Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 10 al 15 marzo 2025) | Giulia
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Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 10 al 15 marzo 2025)

Una settimana di notizie sui nostri media: come e quanto si parla di donne? E quante giornaliste descrivono il mondo? Giulia prosegue con il suo osservatorio sui giornali in ottica di genere

Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 10 al 15 marzo 2025)
Zaynab Dosso, foto archivio Grana/Fidal
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Luisella Seveso e Maria Luisa Villa Modifica articolo

17 Marzo 2025 - 10.06


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Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Domani, Il Giornale, Il Manifesto, Il Messaggero, Il Fatto quotidiano, Avvenire, Libero, La Verità, La Gazzetta dello Sport, Tutto Sport, Corriere dello sport e uno sguardo al web

Dal 10 al 15 marzo 2025
Le firme in prima paginauomini 762, donne 290
Editoriali, commenti e analisi: uomini 137, donne 27
Le interviste: a uomini 164, a donne 63

Donne in guerra

I reportage di Francesca Mannocchi sulla Stampa ci catapultano nella guerra vera. Come quello da Kostantinivka, 30 km da Kramatorsk e 20 ore di coprifuoco. Si può uscire solo dalle 11 alle 15, e Mannocchi racconta la vita di Valentina Trofimova, due figlie e una madre a cui badare, oltre all’impegno da volontaria, nella città ridotta in macerie, dove i 10 mila abitanti (erano 70 mila) vivono solo di aiuti Onu. «Da qui la speranza per le dichiarazioni di Gedda è tiepida se non inesistente. Valentina non ha tempo per sentire la radio e dice che le parole fanno bene solo a chi non vive sotto le bombe».

Sembra lontanissima la pace anche in Medioriente. Un rapporto Onu accende i riflettori sulla situazione delle donne. Il Manifesto titola “La striscia degli orrori“: si  parla anche di ritorno al Medioevo per le partorienti e di ovuli e embrioni non fecondati distrutti di proposito.  Anche Il Sole 24ore dà spazio al Rapporto che accusa Israele di genocidio e violenza contro le donne a Gaza: 50 pagine redatte da una Commissione indipendente descrivono «l’uso sistematico di violenza sessuale, riproduttiva e altre violenze di genere. Donne e ragazze sono morte anche per complicazioni legate al parto e alla gravidanza a causa della negazione alla assistenza umanitaria e la distruzione del sistema sanitario, oltre all’uso della fame come metodo di guerra». 

Donne in battaglia

L’approvazione del piano di Ursula Van der Leyen sul riarmo divide i partiti di governo (la Lega vota contro) e spacca il Pd (10 sì e 11 astenuti, indicazione della segreteria). Mentre la presidente Meloni tace (Il Giornale dedica una apertura alla sua presenza senza scorta al saggio di danza della figlia) Elly Schlein è messa in discussione dall’area riformista che ha votato sì. E molti parlano di “fronda rosa”. Per Libero Paola Picierno guida le donne anti Schlein (Gualmini, Moretti, Tinagli in Europa, ma anche Madia ,Quartapelle e De Micheli), e la stessa eurodeputata intervistata dal Giornale dichiara che la segretaria «non può ignorare una parte del partito». Nel frattempo Picierno viene insultata e minacciata dal portavoce di Putin in tv, il quale viene allontanato. Per completare il quadro Lucia Annunziata si astiene per non mandare Schlein in minoranza ma fa sapere che «votare sì non è da guerrafondai». Anche il raduno di Michele Serra a Roma per risvegliare il sentimento di unità europeo risente del clima di divisioni. I 5 stelle si radunano in un’altra piazza.  La Repubblica sostiene l’iniziativa di Serra con tante  voci femminili tra cui due scrittrici, intervistate da Annalisa Cuzzocrea. Donatella Di PIetrantonio e Silvia Avallone. L’attivista Pegah Moshir Pour, cittadina italiana dal 2012: «Sono nata in Iran, so cosa vuol dire chiudersi nel nazionalismo. Mi sono innamorata del sogno europeo e ci credo. Perché sono una donna, sono una madre, sono europeista. E so di non essere sola». Anche la scienziata e senatrice Elena Cattaneo è in piazza: «Trump sta attivamente sabotando decenni di progressi». Infine su Avvenire Rosi Bindi si dichiara «favorevole a una difesa europea comune ma contesto la mancanza di una strategia». Sul Fatto una dura analisi di Daniela Ranieri , per la quale la chiamata di Serra tradisce lo spirito di Ventotene

