Il carcere di Angie Gaona: accusata di poesia | Giulia
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Il carcere di Angie Gaona: accusata di poesia

Madre di una bimba di sei anni, la scrittrice, scultrice e giornalista colombiana è in prigione da un anno. Perché denuncia le violenze del suo paese. [Mariella Magazù]

Il carcere di Angie Gaona: accusata di poesia
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31 Gennaio 2012 - 16.53


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Angie Gaona è colpevole di poesia. Ma la storia di Angie che ha soltanto trentadue anni, ed è madre di una bambina di sei, è una storia comune a tante donne che a tutte le latitudini decidono di non chiudere gli occhi davanti alla violenza e alle ingiustizie. Donne che non accettano le forme di democrazia apparente e nominale vigenti nei paesi di cui sono cittadine. Paesi in cui il crimine e la corruzione vanno a braccetto di certa politica e la polizia diventa il loro occhio e orecchio contro il dissenso. E allora mano libera ai cosiddetti squadroni della morte.

È accaduto nell’Argentina di Videla, nel Chile di Pinochet e accade anche in questi momenti nella Siria di Assad, piuttosto che nell’Iran di Ahmadinejad con i suoi basiji. Nella Colombia dei narcotrafficanti e alla cui guida dal 2010 c’è una ex giornalista economico che a sua volta è figlio di giornalisti, la libertà di stampa non esiste. E neppure quella di poesia. Angie mette paura. Mettono paura i suoi libri: il primo pubblicato nel 2009 Naciemiento volatìl (Nascita volatile); il suo Festival internazionale di poesia organizzato per cinque anni consecutivi a Medellin; e pure la prima Esposizione di poesia sperimentale che mette insieme nuove voci della poesia colombiana e sudamericana e adesso raccolte in un antologia pubblicata dall’università messicana di Monterey. Angie è anche una scultrice e una giornalista radiofonica. Denuncia la corruzione dilagante, si batte per una equa riforma universitaria come per la difesa dei diritti umani, sostenendo apertamente la causa delle migliaia di prigionieri politici (scrittori, giornalisti, sindacalisti, contadini, studenti e semplici cittadini), attraverso i versi delle sue poesie che, nel paese dei narcos diventano reato al pari e forse più, del giro di affari criminale prodotto dal traffico di droga.

Le manette per questa giovane donna sono scattate un anno fa, quando di ritorno dal Venezuela per la presentazione del suo ultimo libro Los Hijos del viento (I figli del vento) – parzialmente tradotto in catalano, francese e portoghese è disponibile a questo indirizzo www.wix.com/viento/viento – viene arrestata con l’accusa più infamante per chi ogni giorno e con ogni mezzo, si batte contro il crimine che oggi le viene contestato: ossia essere una narcotrafficante. Angie per quattro mesi, dai primi di gennaio e fino al 20 maggio del 2011, ha fatto parte di quella cifra enorme di detenuti politici dell’era Calderòn: 7.500 uomini e donne rinchiusi in più di 144 carceri colombiane. Dal 2002 a oggi, oltre duemila civili sono stati uccisi dai militari colombiani che li hanno fatti passare per guerriglieri dei narcos, col fine di incassare il premio previsto dalla legge contro i cartelli dei trafficanti di droga. Tanto che adesso due donne cinquantenni – Luz Marina Bernal, che aveva quattro figli e María Sanabria, nove figl i – sono diventate le attiviste e fondatrici di Le madri di Soacha, città a Sud di Bogotà, dove si è registrato il più alto numero di desaparecidos. Ora le madri che cercano i propri figli venduti dall’esercito al Governo, sono un migliaio in tutta la Colombia. E ancora una volta sono donne a squarciare il silenzio e a denunciare. Come Angie fa attraverso la sua poesia, raccontando di queste donne come degli uomini detenuti perché anti regime. Storie e vite su cui la stampa colombiana tace. E pure quella internazionale.

La storia di Angie io l’ho scoperta attraverso un mio amico e collega del Giornale di Sicilia, Antonio Giaimo che, andato in pensione, è tornato a vivere in Uruguay dove per anni è stato corrispondente per l’Ansa. È stato lui a taggare sul mio profilo Facebook l’appello lanciato in rete da una sua amica, una giornalista argentina che vive in Francia, Cristina Castello e che a sua volta è amica di Angie Gaona. Infatti nessuno in Europa – e meno che mai in Italia – sa nulla della storia di questa giovane donna che per la sua poesia sociale e politica rischia una condanna fino a venti anni di carcere. Anche in rete, in italiano, non c’è nulla. Ho tradotto gli appelli e la ricostruzione di questa vicenda assurda, rintracciandoli sui siti di alcuni periodici indipendenti in lingua spagnola che hanno dato vita alla mobilitazione on line per Angie e sui blog di altrettanti cittadini sudamericani che vivono in Europa o negli Stati Uniti. Come Cristina Castello, per l’appunto, che già in Francia ha coinvolto numerosi scrittori e intellettuali. Oltre alla scadenza dei termini di custodia cautelare – non prorogabili vista la mancanza di prove da parte dell’accusa – a pesare sulla decisione del giudice sono stati i presìdi organizzati in varie città colombiane da movimenti e attivisti, che hanno sfidato la polizia. Ma l’accusa a carico di Angie non è caduta e neppure per gli amici arrestati assieme a lei, due uomini e un’altra donna: Julián Aldoni Domínguez, William Rivera y Aracely Cañaveral.

Il processo è iniziato lo scorso 23 gennaio a Cartagena, a 800 chilometri dalla sua città di origine – Bucaramanga – in cui vivono sua figlia, la sua famiglia, i suoi amici. Il verdetto è atteso tra due mesi. La giustizia colombiana accusa Angie Gaona di concorso aggravato in associazione a delinquere finalizzato al narcotraffico e alla rivolta. L’avvocato di Angie ha denunciato il taglio dei testimoni imposto dal Tribunale di Cartagena. Nell’appello lanciato da Cristina Castello sul suo blog si legge: “Siamo solidali con questa giovane donna, poetessa di talento, attivista per diritti umani, madre e cabeza de familia (a capo della famiglia, declinato non al maschile come sarebbe nella lingua italiana, ma al femminile, ndr), che rischia di essere condannata senza prove. Passiamo la voce, di bocca in bocca, via email e inviamo in massa lettere con la richiesta di libertà per Angie alle ambasciate colombiane dei paesi nei quali viviamo. Dobbiamo farlo noi all’estero, perché in Colombia, la maggior parte della popolazione è terrorizzata per la sanguinosa repressione attuata dal governo. E per questo pochissime persone, per paura di ritorsioni, sono disposte a dare pubblicamente il proprio sostegno ad Angie”.

Dal Chile la Rete dei Festival di Poesia, Nuestra America ha già inviato una lettera al presidente colombiano e chiede di faro lo stesso ai direttori artistici di Festival culturali e anche agli intellettuali di tutto il mondo. Sul blog revistaislanegra.blogspot.es è visibile l’elenco delle firme raccolte e anche l’appello. Perché come dice Angie Gaona nei dibattiti pubblici o alla radio: “Se tutti comprendessimo che siamo tutti vulnerabili, saremmo tutti più umani e fraterni. Comprendiamolo!”. Questo è il link del blog di Cristina Castello sul quale è possibile sottoscrivere l’appello per la scarcerazione di Angie, la donna colpevole di poesia. http://les-risques-du-journalisme.over-blog.com/article-libertad-para-la-poeta-angye-gaona-movilizacion-internacional-96764329.html

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