester Cois, docente a Cagliari, una delle protagoniste di questo grande movimento culturale che sta smuovendo le coscienze nei piccoli e nei grandi atenei italiani. Ester Cois dal dicembre 2023 è la presidente della Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità delle Università Italiane: la scelta ricaduta su di lei è il riconoscimento sia della sua personale competenza sia del percorso avviato dall’ateneo cagliaritano per trasformare in un fondamento dell’Istituzione i principi ispiratori dell’idea di equità. Cois, infatti, arriva alla Presidenza da delegata pro-rettorale per l’Uguaglianza di genere dell’Università di Cagliari, figura istituita per la prima volta nell’ateneo, punto finale di un’accresciuta sensibilità sul tema dell’equità di genere, ma certamente anche motore di spinta verso la creazione di un sistema attivo e trasversale che promuove la parità nelle sue numerose declinazioni.

“Riconoscere il problema è un merito”

Tornando alla lotta contro la violenza di genere nelle università, c’è un aspetto qualificante che Ester Cois vuole sottolineare: “Riconoscere che il problema esiste, che anche in ambito universitario talvolta il potere possa essere esercitato in modo tossico da parte di alcune persone, non è uno stigma che marchia le università che pongono finalmente la questione nella propria agenda, bensì un merito che deve essere loro attribuito come istituzioni investite di una responsabilità culturale e sociale. La violenza di genere è un fenomeno che può annidarsi anche nel mondo accademico, ma a volte è difficile distinguere un comportamento appropriato da un comportamento intollerabile, perché capita che quest’ultimo sia presentato come scherzo, come un modo per dare informalità ai rapporti interpersonali. L’educazione civile è un compito di tutta la comunità universitaria che, finalmente, ha deciso di lavorarci, dalla scala locale a quella nazionale ed europea”.

Carriere universitarie ancora al maschile

Il cambio di passo comincia a essere evidente. La Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità delle Università Italiane, come rete di interazione costante tra i Comitati Unici di Garanzia che operano all’interno dei diversi Atenei sul tema della Pari Opportunità, rappresenta un presidio essenziale di confronto, proposta e definizione collettiva di azioni positive per il contrasto di ogni forma di discriminazione. Allo stesso tempo, costituisce anche un laboratorio di progettazione di azioni di sistema che possano valorizzare al meglio tutte le diversità che arricchiscono il mondo della formazione e della ricerca scientifica d’eccellenza, evitando che possano tradursi in disuguaglianze, soprattutto se combiniamo il fattore di genere con altri parametri di potenziale asimmetria, come l’orientamento sessuale, il background economico, l’origine sociale e territoriale. Le sfide da affrontare sono certamente impegnative. Mantenendo il focus sulle disparità di genere, la grande partita per il bilanciamento delle carriere universitarie resta tuttora aperta, se è vero che il rapporto fra donne e uomini nella posizione apicale è di una professoressa ordinaria ogni quattro colleghi di genere maschile, come ha mostrato il recente rapporto Anvur sulla dimensione di genere negli atenei italiani. Al vertice, poi, sebbene l’attuale numero di 13 Rettrici sul totale sia il migliore di sempre, questo resta decisamente ben lontano da una parvenza di equilibrio.

Sinergie tra università nell’ambito della formazione

La Conferenza Nazionale degli Organismi di Parità sta affrontando queste sfide su molti fronti, grazie al contributo di tutte le università italiane che ne fanno parte e che quotidianamente dedicano energie, risorse umane e capacità strategiche per dare un’effettiva attuazione al principio europeo del Gender Mainstreaming in tutte le proprie azioni di policy. È compito della Conferenza, infatti, mettere a confronto e diffondere analisi, proposte ed esperienze di valorizzazione delle culture di genere e di contrasto alle discriminazioni, riguardanti le diverse componenti che lavorano e studiano nelle Università. Questo significa promuovere e sostenere la ricerca e la didattica sugli studi di genere ed il monitoraggio delle carriere, ma anche promuovere sinergie tra gli atenei per lo svolgimento di iniziative comuni, in particolare nell’ambito della formazione, e supportare gli organismi di parità nell’adozione e implementazione dei Piani di Uguaglianza di Genere, dei Bilanci di Genere e dei Piani triennali di Azioni Positive. In questa prospettiva, la Conferenza è riconosciuta quale interlocutrice attiva e competente del Ministero dell’Università e della Ricerca e dell’Agenzia Nazionale di Valutazione della Ricerca Universitaria, anche nel suo ruolo di componente della più ampia Rete Nazionale dei Comitati Unici di Garanzia che operano di tutti i settori della Pubblica Amministrazione.

L’esempio dell’ateneo di Cagliari

L’ateneo cagliaritano offre un buon esempio di questo cambiamento strutturale in atto. “Dal 2020 siamo state tra le prime università in Italia a dotarci di un Piano di Uguaglianza di genere, composto da ben 32 azioni. L’equità di genere è diventata fondamento trasversale dell’attuale piano strategico d’ateneo. Si tratta di una vera scelta politica, che ha portato anche alla costituzione del primo Centro Interdisciplinare di studi e ricerche di genere, denominato CEING. Ampliando la prospettiva, abbiamo lavorato molto sulle diversità. L’ateneo di Cagliari si è recentemente adeguato alle Linee Guida diffuse dalla Conferenza Nazionale, aggiornando il proprio regolamento per accedere alle “carriere alias”: le persone che si riconoscono in identità di genere differenti da quelle attribuite alla nascita o di tipo non binario possono richiedere che la loro presenza in ogni ambito dell’università sia riconosciuta secondo il nome d’elezione, da utilizzare in tutti i documenti interni, per esempio per iscriversi agli esami, o ottenere il badge per accedere ai servizi mensa. Nel 2023 la nostra università è stata finalista all’European Diversity SMILE Award per il suo impegno nelle politiche inclusive in chiave intersezionale, e agli inizi di quest’anno ha ottenuto la certificazione HRS4R (Human Resources Strategy for Researchers) dalla Commissione Europea, un riconoscimento che attesta il rispetto e la coerenza delle politiche d’ateneo con la Carta europea dei Ricercatori e Ricercatrici e con il Codice di condotta per il loro reclutamento, all’insegna della garanzia tanto della qualità della produzione scientifica quanto del benessere organizzativo e personale”.

Lavorare sulle diseguaglianze

Infine, è notizia di questi giorni che Cagliari è stata eletta all’unanimità come partner nel network europeo EUCEN sull’University Lifelong Learning, dedicato alla formazione permanente, uno dei temi del futuro, determinante per lavorare sulle diseguaglianze. “Il lavoro sulle diseguaglianze”, afferma Cois, “non può essere attuato a compartimenti stagni, perché le diversità sono interrelate, e le persone non sono soltanto il loro genere, lo status professionale, l’età o la salute, ma una combinazione di caratteristiche uniche che meritano tutte un trattamento equo”. L’uguaglianza, certamente, è anche questo.


Native

Articoli correlati