Codice Rosso

Il rafforzamento del Codice Rosso, con l’approvazione qualche giorno fa di un disegno di legge che introduce il delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza contro le donne e tutela delle vittime sta sollevando un dibattito acceso tra giuristi, politici e sociologi. Il rischio di cadere nella demagogia è concreto, soprattutto quando si affrontano temi tanto delicati Il politologo Luca Ricolfi, intervenuto sul Messaggero, e sulla Verità ( gli esperti sono pochi evidentemente) ha evidenziato alcuni nodi critici della riforma, tra cui la difficoltà di rispettare il termine dei tre giorni entro i quali il pubblico ministero deve sentire la vittima, considerando le carenze di organico nelle procure. Se da un lato infatti il governo difende il provvedimento, paragonandolo all’abolizione del delitto d’onore, la cui eliminazione ha cambiato la società, come ha fatto la ministra ( sempre chiamata ministro) Eugenia Roccella su La Verità, dall’altro emergono forti perplessità. Il vero problema, secondo Ricolfi non riguarda solo i femminicidi ma anche la violenza domestica e le aggressioni sessuali, che restano sottostimate: su circa 6.000 denunce annue, le stime parlano di almeno 30.000 casi reali. Un altro tema chiave è l’indipendenza economica delle vittime. Senza risorse finanziarie, molte donne non riescono ad accedere alla giustizia o a un’adeguata protezione legale. Il dibattito sulla riforma dovrebbe quindi includere misure di sostegno economico. Parallelamente, come riferisce Il Fatto, il disegno di legge sulle intercettazioni, fortemente voluto dal ministro Nordio, rischia di depotenziare le indagini sui reati legati alla violenza di genere. La decisione di fissare a 45 giorni il limite massimo per le intercettazioni, anche per i reati da Codice Rosso, sta suscitando preoccupazione. Il vicepresidente dell’ANM, Marcello De Chiara, ha avvertito che questa riforma potrebbe rendere ancora più difficile portare avanti le indagini su molestie e violenze.

In proposito, una nota spiacevole sono le condanne della CEDU contro l’Italia per la gestione dei casi di violenza domestica, che hanno portato a risarcimenti per le vittime a causa dell’inerzia giudiziaria. Ulteriore aspetto toccato dal dibattito e riferito dal Corriere riguarda il diritto dei parenti di un femminicida di disporre del corpo della vittima. Il Senato ha approvato all’unanimità una proposta della senatrice Giulia Bongiorno per impedire questa possibilità, con l’obiettivo di evitare la distruzione di prove fondamentali.

I numeri della violenza

Secondo i dati del Servizio Analisi Criminale della banca dati delle forze di polizia, riportati da La Stampa , nel 2024 i femminicidi sono diminuiti, da 117 (nel 2023) a 113 casi, di cui 91avvenuti in ambito familiare e 61 perpetrati da compagni o ex partner. Tuttavia, si è registrato un incremento delle misure di prevenzione:i casi di ammonimento da parte dei questori sono più che raddoppiati.
Gli allontanamenti dei maltrattanti da casa sono più che triplicati. Il revenge porn è aumentato del 6%, con il 65% delle vittime donne (90% italiane).
Le violenze sessuali denunciate sono state 6.587, con un aumento del 6%.
Le regioni con il maggior incremento di reati sono Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige e Liguria.
E a proposito di revenge porn, Il Giornale riferisce che il form istituito nel 2021 dal Garante della Privacy ha registrato un forte aumento delle segnalazioni: dal 2021 sono arrivate 1.723 denunce, di cui 823 solo nel 2024, con 1.036 interventi. Curiosamente, il 73% delle denunce proviene da uomini, spesso vittime di truffe e adescatrici.

