GiULiA e le Cpo contro fake news e parole sessiste ai Giochi olimpici della parità | Giulia
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GiULiA e le Cpo contro fake news e parole sessiste ai Giochi olimpici della parità

Appello delle Cpo Fnsi, Odg e Usigrai e di Giulia Giornaliste perché nel racconto mediatico delle Olimpiadi si rispetti l'articolo 5 bis su un corretto linguaggio di genere evitando stereotipi sessisti e linguaggio d'odio

GiULiA e le Cpo contro fake news e parole sessiste ai Giochi olimpici della parità
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5 Agosto 2024 - 16.07


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Fake news e notizie non sufficientemente controllate che danno sponda agli haters, sottovalutazione dei risultati sportivi quando non espressioni decisamente sessiste e l’uso di un linguaggio che nega le atlete: ancora una volta, con le Olimpiadi di Parigi si vede come donne e sport sono per l’informazione un terreno pieno di ostacoli e trappole. Per le donne.

Nella gara di beach volley abbiamo sentito ripetere, a proposito delle nostre atlete, “giocatore a muro, giocatore di difesa”. Donne sempre chiamate per nome (e i cognomi?) fino al trionfo della banalità sessista, nei confronti della squadra italiana che ha vinto l’oro nella spada: «L’amica di Diletta Leotta, la francese, la psicologa, e la mamma» (nella vita vera si chiamano Mara Navarria, Rossella Fiamingo, Giulia Rizzi, Alberta Santuccio).
Altrove la pagano cara: il commentatore di Eurosport è stato estromesso all’istante dal pool delle Olimpiadi per una battuta sessista (a proposito del ritardo nel raggiungere il podio delle nuotatrici australiane: «Sai come sono le donne… saranno a truccarsi»).

Senza arrivare a tanto, l’invito alle colleghe e ai colleghi dalle giornaliste organizzate nel sindacato (Cpo Fnsi e Usigrai), con la Cpo dell’Ordine e con l’associazione GiULiA giornaliste è quello di rispettare e valorizzare le atlete, arrivate al traguardo di Parigi che è già, in sé, una vittoria.
Fake news e odio on line ci hanno già portato, del resto, nel vicolo cieco della cronaca di un incontro di boxe che tutto ha dimostrato fuorché spirito sportivo da parte dei giornali: l’incontro tra Angela Carini e Imane Khelif.
Abbiamo aspettato giorni perché anche i nostri giornali scrivessero correttamente la cronaca: che Imane Khelif è una pugile. E’ una donna, lo è sempre stata, lo è anche per il Cio, come ha ribadito Thomas Bach. Non è un “pugile algerino”, non è “un uomo che prende a pugni una poliziotta italiana”, non è “un trans”, citando solo alcuni dei titoli e dei contenuti dopo il match con Angela Carini.

Il linguaggio rispettoso del genere, come previsto dall‘articolo 5 bis del testo unico deontologico, e sottolineato anche nel Manifesto di Venezia, è garanzia di buona informazione: le Cpo Fnsi, Odg e Usigrai e Giulia Giornaliste segnalano, invece, un racconto costruito su fake news, che ha generato e continua a generare parole di odio, attacchi, aggressioni verbali, delegittimizzazioni, bodyshaming, manipolazioni narrative spesso a uso e consumo della politica. Una violenza che non deve appartenere a chi ha il compito di comunicare bene e non deve mai far prevalere l’ideologismo e la strumentalizzazione. Le Cpo e Giulia evidenziano che chi ha il compito di raccontare non deve mai trasformare le parole in sterili e pericolosi esercizi di razzismo, di sessismo, di svalutazione. Di una donna, in questo caso, di qualunque persona sempre.

Qui il comunicato congiunto

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