Anestetizzata da un pomeriggio di ordinaria tivù | Giulia
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Anestetizzata da un pomeriggio di ordinaria tivù

Le liftate, cinguettanti, benvestite e ciarliere esistono ormai solo nei salotti televisivi: una scatola vuota lontana dalla preoccupazione dell’oggi. [Silvia Tortora]

Anestetizzata da un pomeriggio di ordinaria tivù
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4 Dicembre 2011 - 13.36


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Cara Giulia.

Ieri ho fatto un errore. Era sabato, e pioveva. Di solito il sabato, e la domenica pomeriggio esco, vado a camminare in campagna, oppure vado al cinema, in altri casi leggo un libro, scrivo, faccio la maglia, cucino, penso. Ieri pioveva e per un riflesso condizionato represso da anni ho acceso la tivù. E anziché dirigermi su Sky e la sua sterminata offerta di programmi ho puntato il dito sul tasto uno, che corrisponde alla prima rete Rai. Non lo faccio mai.

E mi si è aperto un mondo. Donne che chiacchieravano giulive in un salottino. E’ dicembre ed erano vestite come a Copacabana, tubini smanicati, impeccabili acconciature, tratti somatici molto levigati, molto simili. Non conosco il titolo del programma, ma l’atmosfera si. Queste donne parlavano in modo leggero e divertito di argomenti importantissimi: corna e tradimenti, le dichiarazioni di un cantautore che si è manifestato gay, delle grandi storie d’amore di alcune coppie celebri del passato.

Argomenti che stanno nel cuore degli italiani, che, notoriamente hanno solo questi di problemi. Il cicaleccio ammorbante e cinguettante delle ospiti e delle padrone di casa era condito da applausi di un pubblico festoso, pagato per fare la sua parte.

Poi ho pensato al pubblico a casa, alle donne, e agli uomini che fanno da cornice a questa televisione. Sono anni che si viene nutriti di delitti, possibilmente scabrosi, ricostruzioni di delitti, pettegolezzi ameni, storie di corna, di lifting, di prodotti necessari per essere à la page, accattivanti. E mi sono chiesta chi e perché assiste a questi spettacoli. E cosa resta loro dentro. Per voi non so. Per me si. La sensazione è di essermi fatta una leggera dose di anestetico, che mi ha portato fuori dalla vita reale. Ho ascoltato cose senza senso, senza poter oppormi. Ho provato imbarazzo perché uno spettacolo dipinto e ritagliato a arte sulle donne e per le donne non parlava di loro.

Anzi. Le liftate, cinguettanti, benvestite e ciarliere esistono ormai solo nei salotti tivù, e in altri salottini. La maggioranza di noi combatte con la preoccupazione dell’oggi, la difficoltà nel fare la spesa, nel pagare le bollette, forse mantenere un lavoro, crescere figli, assistere anziani, organizzare una esistenza degna dell’esistere.

In questa scatola vuota del programma Rai nulla di tutto questo. Solo un fatuo apparire, al quale prendere parte perché desiderosi di farsi vedere. Nessun messaggio, nessuna riflessione. Nessun argomento, ma un mix di banalità scontate.

Il Nulla.

Eppure un tempo non era così. La televisione pubblica educava, proponeva, sperimentava, divertiva, perfino. E aveva come conduttrici persone in gamba come Enza Sampò. Quella televisione, che ho conosciuto e perfino praticato è morta. E a farne le spese, stranamente sono proprio le donne. Quelle normali, che in un qualunque sabato italiano possono solo confrontarsi con tanto niente e tanto vuoto. Senza desiderare niente, senza avere niente. Ma pagando caro il servizio pubblico che offre a tutte noi questa Rai.

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