Un’altra questione aperta è la rieducazione degli uomini maltrattanti. Un’inchiesta di Laura Berlinghieri su La Stampa affronta questo argomento di cui si parla poco. Gli ultimi dati disponibili (2022) indicano che 4.174 uomini sono stati condannati a percorsi di rieducazione, ma i centri specializzati sono solo 94. Le attese per accedere a questi programmi  vanno da due mesi a un anno. Inoltre, i costi sono a carico dei condannati e possono arrivare fino a 2.000 euro. L’età degli uomini coinvolti varia dai minorenni ai settantenni, con un’incidenza massima tra i 30e i 50 anni.

Ed entriamo anche noi giornaliste e giornalisti come ricorda il Quotidiano Nazionale a buon diritto nel mondo delle molestie sul posto di lavoro: un’indagine del 2019 rivelava che l’85% delle giornaliste ha subito molestie. Nella sede della Federazione Nazionale della Stampa, è stato presentato un vademecum in cinque punti per affrontare il fenomeno, redatto dalle Cpo della Fnsi, Ordine dei giornalisti e Usigrai e anche da GiULiA giornaliste.

Intanto continua la triste serie dei femminicidi: il caso di Ramona Rinaldi, inizialmente considerato un suicidio e ora riclassificato come femminicidio di cui hanno parlato un po’ tutti i giornali, e quello di Sabrina Baldini, di Chignolo Po. “Tutta casa e lavoro.” La descrive il Corriere. L’ ennesimo delitto compiuto dal partner, l’ennesimo apparentemente senza un motivo. Mancasse qualcosa, Libero ci racconta di un femminicidio avvenuto a Cagliari: stuprata e uccisa nel ‘95, Manuela Murgia, 16enne. Caso mai risolto. La trasmissione Detective di Rai2 ha rivelato che potrebbe essere stata violentata e poi travolta dall’auto dello stupratore. Si riapre il caso. Ma non è l’unico.

Casi riaperti  
Mercoledì 12 si riaprono con grande clamore due cold case, il delitto di Garlasco, che risale a 18 anni fa, vittima Chiara Poggi, e quello di Arce, 24 anni fa, vittima Serena Mollicone. Entrambe le storie hanno a lungo appassionato gli italiani.
Tutti i giornali, compresi quelli sportivi, dedicano paginate intere alle nuove perizie che riportano sotto i riflettori di Garlasco un possibile “altro” colpevole, che non sarebbe più Alberto Stasi, condannato a 16 anni, molti dei quali già scontati ed oggi in semilibertà bensì un amico del fratello di Chiara, Andrea Sempio. Mentre per il delitto di Serena Mollicone il colpo di scena è offerto dalla sentenza della Corte di Cassazione che rinvia ad un nuovo processo in Corte d’Appello il comandante dei carabinieri Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco.
Sconcertati i parenti di Chiara, per cui ricomincia un calvario, sconvolto il nuovo imputato Sempio, felice la sorella di Serena che spera nella condanna di chi ritiene colpevole.
I quotidiani si dividono subito in colpevolisti e innocentisti. E si sviscerano tutti gli aspetti, scientifici e non, delle nuove perizie. Il direttore de La Verità Belpietro nel suo editoriale si chiede come faccia il povero cittadino a fidarsi di una giustizia che smentisce pure le sue sentenze. La Verità punta molto sugli errori giudiziari, con un lungo elenco di persone incarcerateche poi si sono rivelate innocenti.
Anche La Stampa, con altri toni, commenta quanto possa essere credibile una giustizia senza fine. Libero affida a Vittorio Feltri il commento al caso di Garlasco. Lui, da sempre innocentista riguardo a Stasi, commenta “Come volevasi dimostrare” e all’interno in un secondo pezzo “L’avevo detto”.
Qn, come quasi tutti gli altri, riporta il parere di esperti secondo cui il DNA trovato sotto le unghie di Chiara Poggi, contrariamente a quanto sostenuto in passato, è straleggibile. Nei giorni successivi il Quotidiano tuttavia riporta il parere del genetista Ugo Ricci che afferma che quello rinvenuto è un DNA parziale. Della vicenda negli anni, è la conclusione,  si sono occupati una quarantina di magistrati e tutti hanno sostenuto la piena responsabilità del fidanzato Alberto Stasi.
Sul  Corriere Aldo Grasso interviene sui talk show che riaprono a ritmo serrato il dibattito sul caso infinito: una riflessione su quanto i media abbiano giocato un ruolo pesantissimo e parallelo a quello della magistratura. Processi paralleli che interferiscono con quelli reali.

