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Stalking: ma le vittime non denunciano più?

Diminuiscono le denunce: paura di ritorsioni, scarsa fiducia nei provvedimenti e di una protezione da parte dell’autorità. Patrocinio gratuito: una chimera. [Angela Gennaro]

Stalking: ma le vittime non denunciano più?
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15 Gennaio 2012 - 22.24


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La violenza contro le donne? Una “pandemia”. Non usa mezzi termini l’agenzia dell’Onu per la parità di genere e l’empowerment femminile. Secondo l’UN Women, nel mondo almeno 6 donne su 10 hanno subito violenza fisica e sessuale nel corso della loro vita. Per le donne tra i 16 e i 44 anni la violenza è la principale causa di morte e invalidità.

E in Italia? Gli omicidi sono in calo, ma ad essere aumentato è il numero delle donne uccise: in 20 anni è più che raddoppiato, passando dall’11% del totale delle vittime nel 1991 ad oltre il 25%. Una vittima su 4, insomma, è donna. Secondo l’Osservatorio nazionale stalking, la maggior parte dei delitti è preceduta da atti persecutori e molestie. Di qui all’allarme il collegamento è naturale: “Se il decreto Svuota-Carceri verrà approvato così com’è, lo stalker non andrà neanche più in carcere, ma ai domiciliari”, dice il presidente Massimo Lattanzi. “E la possibilità che ricominci a tormentare la sua vittima è quasi matematica”.

A quasi tre anni da quell’aprile 2009 in cui è stato introdotto il reato, con la legge 38 voluta dall’ex ministro Mara Carfagna, il bilancio è contraddittorio. L’ex ministro sottolineava con soddisfazione un aumento delle denunce nel 2011 e un incremento nel numero di stalker arrestati: più di cento al mese in media. I numeri di quello che era il ministero per le Pari Opportunità, ora assorbito dal dicastero del Lavoro e Politiche sociali guidato da Elsa Fornero, vedono per il 2010 6.009 denunce e 1.422 arresti. Dati confutati dall’Osservatorio nazionale stalking, che esiste dal 2002 e che ha registrato invece nell’ultimo anno un calo delle segnalazioni del 25%.

“Anche la regione Campania ci dà ragione, pubblicando in questi giorni dati che parlano di una diminuzione delle denunce”, spiega il presidente Lattanzi. Le vittime non denuncerebbero per paura di ritorsioni da parte del proprio persecutore, e per scarsa fiducia nei confronti dell’efficacia dei provvedimenti e di una protezione da parte dell’autorità. In più, il patrocinio gratuito non è previsto per tutti, ma solo per chi ha un reddito inferiore ai 10mila euro.

“Siamo sul campo da dieci anni, e per noi è evidente che il 612 bis è nato allora sulla spinta politica del pacchetto sicurezza”, spiega ancora Lattanzi. “Si è lavorato con poca conoscenza della natura del fenomeno”. Nel concepire la legge “ci si è basati sull’esperienza di violenza di genere”, ma lo stalking “non è questo”: i dati più aggiornati dicono che il 30% delle vittime è maschio. Non solo: gli uomini hanno culturalmente “maggiore resistenza a denunciare”. Le donne ne hanno meno “perché hanno già, purtroppo, la cultura della violenza”. In più, dice ancora il presidente, “è stata dato all’opinione pubblica un messaggio sbagliato sul fenomeno, che sta alimentando effetti collaterali”.

Secondo l’Osservatorio, lo stalker è nel 75% dei casi un uomo, nel 25% una donna. Un altro punto debole, denunciato ancora dall’associazione, è costituito dalla mancanza della previsione, nella legge, di percorsi di “risocializzazione” per i presunti stalker. Non un dettaglio: ogni giorno in Italia 4 persone vengono arrestate per stalking, ma poi, scontata la pena, uno su tre torna a tormentare la vittima. E non ci sono centri dedicati: solo a Roma e a Milano. L’Osservatorio ha istituito dal 2007 il Centro presunti autori, dove gli stalker chiedono aiuto e iniziano percorsi di risocializzazione. “In occasione dell’anniversario della legge, proporremo un incontro al ministro Fornero per presentarle i risultati dei nostri centri”, spiega Lattanzi. “Non è col carcere che si risolve il problema: questo il precedente ministro non l’ha mai voluto approfondire”.

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