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Donne alla guerra e al governo

Aprile, un mese per ricordare il sacrificio delle donne.
Il 25 aprile italiano e il 30 aprile vietnamita sono date importanti per le donne di tutto il mondo. Di [Sabina Sestu]

Donne alla guerra e al governo
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28 Aprile 2013 - 23.03


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Durante la guerra di liberazione del Viet Nam, tante donne hanno imbracciato le armi e accanto ai loro compagni hanno combattuto nel Fronte di Liberazione Nazionale. Le vietnamite non avevano conosciuto, prima di allora, nessun movimento di emancipazione della donna né avevano avuto la possibilità di conoscere scrittrici femministe né tantomeno di entrare in contatto con donne emancipate di altri paesi. Dominate da una cultura fortemente maschilista, da religioni che imponevano loro la più totale sottomissione all’uomo, non si sono tirate indietro quando si è trattato di lottare per liberare il proprio paese dal giogo dei conquistatori e più tardi degli invasori. In cambio del proprio sacrificio hanno richiesto agli uomini che venisse riconosciuta loro la piena parità dei diritti e le stesse opportunità che sono accordate ai maschi, sia in campo economico che sociale. La guerra del Viet Nam è finita il 30 aprile del 1975, 38 anni fa, ma il paese si è dotato di una legge sull’uguaglianza di genere solo nel 2007.

25 aprile 2013: il Parlamento italiano commemora Teresa Mattei, la partigiana più famosa d’Italia e la più giovane deputata della costituente, morta poco più di un mese fa. Anche nel Bel Paese le donne che hanno sacrificato la propria vita per il bene della patria sono state tante, alcune delle vere e proprie combattenti armate, altre hanno dato il proprio contributo facendo le staffette e altre ancora sostituendo gli uomini nell’industria e nell’agricoltura. Anche le donne italiane hanno richiesto il riconoscimento della parità dei diritti e delle opportunità, diritti che sono ancora oggi in gran parte disattesi. «Occorre qui richiamare come le donne entrino a pieno titolo nella vita pubblica, non certamente grazie ad una concessione “graziosa” del loro diritto di cittadinanza da parte degli uomini – ha scritto nel suo saggio Francesca Russo, vicepresidente della Fondazione Nilde Iotti – Le donne italiane, infatti, forti di una preparazione raggiunta nei decenni precedenti, grazie al loro determinante contributo per la liberazione del paese, dimostrano autonomamente ed incontrovertibilmente di essere cittadine mature e di meritare di essere incluse a pieno titolo nella sfera politica. Non può nascere un’Italia democratica senza la partecipazione delle donne».

Due paesi distanti, con due culture profondamente diverse ma con un filo conduttore che lega non solo le donne italiane e vietnamite, ma che è un denominatore comune per tutte le donne del mondo: il superamento delle disuguaglianze di genere e la possibilità di vivere in modo pieno e libero da pregiudizi culturali e ostacolanti la propria vita. Le guerre, in quanto situazioni di estrema emergenza, hanno dimostrato e continuano a dimostrare agli uomini, ma soprattutto alle stesse donne, quanto esse siano capaci di fare, la loro grandissima forza di carattere e di resistenza. Altro che sesso debole! Nonostante la paura molte di esse hanno affrontato con grande coraggio i campi di battaglia, la miseria e tutte le difficoltà derivanti da uno stato di guerra e hanno vinto.

La patria ha goduto del loro sacrificio ma nel momento in cui si è trattato di ricompensare le proprie figlie non è stata altrettanto generosa. In Viet Nam, nel biennio 1975-6 appena dopo la fine della guerra, si sono svolte le elezioni per l’Assemblea Nazionale in cui sono state elette il 32% delle donne, nel quinquennio 1992-97 le elette sono state il 10%. In Italia le elette all’Assemblea Costituente del 1946 sono state il 3,7% (21 su 558) e solo quest’anno, alle ultime elezioni, hanno raggiunto il record, per il nostro paese s’intende, del 32% alla Camera e del 30% al Senato. Nella precedente legislatura le donne senatrici erano il 19% e le deputate il 21%.

Ma spesso l’elezione politica e il sedere nelle sale decisionali non si traduce in un miglioramento della condizione femminile e in progresso nel lungo cammino dell’emancipazione. In Viet Nam la più potente organizzazione femminile paragovernativa è l’Unione delle Donne Vietnamite il cui moto la dice lunga su quale sia il ruolo imposto alla donna: “Donne studiate attivamente, lavorate creativamente e allevate famiglie felici”.

Anche in Italia la rappresentanza politica femminile non ha portato ad un superamento di tutte le barriere che limitano la libertà delle donne in campo economico e sociale. Il “Vetro di Cristallo” che ancora impedisce alle donne di tutto il mondo di accedere, in base al merito, a tutti i settori chiave di uno Stato è ancora intatto. Ma quelle due date simboliche che sono il 25 e il 30 aprile ci ricordano quanto le donne sono capaci di fare e quanto sia importante onorare il sacrificio di tutte coloro che hanno perso la vita, lottato e sofferto per garantire un futuro migliore alle figlie delle generazioni future, che è il nostro presente.

Nel nuovo governo presieduto da Enrico Letta sono stati attribuiti ben sette ministeri importanti alle donne: Emma Bonino agli esteri, Anna Maria Cancellieri alla Giustizia, Josefa Idem allo sport e alle pari opportunità, Nunzia di Girolamo alle politiche agricole, Maria Chiara Carrozza all’istruzione e Beatrice Lorenzin alla salute. Questa potrebbe essere la svolta a cui hanno preparato il terreno le madri costituenti. Certo siamo ancora lontane dalla rottura del vetro di cristallo visto che i ministeri sono 21 e le donne scelte dal nuovo governo solo 7.

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