Parole

Trans. Il Quotidiano Nazionale scrive che una coppia di genitori di Ercolano è stata arrestata dai carabinieri con l’accusa di sequestro di persona e maltrattamenti in famiglia nei confronti della figlia, 19 anni, colpevole di aver intrecciato un arelazione con una ventenne. Nelle cronache del Messaggero a proposito della stessa vicenda si dice che la ragazza di 19 anni è stata segregata dai genitori perché innamorata di una ragazza trans. Per il Corriere la ventenne è stata sequestrata e malmenata dai genitori che non approvavano la sua relazione con un ragazzo in transizione per diventare maschio. Su Libero una breve per la giovane sequestrata dai genitori perché lesbica. Nessuno si è preoccupato di chiedere alla persona in questione se si percepisse come maschio o se gli fosse indifferente. Ci azzardiamo a dire comunque che la versione corretta è quella del Corriere, perché è quello che la persona in transito vuole diventare.

Minorato La Stampa: la nuova appendice XI dell’Enciclopedia Treccani curata da Elena Vivaldi, docente di Diritto internazionale alla Scuola Sant’Anna di Pisa, invita a  superare le espressioni discriminatorie che compaiono nella Costituzione, che a volte riflettono la realtà di un’epoca passata. Il termine “il minorato” ad esempio, presente nell’articolo 38, è oggi percepito discriminatorio. Così come il termine handicappato. Il linguaggio giuridico e istituzionale dovrebbe essere aggiornato per rispecchiare una società più inclusiva.

Lingua Maga Di tutt’altro tono il dibattito che si è aperto negli Stati Uniti. Sempre su La Stampa, Caterina Soffici riporta che gli Usa di Trump e Musk adottano una neolingua Maga (Make America Great Again), dando vita a una vera e propria crociata linguistica contro la cosiddetta “woke culture”. Censurati dai documenti ufficiali, dai libri di testo e da quelli degli uffici pubblici i termini legati all’inclusività. Un team di giornalisti del New York Times, guidato dalla premio Pulitzer Karen Yourish, sta monitorando questa trasformazione. Si comincia dal censurare la parola Gay dal Nome Enola Gay e si arriva a proibire parole come accessibile, attivismo, pregiudizio, disabilità, disuguaglianza razziale, antirazzismo, nativiamericani, femminismo, pari opportunità, inclusività, LGBTQ, non binario e decine di altri ancora. Diversità, equità e inclusione secondo l’ideologia Maga hanno procurato vantaggi a chi non li meritava. I regimi cominciano dalle parole.

E sempre negli Usa il Corriere riporta una situazione paradossale che riguarda la fiaba di Biancaneve, portata sullo schermo con attori in carne ed ossa dalla Disney. La nuova Biancaneve interpretata dall’attrice latina Rachel Zegler, offre una narrazione meno dipendente dal salvataggio maschile, più femminista e inclusiva. La prima del film a Los Angeles è prevista in tono minore, senza tappeto rosso e senza giornalisti, segnale del cambiamento di linea della Disney, che ha chiuso molte iniziative legate a diversità, equità e inclusione. Oltretutto Zegler ha definito la vittoria di Trump “una malattia del paese”.

