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Donne mobili: emigrazione senza fine

Non è vero che le donne - ieri come oggi - migravano dietro ai mariti: erano loro, manodopera a basso costo, le più ambite. Un libro per ricordarlo. Di [Rosa Leanza]

Donne mobili: emigrazione senza fine
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15 Dicembre 2012 - 12.53


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Seppure in diverse forme l”emigrazione italiana in Germania é stata costante nei flussi di andata e ritorno che hanno interessato i due paesi. “Donne mobili” di Lisa Mazzi prende in esame l”emigrazione femminile e divide in diversi periodi l”analisi del fenomeno.

Dalla migrazione avvenuta prima della Grande Guerra a quella degli anni novanta sono cambiate le motivazioni ma il flusso non é mai cessato del tutto, lasciando una consistente comunità di italiane con doppia cittadinanza residente in Germania. Il fenomeno della migrazione ha visto molte partenze ma quasi altrettanti ritorni. L”emigrazione maschile é stata numericamente superiore a quella delle donne che generalmente sopraggiungevano con il ricongiungimento familiare. Ma le donne sono sempre state considerate “billig und willig”, di basso costo perché pagate la metà e volenterose.

Per Lisa Mazzi “l”emigrazione femminile va di pari passo con la presa di coscienza della propria identità” e possiamo comprendere cosa ha rappresentato per migliaia di donne quasi analfabete il passaggio dai valori tradizionali del mondo rurale alle norme di una società industriale in terra straniera.

La foto di copertina del 1972 ritrae una giovane donna al lavoro in un cantiere edile portare i mattoni in testa su per una scala, un prezioso contributo alla costruzione di una Germania oggi protagonista dell”economia europea.

La ricerca di Lisa Mazzi parte dal 1890 quando la manodopera femminile trovava il suo maggiore impiego nella fabbriche tessili di maglierie, cotonifici e setifici. Il reclutamento garantiva loro un lavoro stabile e ben remunerato, in alcuni casi possibilità di alloggio e nidi per i bambini. La maggior parte di loro proveniva dell”Italia del Nord. “Donne mobili” ci racconta come l”emigrazione non sia stata sempre di bassa manodopera.

Colma un vuoto di memoria la narrazione di come, a seguito del fallimento dell”Unione Cinematografica Italiana negli anni ”20, vi fu l”esodo di registi ed attori a Berlino dove l”industria del cinema non aveva divieti o limitazioni e non era necessaria la conoscenza della lingua poiché i film erano muti. Molti i nomi delle attrici che fino alle soglie dello scoppio della seconda Guerra mondiale trovarono una buona affermazione negli studios berlinesi. Ancora con l”intesa dell”Asse Roma-Berlino l”ambasciata tedesca di Roma richiedeva 200 mila braccianti stagionali, preferibilmente donne. Il 1955 vedrà l”accordo tra l”Italia e la Germania per il controllo del flusso di manodopera stavolta dal sud d”Italia. Da li a poco seguirà Il Trattato di Roma che prevedeva il principio della libera circolazione. Assai saldi dunque appaiono i vincoli che hanno tenuto insieme questi due paesi. Il viaggio che ci é offerto da Lisa nella storia dell”emigrazione delle donne é costellato da molte testimonianze che ci restituiscono un quadro palpitante dello spaesamento da loro vissuto nella ricerca di un lavoro lontano dalla propria casa e
fondamentale per il loro percorso di emancipazione.

Un ultimo capitolo é dedicato alle nuove migranti “coraggiose e inquiete” convinte che avere più identità, conoscere diverse culture sia una ricchezza da coltivare. Donne transnazionali che rappresentano una migrazione privilegiata rispetto alla precedente generazione e che coltivano il miraggio di una società più giusta nei confronti della donne e del loro lavoro. Un libro necessario questo di Lisa Mazzi che colma un vuoto nella storia del lavoro delle donne, ben documentato e di scorrevole lettura.

“Donne mobili” é pubblicato da Cosmo Iannone Editore e si puó acquistare on line.

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