Coercizione

 Le recenti direttive del Ministero delI’Istruzione  suggeriscono una concezione dell’educazione basata sulla coercizione e sull’obbedienza. Il comitato di esperti che ha riscritto le indicazioni didattiche nazionali scrive che «La coercizione è necessaria a scuola, perché gli studenti devono sapere che studiare è un obbligo, con tutto ciò che ne consegue». Nel documento si afferma inoltre che «Solo l’Occidente conosce la storia». Il maestro ( al maschile, anche se la stragrande maggioranza delle insegnanti è donna) è una figura da trattare con reverenza, un’autorità massima, un esempio di vita, «la violenza di genere è una triste patologia»: «Bambine e bambini devono imparare a capirsi nella complementarietà delle rispettive differenze».
Queste affermazioni sono state duramente criticate dalla rete nazionale di associazioni per la formazione, di cui fa parte anche la sociologa Chiara Saraceno. Gli esperti hanno fatto notare, su Domani, che commentare questo testo è difficile perché non si capisce quali tra le varie affermazioni razziste, aboliste e sessiste siano le più gravi.

Il gap delle professioniste

 Il divario tra donne e uomini riguardo ai redditi nelle professioni ordinistiche è tristemente chiaro. Il Sole24 ore titola “Redditi, negli Ordini il divario più ampio tra uomini e donne”. Il gender pay gap, comune a tutti i settori dell’occupazione, è più forte tra i professionisti ordinistici e meno tra i dipendenti, in particolare quelli pubblici. Lo evidenzia lo studio su «Le priorità strategiche per la parità di genere nelle libere professioni», realizzato dall’Osservatorio di Confprofessioni, presentato a Roma martedì 11 marzo. Le professioniste iscritte alle Casse in media presentano una distanza di 25mila euro e dichiarano quasi la metà dei colleghi uomini. Gap che si riduce alla metà (il 23%) tra i dipendenti pubblici. Per gli uomini la libera professione è sempre più conveniente: si guadagna, in media, il 30% in più rispetto al pubblico. Per le donne non è così: nella Pa il reddito medio al contrario  supera di tremila euro quello delle professioniste. Il divario si allunga a 15mila euro rispetto alle iscritte alla gestione separata Inps, che però vanta il minor gender pay gap, con “soli” 7.200 euro di distanza tra professionisti uomini e donne.
La disparità parte quasi subito. secondo i dati Almalaurea . Si registra quindi – «un sorpasso reddituale degli uomini già a inizio carriera». Quando, si suppone, il lavoro di cura che grava di più sulle donne dovrebbe essere  ancora meno intenso. Tra i professionisti ordinistici, al primo posto in termini di gap si trovano  gli avvocati: il reddito degli uomini è più del doppio (+54%) rispetto a quello delle donne. Anche per i commercialisti il divario è marcato.  Al polo opposto una professione al femminile quale quella dei biologi (73,7% di donne) con soli 12.638 euro di distanza.

Avvenire intervista Luisa Corazza, docente di Diritto del lavoro e consulente del Presidente della Repubblica. L’Italia occupa l’87esimo posto su 146 Paesi nella classifica del Global Gender Gap Report 2024: che fare? «L’asimmetria negli oneri di cura penalizza le donne. Non bastano le leggi anti discriminazione. Servono più servizi e welfare fiscale per riequilibrare la struttura della società. Quanto al Gender pay gap, le carriere discontinue, dovute ai carichi familiari, influiscono sui redditi delle donne. Occorre riequilibrare il lavoro all’interno delle famiglie e attraverso i servizi»

Sport a due velocità

La settimana è dominata dalle campionesse che hanno raggiunto vittorie clamorose, confermando però che senza un podio lo sport femminile è sostanzialmente assente sui giornali. Federica Brignone campeggia sulle prime pagine non solo dei giornali sportivi dopo aver vinto il SuperG. Seconda la Goggia a un centesimo di secondo. Le eterne duellanti si abbracciano. La lunghista Larissa Iapichino vince l’oro agli Europei. La Gazzetta dello Sport riporta che lei continua a studiare legge e spera di specializzarsi nella difesa dei diritti degli atleti. Ma il volto nuovo è quello di Zaynab Dosso, velocista originaria della Costa d’Avorio, campionessa europea dei 60 metri piani, traguardo mai raggiunto da una italiana. Sul Corriere dello Sport dice «Ho voluto questa vittoria con la mia testa». Su Domani Antonella Belluti, ex atleta, campionessa di ciclismo, formatrice e consulente, vicepresidente Associazione Nazionale Atlete, affronta un tema delicato, di cui poco si parla, quello delle mestruazioni delle atlete. D’altra parte l’argomento mestruazioni è tabù dovunque, e ci sono oltre 5.000 modi per alludervi senza nominarle. La prima a romperlo fu Sara Simeoni, che dichiarò, dopo aver infranto il record del mondo di salto in alto con 2 metri e 1, di aver fatto il record con il ciclo, aprendo così all’ipotesi che avere le mestruazioni non sempre si tratta di una disgrazia.  E comunque sono passati cinquant’anni senza che la scienza si sia applicata a questo tema, che rientra nella medicina di genere. Solo il 9% degli studi di Scienza dello Sport riguarda le donne.

Una black girl accanto al David

In piazza della Signoria a Firenze, insieme al David di Michelangelo e al Perseo di Cellini, è protagonista una nuova scultura. È Time Unfolding , opera dell’artista inglese Thomas J Price cui è dedicata una mostra al Museo Novecento della città, che resterà esposta fino a settembre. La scultura alta 4 metri, in bronzo dorato, rappresenta una ragazza di colore dei giorni nostri che guarda un cellulare. Intervistato su Repubblica, l’artista descrive l’opera come la prima donna libera e nera capace di portare un canone estetico aggiornato. La black girl si impone tra i simboli del potere rinascimentale e ha suscitato lo sdegno del Giornale che l’ha definita “il trionfo dell’ideologia woke”.

 Molto più piccola, ma fortemente simbolica, è invece la targa che Milano ha dedicato alla concittadina Rosina Ferrario (1888- 1957) , prima donna pilota italiana, e ottava nel mondo ad aver conseguito il brevetto di volo, nel 1913. La targa per l’aviatrice è stata inaugurata nella stazione M4 di Linate.

Contro la Machosfera

Si conferma che le donne intervistate, sempre una minoranza, sono per lo più presenti nelle pagine di cultura e spettacoli. Una di queste è Rebecca Solnit, 63 anni, scrittrice statunitense nota per le sue battaglie femministe e a favore dell’ambiente. Tra i suoi libri pubblicati in Italia, “Gli uomini mi spiegano le cose”, (Ponte alle Grazie). Intervistata su Repubblica ci tiene a precisare di avere speranza che le cose nel suo Paese cambino: «La speranza non è l’ottimismo. È la convinzione che ci sono delle opzioni e che se le sfruttiamo le cose miglioreranno. Nel mondo in cui sono nata non avevamo nemmeno una lingua per parlare di disuguaglianza. Quindi non trovo così strano che non siamo riusciti a invertire del tutto 2500 anni di patriarcato in 60 anni. Mi rincuora il fatto che la machosfera di Trump  e l’Internet più reazionario pensino che siamo riusciti a cambiare il mondo in un modo che li irrita. Questo fa capire quanta strada abbiamo fatto».  Giovanissimi vulnerabili: «Internet è stato creato da uomini giovani per giovani uomini. Che quindi sono vulnerabili alla disinformazione». Il patriarcato: «E’ distruttivo anche per gli uomini. Crea solitudine e problemi mentali».  Le femministe contro le donne trans: «E’ come preoccuparsi di una pozzanghera quando arriva lo tsunami. La violenza contro le donne è la più diffusa nell’umanità, e viene dagli uomini cisgender». Musk e i figli: «Figli? E’ solo un donatore di sperma».

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